La nuova Casa Museo olivettiana, situata a pochi minuti dal centro di Ivrea, nell’Unità Residenziale Ovest anche detta “Talponia”, non è puramente un museo né semplicemente un’unità abitativa – e abitata – di un complesso architettonico patrimonio Unesco. Non è esclusivamente un archivio domestico né unicamente modello di un utopico esperimento sociale: la Casa Museo Olivetti è al contempo tutto questo e molto di più; è un’idea che grazie alla lungimiranza della collezionista Giovanna Faso può tornare a rimarcare la potenza dirompente della visione pionieristica di Adriano Olivetti.
Questo appartamento è una capsula del tempo Olivetti che ti riporta agli anni ‘70
Ospitata all’interno dell’Unità Residenziale Ovest di Talponia, la Casa Museo è un archivio domestico che racconta la cultura informatica italiana degli anni d’oro di Olivetti.
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- Ilaria Bonvicini
- 02 settembre 2025
Comprare un appartamento a Talponia è un gesto simbolico verso la riconnessione con quel passato italiano, quando l’Italia era una grande protagonista nello sviluppo di prodotti tecnologici.
Progettata alla fine degli anni Sessanta dagli architetti Roberto Gabetti e Aimaro Isola, Talponia era un complesso ipogeo nato per accogliere temporaneamente i dipendenti dell’azienda in visita a Ivrea, che avrebbero potuto godere di spazi abitativi moderni e dignitosi, ideati per soddisfare appieno i loro bisogni materiali e di socializzazione. L’intera struttura dell’edificio, un “grattacielo disteso nel prato” di forma semicircolare composto da 85 unità, era infatti stata concepita come un laboratorio di convivenza, funzionalità e innovazione tecnologica: un'architettura di due piani che dissolvesse la propria monumentalità in favore di spazi condivisi, tetti praticabili e accesso diretto alla natura circostante tramite una corte piantumata.
In questa cornice, la Casa Museo olivettiana diventa una sorta di capsula del tempo – oltre che un luogo intimo e privato dove la quotidianità è sia forma che contenuto – in cui viene ripristinata e conservata la sua vocazione originaria, rivolgendo però un’attenzione particolare agli oggetti elettronici pensati da Olivetti alla fine degli anni Sessanta, come la Programma 101 o il primo computer a transistor Elea 9003. Attraverso i suoi tre temi – architettura, informatica e cultura degli interni – questo progetto si tramuta così in un osservatorio privilegiato di un futuro dimenticato, quello in cui design ed elettronica collaboravano per essere strumenti di coesione e immaginazione collettiva.
La raccolta curata da Giovanna Faso mette in evidenza il ruolo cardine di Olivetti nel concepire la tecnologia non solo come strumento funzionale, ma come vero e proprio linguaggio culturale. Affiancando ai computer d’epoca arredi originali, riviste, periodici, manuali tecnici e oggetti di design Faso ricompone la visione avanguardistica di un’impresa che voleva guardare alle innovazioni tecnologiche come un orizzonte in espansione, rendendole al contempo parte integrante di un nuovo umanesimo aziendale e dello spazio domestico, nonché di una fase spesso trascurata della storia della stessa Olivetti.
Immagine di apertura: Interior, foto Davide Aichino. Courtesy Casa Museo olivettiana