Senso e situazione: Steven Holl in 10 architetture dall’America alla Cina

Tra luce, materia, spazio, percezione come strumento di progetto, una selezione di opere che tracciano il ritratto di una vita di ricerca e architettura attraverso cinque decenni.

La figura di Steven Holl, Guest Editor di Domus per il 2023, è un ponte che si stende tra una grande stagione teorica – quella della New York anni ’70 erede dei New York Five (Eisenman, Graves, Gwathmey, Hejduk e Meier), in cui gli Stati Uniti prendevano posizione in un panorama di teoria della forma che attingeva dal dibattito filosofico europeo – e diverse stagioni della storia dell’architettura degli ultimi cinque decenni: quella delle archistar di inizio millennio, quella dell’architettura parametrica con le sue forme scultoree a controllo numerico, persino quelle della high-tech e del più recente eco-tech. La sua è però sempre stata la traiettoria di chi questa stagione le ha attraversato cogliendone tendenze ed elementi costitutivi, assumendoli ma soprattutto rielaborandoli criticamente – è docente alla Columbia University di New York dal 1981 – a partire dalla posizione maturata nei suoi anni formativi. 

Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City, disegno di Steven Holl
Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City, disegno di Steven Holl

Dagli approcci fenomenologici di Maurice Merleau-Ponty, Holl ha sviluppato un approccio all’architettura fondato sulla percezione, assunta non come vago dato sensoriale, superficie dei sentimenti, ma strumento per una concreta descrizione del reale, per dare al reale una forma concreta creando nuovo senso.

Per questo possiamo percorrere la sua carriera attraverso una selezione di 10 architetture senza il bisogno di ordinarle per cronologia, ma riunendole per temi, per quelle figure del discorso e del pensiero, metafore, che Holl usa molto spesso come strumenti generativi della forma e dello spazio, che riuniscono le idee e i fenomeni, la realtà, in un legame di senso nato dalla percezione. Non è un caso che paesaggio, ambiente e memoria siano elementi frequentemente al centro dei progetti dell'architetto americano, come base di generazione di quel senso che genera forme, in una relazione che lega l’architettura, punto d’arrivo del processo interpretativo, al sito, punto di partenza e serbatoio di realtà. 

Come Holl scriveva infatti già nel 1989 in Anchoring, una delle sue prime raccolte di progetti, “l’architettura è legata alle circostanze. A differenza della musica, della pittura, della scultura, del cinema e della letteratura, una costruzione (non-mobile) è intrecciata con l’esperienza di un luogo. Il sito di un edificio è più di un semplice ingrediente nella sua concezione. È il suo fondamento fisico e metafisico. (...) L’edificio trascende i requisiti fisici e funzionali fondendosi con un luogo e raccogliendo il significato di una situazione. L’architettura non si inserisce tanto in un paesaggio quanto invece serve a spiegarlo”. Una posizione che possiamo veder trasparire attraverso tutta la sua produzione.

Chapel of Saint Ignatius, disegno di Steven Holl
Chapel of Saint Ignatius, disegno di Steven Holl

La luce come campo dell’esperienza

La luce e il suo potere di saldare insieme la sfera delle idee e la fenomenologia attraverso l’esperienza sono il fondamento di diverse architetture di Holl, fin dai progetti degli anni ‘90 quale la cappella di Sant'Ignazio per la Seattle University (1994-1997): su un basamento di pietra, davanti uno specchio d'acqua, si posa una serie di volumi, “bottiglie di luce”, che definiscono con diversi filtri cromatici diversi momenti e spazi dell’esperienza spirituale, restituendo anche all’esterno questa molteplicità di luci nelle ore notturne.

Una connessione con l’ambiente mediata tanto dalla percezione quanto da una progettazione attenta al suo rispetto, come succede con l’ampliamento del Nelson-Atkins Museum of Art di Kansas City (1999-2007), un allineamento di quattro corpi luminosi, visti da Holl come “lenti” che rinegonziano il rapporto tra un corpo esistente solido e classicista e il parco urbano che lo circonda. Rivestiti in un vetro traslucido portato al bianco assoluto, i volumi riuniti da una galleria seminterrata dialogano con l’ambiente anche attraverso dispositivi tecnologici come le “breathing T’s” che portano luce e impianti all’interno, o le camere d’aria calda e la doppia facciata che recuperano calore.

Simmons Hall, disegno di Steven Holl
Simmons Hall, disegno di Steven Holl

Forme permeabili e concatenazione degli spazi

L’esplorazione della potenzialità della forma attraverso la porosità degli spazi interni e la loro concatenazione è un’altra grande ossessione di Holl, che per rappresentarla ricorre alla figura ideativa di un frattale tridimensionale, la spugna di Menger. Al Menger si associa l’espansione degli uffici in Sarphatistraat, completata ad Amsterdam tra il 1996 e il 2000, concepita come un dispositivo ottico che attraverso i suoi organi architettonici – doppia facciata in rame forato, aperture a trama irregolare, superfici d'acqua interne ed esterne – prende posizione in un contesto urbano storicizzato parlando una lingua codificata di luce e colore, come il brano di Morton Feldman a cui si ispira, Patterns in a chromatic field.

