Recentemente l’artista italiana Ambra Castagnetti ha raccolto e condiviso con una serie di storie Instagram alcuni screenshot di recensioni lasciate su Google Maps da utenti di passaggio alla raffineria di Busalla, in Liguria. Commenti sorprendenti, che parlano di “cattedrali tecnologiche”, “opere architettoniche senza eguali”, “paesaggi epici” — spesso con toni sinceramente poetici, più che ironici. E allora ci si chiede: mentre su Instagram spopolano tour tra edifici brutalisti, interviste a chi vive nella Trellick Tower e itinerari tra icone dell’architettura, non è forse su Google Maps e TripAdvisor che si sta dando forma a un nuovo modo di guardare, più emotivo e meno filtrato, capace di restituire la potenza visiva di questi luoghi senza sovrastrutture? In fondo qui non parliamo di influencer o aspiranti tali, non c’è overdose di foto e video brevi girati con l’iPhone Pro: sono solo poche righe di commento, proprio come quelle che si lasciano al ristorante buono che hai trovato per caso al mare o al bar con delle brioche sorprendentemente gustose.
Le sorprendenti review a 5 stelle delle grandi fabbriche su Google e TripAdvisor
A colpi di recensioni a pieni voti e commenti carichi di entusiasmo, tracciamo la storia sublime della nostra attrazione verso i paesaggi industriali contemporanei. Anche voi avete lasciato il cuore a Busalla?
Foto Ehud Neuhaus da Unsplash
Foto Jan Antonin Kolar da Unsplash
“ (…) In una settimana ci sarò stato almeno quattro volte tanto è che mi è piaciuto.”
“Questo è semplicemente qualcosa che non ha mai visto prima, andare per 45 minuti, con 100 km/h e tutto ciò che si può vedere è fabbriche, gru, tubi, metalli. e poi si arriva a un fine, prendere un selfie e tornare a casa”
Foto VanderWolf-Images da IStock
“ (…) In una settimana ci sarò stato almeno quattro volte tanto è che mi è piaciuto.”
“Questo è semplicemente qualcosa che non ha mai visto prima, andare per 45 minuti, con 100 km/h e tutto ciò che si può vedere è fabbriche, gru, tubi, metalli. e poi si arriva a un fine, prendere un selfie e tornare a casa”
Nonostante la funzione tecnica, l'impianto sorprende per la sua monumentalità inconsapevole: una struttura che, nelle parole degli utenti online, diventa "cattedrale tecnologica" e "opera architettonica senza eguali".
Foto: La raffineria Iplom di Busalla vista dal ponte vecchio. Fonte: Davide Papalini
Torri di vetro, musei tematici e linee di assemblaggio diventano elementi architettonici di una nuova estetica della precisione tecnologica.
“Abbiamo visitato per un giorno con la mia famiglia. Abbiamo preso un tour della fabbrica di Volkswagon (in inglese) . E' stato interessante vedere le braccia del robot sulla linea di assemblaggio e le varie attività che possano eseguire.(…) È possibile anche fare un giro sulla slitta robot nastro. Aspettiamo di trascorrere l'intera giornata qui per vedere tutto.”
Qui il passato produttivo si è fatto memoria collettiva, in un equilibrio tra conservazione e riuso.
“Un'ambizione di una vita realizzata!
Da quando ho imparato a scuola a conoscere il bacino carbonifero della Ruhr e l'inizio dell'UE come Comunità europea del carbone e dell'acciaio ho sempre desiderato andarci. Ora sono arrivato al pozzo più grande d'Europa.”
Foto Ruediger Fessel da Adobe Stock
Un'infrastruttura invisibile che fonde tecnologia e paesaggio naturale.
“l'accesso è completo ad ogni zona della centrale, davvero bello! Non è possibile scattare foto all'interno”
“meraviglia della tecnologia green”
Foto N147 da IStock
Foto AstridxAim da IStock
Foto Yusuf Mansoor
Le sue quattro torri monumentali, immortalate anche sulla copertina di Animals dei Pink Floyd, testimoniano il passaggio dall’era industriale a quella postindustriale: oggi ospita spazi residenziali e commerciali, mantenendo intatto il suo profilo simbolico.
