Per Paolo Rosselli fotografare l’architettura non significa descriverla, ma entrarci dentro. “La fotografia deve accadere come un desiderio di rappresentare qualcosa che coincide con il proprio modo d’essere”, racconta a Domus camminando tra le sale della retrospettiva che Triennale Milano gli dedica, visitabile fino al 6 gennaio 2026. È un modo di fotografare che ha costruito nel tempo: dagli anni in cui, giovanissimo, frequentava lo studio di Ugo Mulas ai viaggi in giro per il mondo.
Da Frank Gehry ai grattacieli di Milano: Paolo Rosselli e l’arte di fotografare l’architettura contro le regole
Liberandosi dalle regole della documentazione, la fotografia d’architettura può diventare un gesto personale e inatteso: Paolo Rosselli lo racconta a Domus in occasione della sua mostra alla Triennale Milano.
Foto Paolo Rosselli
Foto Paolo Rosselli
Foto Paolo Rosselli
Foto Paolo Rosselli
Foto Paolo Rosselli
Foto Gianluca Di Ioia - GDI STUDIO © Triennale Milano
Foto Gianluca Di Ioia - GDI STUDIO © Triennale Milano
Foto Gianluca Di Ioia - GDI STUDIO © Triennale Milano
Foto Gianluca Di Ioia - GDI STUDIO © Triennale Milano
Foto Gianluca Di Ioia - GDI STUDIO © Triennale Milano
Foto Gianluca Di Ioia - GDI STUDIO © Triennale Milano
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- Francesca Critelli
- 24 novembre 2025
Nel corso della sua carriera Rosselli ha attraversato continenti e fotografato edifici – dall’India al Nord Europa, dal Giappone ai cantieri di Milano – e le sue immagini sono state pubblicate da molte riviste internazionali, con una rappresentazione dell’architettura e delle città fortemente personale. Per Domus realizza servizi fotografici esclusivi, come quello su Città del Messico per il numero 899 sotto la direzione di Stefano Boeri, esposto in mostra alla Triennale, o il celebre omaggio alla Casa del Fascio di Terragni in occasione del centenario della nascita.
La mostra “Paolo Rosselli. Mondi in posa” mette proprio in evidenza una verità che attraversa tutta la sua produzione: l’architettura può essere raccontata senza obbedienza alla sua “immagine ufficiale”, lasciando che l’occhio del fotografo – e la realtà imprevista attorno agli edifici – entrino nella scena come parte di un racconto personale.
Uno specchio, una bambola manga, un paio di ginocchia
“Quando arrivo in una città compro sempre uno specchio” dice a Domus Paolo Rosselli, mentre commenta le foto della serie Specchi, Riflessi. Si tratta di composizioni studiate per comprimere in una sola immagine diversi elementi, una pratica avviata agli inizi degli anni 2000 a Helsinki, con cui il fotografo intendeva aumentare l’effetto di disturbo visivo. In particolare, nella foto compaiono la strada, le auto, le persone, che fanno parte della scena frontale, e allo stesso tempo compare ciò che sta sul retro: il porto, con una nave in partenza: questo è molto lontano dall’idea della fotografia d’architettura isolata e neutrale.
La fotografia deve accadere come un desiderio di rappresentare qualcosa che coincide con il proprio modo d’essere.
Ma l’atto di introdurre “corpi estranei” all’interno delle foto si ripete in altre immagini e serie, come in Scena Mobile, iniziata nel 1981 a Calcutta da un taxi, e poi proseguita a Città del Messico, Beirut e Los Angeles, fino ad arrivare a Milano, dove compare (quasi sempre) una bambola manga sul cruscotto: “doveva dare l’idea di essere un’accompagnatrice che scortava il visitatore smarrito in una città nuova, dispersa, in trasformazione” e sta parlando della Milano di Porta Nuova, che nel 2012 era già un gigantesco cantiere. Nella serie Bidimensionali, nata come gioco di composizioni nel suo studio di Milano, è il corpo umano la presenza estranea. Ma “quando è presente una persona, in genere tende a rubare la scena al resto” spiega Rosselli, che perciò decide di includere nella composizione di oggetti, ai margini delle foto, solo un paio di ginocchia.
Fotografare l’architettura oggi
Tra le foto esposte, nella serie Case, ci sono gli interni di Villa Mairea di Alvar Aalto, ma è in Architecture Revisited che Rosselli passa in rassegna un secolo di storia dell’architettura: la stazione di benzina di Arne Jacobsen a Bellevue, il Guggenheim di Bilbao di Frank Gehry, il Kiasma Museum di Steven Holl a Helsinki, il Bosco Verticale di Stefano Boeri, Prada Aoyama di Herzog & De Meuron a Tokyo, sono solo alcune delle icone che compaiono rappresentate in un modo inaspettato e rivisitato, al punto che il capolavoro di Gehry è fotografato riflesso nella vetrina di un bar.
“Sapevo che c’era bisogno di fotografie d’architettura diverse dal solito”, dice, e per questo ha costruito un modo tutto suo di osservare lo spazio. Nota poi una tendenza che va in direzione opposta: “oggi, guardando le riviste, mi pare che alcuni fotografi scelgano di uniformarsi totalmente a un modello, e non c’è differenza tra una foto scattata a Brasilia o in Svizzera”.
In effetti, nel percorso espositivo che Rosselli ha curato personalmente, le immagini più rigorose degli edifici di Le Corbusier a Chandigarh e quelle volutamente “disturbate” con oggetti e persone o fotografate dal finestrino di un auto in movimento, raccontano la stessa cosa: la città è sempre più complessa della sua immagine migliore.
- Paolo Rosselli. Mondi in posa
- studio Paolo Rosselli in collaborazione con Francesco Paleari, Cecilia Da Pozzo e Giacomo Quinland
- Triennale Milano, Milano, Italia
- 22 novembre 2025 – 6 gennaio 2026