Sulla stessa porosità si basa un’icona della produzione di Holl, la residenza universitaria Simmons Hall del MIT a Cambridge, Massachusetts (1999-2002). Un parallelepipedo astratto – che già confonde i confini di scala con la griglia delle sue facciate, un pattern di cemento strutturale PerfCon scandito da aperture quadrate di lato 60 cm – viene scavato prima orizzontalmente da cinque grandi cavità e terrazze e soprattutto verticalmente, al suo interno, dai grandi scultorei “pozzi difformi” che contengono le scale ma principalmente veicolano luce, aria ed esperienza comunitaria funzionando da veri collettori delle funzioni aggregative su più piani.

Museo d'arte contemporanea Kiasma, disegno di Steven Holl
Museo d'arte contemporanea Kiasma, disegno di Steven Holl

L’intreccio come figura di pensiero

La capacità dei concetti e delle forme di incrociarsi e così contaminarsi è un altro pilastro della pratica di Holl, che anche di questo pilastro ha sperimentato le traduzioni fenomenologiche, a partire dagli archetipi dell’architettura come la casa. Nella Y House, sulle Catskill Mountains (Stato di New York, 1997-99), la contaminazione è anche quella dei linguaggi progettuali: la costruzione in acciaio, che però echeggia il balloon frame tradizionale in legno, assume una forma che è dettata dall’accavallarsi di due diversi flussi abitativi nella figura di una Y, un bastone da rabdomante che nel ramo nord ha la zona notte al piano terra e la zona giorno al primo piano, e nel ramo sud l’esatto opposto.

Una delle prime grandi strutture pubbliche firmate da Holl, il museo d’arte contemporanea Kiasma a Helsinki (1992-1998) aveva invece portato poco prima la figura di pensiero dell’intreccio ad una scala urbana e paesaggistica: raccogliendo i due allineamenti delle strade che li delimitano e andando ad accavallarli nell’esatto centro della città, i volumi curvi dell’edificio vanno a mettere in un dialogo visuale la stazione di Eliel Saarinen, il Finlandia-Talo di Alvar Aalto e la superficie della Baia di Töölo. Come ha sottolineato Kenneth Frampton, non è un’architettura di elementi compositivi, quanto di sequenze spaziali e di dettagli che in queste si possono cogliere, dove lo spazio espositivo ridistribuisce la luce con le sue superfici nella figura della “galleria di sale”, così come subito all’esterno fa la “parete di ghiaccio” della facciata curva in vetro traslucido.

Linked Hybrid, disegno di Steven Holl
Linked Hybrid, disegno di Steven Holl

Orizzontalità e connessione

Sequenza, connessione, permeabilità come negazione della città fatta di corpi verticali isolati, sono concetti che si articolano, costanti ma sempre reinterpretati, attraverso i diversi decenni della carriera di Holl. Se negli anni ‘80 li troviamo in progetti come quello non realizzato per Porta Vittoria a Milano, sul finire dei 2000 ecco la dimensione orizzontale che si impadronisce del verticale per eccellenza, il grattacielo. Il Linked Hybrid (2003-2008), uno dei simboli della Pechino Olimpica che si apriva all’architettura internazionale, connette i 700 appartamenti di 8 torri con un anello aereo di servizi, passeggiata panoramica e ridiscussione del suolo condiviso al tempo stesso.

Il coevo Vanke Center a Shenzhen (2006-2009) invece estremizza il ragionamento: si tratta di un vero grattacielo orizzontale che fluttua ramificandosi sopra una topografia di acqua e di erba, un sistema di uffici, residenze e stanze d’albergo sostenuto da nove piedi traslucidi, che a tutte le sue funzioni garantisce l’esperienza dell’aria, enfatizzata da volumi trasparenti che pendono dal suo intradosso, aprendosi alla vista sulla città e sulla Foresta, le “Shenzhen Windows”.

Cité de l’Océan et du Surf, disegno di Steven Holl
Cité de l’Océan et du Surf, disegno di Steven Holl

Memoria e consapevolezza, contesto e ambiente

La memoria è un tema che si immerge in profondità in moltissime architetture di Holl: si traduce nel dialogo con architetture preesistenti, come a Kansas City o nel Reid Building del 2014 per la Glasgow School of Art, ma è soprattutto un fatto di consapevolezza, awareness, di un senso intrinseco inscritto anche nell’ambiente, nel dato territoriale e nei significati che gli attribuiamo. Quest’ultimo è il caso di The Reach, l’estensione del John F. Kennedy Center for the Performing Arts di Washington D.C. (2010-2019) che ne espande le funzioni e va a porsi come componente viva in un sistema di monumenti allineati nel paesaggio lungo il fiume Potomac, i memoriali presidenziali, saldando la vita alla memoria e inquadrando viste dei luoghi più importanti della città.

La percezione del paesaggio come esperienza invece è alla base della Cité de l’Océan et du Surf di Biarritz (2005-2011) raccontata da un acquerello di Holl come la giunzione di due mondi – sotto il cielo e sotto il mare, le due sfere dell’ambiente terrestre – sulle due facce di una copertura che ha la forma di un’onda, si inserisce nel paesaggio e verso esso indirizza l’attenzione, ruolo che è anche quello svolto dalla funzione stessa dell’edificio. 

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