“Mi piace l'idea di come hanno trasformato questa vecchia centrale elettrica in un grande centro commerciale e area esterna per il gioco”
“(…) Abbiamo visitato per curiosità e abbiamo trovato questo posto per avere tutto il fascino di un aeroporto degli anni '80.”
Foto Gabriel Kraus da Unsplash
Foto Daniil Korbut da Unsplash
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- Giorgia Aprosio
- 29 maggio 2025
Un plotone silenzioso di utenti di Maps e Tripadvisor si commuove davanti alla rude grandezza di raffinerie, silos, porti industriali: paesaggi sospesi tra l’orrendo e il sublime, tra la nostalgia per una civiltà materiale in via di estinzione e la fascinazione per la sua monumentalità inconsapevole. Una diversa idea di bellezza — non ancora filtrata dai trend — che restituisce uno sguardo vivo, immediato, sulle nostre reazioni alla trasformazione del paesaggio contemporaneo.
C’è chi, passando davanti a una raffineria, vede solo tubi metallici, fumi e strutture funzionali. E chi, invece, ci trova la poesia. Perché ci affascinano tanto questi paesaggi? In fondo condensano, più di altri, l’ambivalenza della modernità: grandezza tecnologica e vulnerabilità umana, forza produttiva e decadimento, funzionalità estrema e forme inaspettatamente monumentali.
Come osserva Brian Dillon nel suo Essay on Ruins, le rovine moderne — comprese quelle industriali — incarnano una tensione tra l’ambizione architettonica originaria e la fragilità della loro condizione presente, trasformandosi in luoghi densi di senso, anche nel loro disfacimento.
Così facendo, le rovine offrono una forma di conoscenza e visione temporale compressa: spazi in cui il tempo sembra collassare su sé stesso. L’interesse che suscitano non è necessariamente nostalgico, ma piuttosto critico, stratificato e, in questo senso, profondamente estetico.
È il caso, per esempio, del fascino del porto di Rotterdam, il più grande d’Europa, dove tra container colorati e gru monumentali si respira una bellezza epica che racconta la scala della produzione globale e il suo impatto sul paesaggio. Qualcosa che aveva già intuito il grande scrittore britannico J.G. Ballard alla fine del Novecento vedendo negli aeroporti, negli svincoli autostradali e neu grandi impianti tecnologici le nuove cattedrali del nostro tempo.
La monumentalità silenziosa della Battersea Power Station a Londra, ex centrale elettrica affacciata sul Tamigi e oggi trasformata in un complesso residenziale e culturale, testimonia la capacità di riconvertire l'eredità industriale senza cancellarne l'identità.
La Volkswagen Autostadt a Wolfsburg celebra l'industria ancora in piena attività, trasformando la produzione automobilistica in esperienza architettonica e simbolica. Mentre nella Ruhr, in Germania, i complessi minerari e siderurgici dismessi sono stati riconvertiti in parchi culturali e inseriti nel patrimonio Unesco, trasformando l'archeologia industriale in memoria viva del territorio.
In Giappone, un esempio estremo di archeologia industriale contemporanea per eccellenza è rappresentato da Gunkanjima, l’isola di Hashima al largo di Nagasaki. Acquisita da Mitsubishi alla fine dell’Ottocento per l’estrazione di carbone, nel dopoguerra divenne una città compatta e verticale tra le più densamente popolate al mondo: residenze operaie, scuole, ospedali e infrastrutture industriali si stringevano in uno spazio minimo, circondato dal mare. Il suo profilo, compatto e corazzato — da cui il soprannome “Gunkanjima”, letteralmente "isola corazzata" — ha alimentato un immaginario post-industriale e apocalittico, che l'ha portata nel 2012 a essere scelta come ambientazione cinematografica per il film Skyfall della saga di James Bond.
Abbandonata nel 1974 con il collasso dell’industria carbonifera, l’isola ha mantenuto intatta la sua struttura urbana originaria, che nel 2015 le è valsa l’inserimento tra i siti del patrimonio Unesco. Da allora il governo giapponese ha autorizzato visite guidate regolamentate, che consentono ai visitatori di esplorare alcune aree esterne: un’esperienza che restituisce, in scala ridotta ma potentissima, la materia viva e il dissolvimento progressivo di un intero paesaggio industriale.
In Italia, accanto alla raffineria di Busalla, spicca la Centrale idroelettrica di Santa Massenza in Trentino, un capolavoro invisibile di ingegneria contemporanea ancora in piena attività.
A Taranto, la vasta area siderurgica dell'Ilva – oggi ArcelorMittal – continua a definire l'orizzonte urbano con la sua presenza imponente e controversa: una "città nella città", emblema delle contraddizioni tra sviluppo industriale, sostenibilità ambientale e diritto alla salute.
Mentre a Marghera, sulla Laguna veneziana, capannoni dismessi, ciminiere mute e scheletri di cemento raccontano la parabola della modernità produttiva, trasformandosi in terreno privilegiato per l'esplorazione urbana.
Sospetto che i grandi cambiamenti culturali che preparano il terreno ai cambiamenti politici siano soprattutto di ordine estetico.
J. G. Ballard
La lunga attrazione per l’industria
Il richiamo estetico delle architetture industriali non è certo una scoperta recente. In particolare a partire dagli anni Sessanta, fotografi e artisti hanno iniziato a guardare a questi paesaggi come a veri monumenti moderni. I coniugi Bernd e Hilla Becher, pionieri della tipologia industriale, hanno dedicato la loro carriera a documentare torri d’acqua, silos e ciminiere con rigore quasi archeologico, trasformandoli in oggetti estetici e testimonianze di una cultura della funzionalità.
Come sottolineava Bernd Becher, questi edifici "sorgono privi di ogni intento estetico", ed è proprio questa purezza d’intento a renderli così affascinanti.
Nella loro scia si inseriscono figure contemporanee come Andreas Gursky, che ha portato la fotografia industriale a una scala monumentale, ritraendo impianti produttivi, magazzini e infrastrutture globali in immagini di straordinaria precisione formale, dove l'architettura della produzione si trasforma in paesaggio astratto.
Allo stesso modo, Thomas Struth, anch'egli formatosi alla scuola di Düsseldorf, ha fotografato centrali elettriche, fabbriche e infrastrutture tecnologiche con uno sguardo analitico e immersivo, rivelando la complessità nascosta dei sistemi produttivi contemporanei.
Edward Burtynsky ha invece raccontato l’impatto umano sul territorio attraverso visioni spettacolari di miniere, raffinerie e complessi industriali, elevando il paesaggio produttivo a racconto epico e inquieto.
Turismo industriale e nuove esplorazioni urbane
Negli ultimi decenni, l’interesse per l’archeologia industriale si è ampliato, coinvolgendo anche il grande pubblico.
È nato così un nuovo tipo di turismo industriale, che propone visite – più o meno lecite — a ex-fabbriche, centrali elettriche, porti e distretti minerari oggi trasformati in luoghi di attrazione culturale.
Un fenomeno che riflette la ricerca di un’estetica diversa, capace di raccontare la storia della società attraverso le sue infrastrutture produttive — arrivando non solo al cuore degli artisti, ma anche a quello di un pubblico sempre più vasto.
Accanto ai percorsi ufficiali si è sviluppata anche la pratica dell’urbex (urban exploration): l’esplorazione e la documentazione fotografica di edifici abbandonati. Una pratica non necessariamente riservata ai fotografi professionisti, ma portata avanti da figure sempre più esperte di questo specifico linguaggio visivo.
Nella gallery, la nostra selezione di stabilimenti, accompagnati da commenti raccolti online, testimonia come l'estetica industriale continui a generare meraviglia e poesia nell'immaginario collettivo.
Immagine di apertura: Foto Miketa15 da Adobe Stock
Primo porto europeo per traffico merci, Rotterdam è un paesaggio di container, silos e raffinerie che si estende all’infinito. Un ecosistema industriale che sfuma i confini tra città e infrastruttura, trasformando il commercio globale in spettacolo visivo.
“ (…) In una settimana ci sarò stato almeno quattro volte tanto è che mi è piaciuto.”
“Questo è semplicemente qualcosa che non ha mai visto prima, andare per 45 minuti, con 100 km/h e tutto ciò che si può vedere è fabbriche, gru, tubi, metalli. e poi si arriva a un fine, prendere un selfie e tornare a casa”
Primo porto europeo per traffico merci, Rotterdam è un paesaggio di container, silos e raffinerie che si estende all’infinito. Un ecosistema industriale che sfuma i confini tra città e infrastruttura, trasformando il commercio globale in spettacolo visivo.
“ (…) In una settimana ci sarò stato almeno quattro volte tanto è che mi è piaciuto.”
“Questo è semplicemente qualcosa che non ha mai visto prima, andare per 45 minuti, con 100 km/h e tutto ciò che si può vedere è fabbriche, gru, tubi, metalli. e poi si arriva a un fine, prendere un selfie e tornare a casa”
Nella valle Scrivia, la raffineria di Busalla sorge tra le colline, parte di un tessuto industriale che ha segnato profondamente il territorio.
Nonostante la funzione tecnica, l'impianto sorprende per la sua monumentalità inconsapevole: una struttura che, nelle parole degli utenti online, diventa "cattedrale tecnologica" e "opera architettonica senza eguali".
Nel cuore della città-fabbrica di Wolfsburg, l'Autostadt è un complesso che celebra l'automobile come simbolo della produzione industriale contemporanea.
Torri di vetro, musei tematici e linee di assemblaggio diventano elementi architettonici di una nuova estetica della precisione tecnologica.
“Abbiamo visitato per un giorno con la mia famiglia. Abbiamo preso un tour della fabbrica di Volkswagon (in inglese) . E' stato interessante vedere le braccia del robot sulla linea di assemblaggio e le varie attività che possano eseguire.(…) È possibile anche fare un giro sulla slitta robot nastro. Aspettiamo di trascorrere l'intera giornata qui per vedere tutto.”
Antiche miniere di carbone, acciaierie e centrali elettriche riconvertite: la Ruhr rappresenta il più grande intervento europeo di trasformazione di un paesaggio industriale in patrimonio culturale.
Qui il passato produttivo si è fatto memoria collettiva, in un equilibrio tra conservazione e riuso.
“Un'ambizione di una vita realizzata!
Da quando ho imparato a scuola a conoscere il bacino carbonifero della Ruhr e l'inizio dell'UE come Comunità europea del carbone e dell'acciaio ho sempre desiderato andarci. Ora sono arrivato al pozzo più grande d'Europa.”
Scavata nelle viscere della montagna per sfruttare le acque del Lago di Santa Massenza, questa centrale idroelettrica è un capolavoro nascosto di ingegneria italiana del dopoguerra.
Un'infrastruttura invisibile che fonde tecnologia e paesaggio naturale.
“l'accesso è completo ad ogni zona della centrale, davvero bello! Non è possibile scattare foto all'interno”
“meraviglia della tecnologia green”
Costruita agli inizi del Novecento come "zona industriale" della Serenissima, Marghera ha conosciuto l'espansione, il boom, il declino. Oggi, le sue rovine industriali – tra capannoni vuoti e ciminiere spente – sono diventate terreno di esplorazione per gli appassionati di urbex e fotografia post-industriale. “Non è un luogo di divertimenti: è un deposito carburanti costiero dell'Eni!” “SEMPRE PESO”
Al largo di Nagasaki, l’isola di Hashima — nota come Gunkanjima, "isola corazzata" — è uno degli esempi più estremi di archeologia industriale contemporanea. Ex centro estrattivo di carbone acquisito da Mitsubishi alla fine dell’Ottocento, fu negli anni Cinquanta uno dei luoghi più densamente popolati al mondo. Abbandonata nel 1974, oggi Gunkanjima conserva un paesaggio urbano fossilizzato e compatto, divenuto icona post-industriale anche grazie alla sua apparizione nel film Skyfall di James Bond. Dal 2015, parte del patrimonio UNESCO, è accessibile tramite visite guidate regolamentate. “Molto spaventoso, ma ci sono già stato." “Posso comprare l'isola? Chi la possiede?”
Costruita negli anni Trenta, la Battersea Power Station è una delle icone architettoniche più riconoscibili di Londra.
Le sue quattro torri monumentali, immortalate anche sulla copertina di Animals dei Pink Floyd, testimoniano il passaggio dall’era industriale a quella postindustriale: oggi ospita spazi residenziali e commerciali, mantenendo intatto il suo profilo simbolico.
“Mi piace l'idea di come hanno trasformato questa vecchia centrale elettrica in un grande centro commerciale e area esterna per il gioco”
“(…) Abbiamo visitato per curiosità e abbiamo trovato questo posto per avere tutto il fascino di un aeroporto degli anni '80.”