Des choses à faire

La mostra di Anne Masson ed Eric Chevalier a Le Grand-Hornu mostra lo spirito organico, mobile ed elastico del loro lavoro, che mette in discussione lo status e le dimensioni del tessuto.

“Cose da fare”: il titolo della mostra di Chevalier Masson a Le Grand-Hornu è ben scelto.

Le parole, il modo di nominare le cose, non sono mai involontari nell’opera di Chevalier Masson. Il nome contribuisce al lavoro, proprio come il titolo mette in scena e dà senso alla mostra. L’espressione “cose da fare” è aperta a varie interpretazioni.

In apertura e sopra: Chevalier Masson, "Des choses à faire". Vista della mostra © CID - Grand-Hornu. Photo David Marchal

Nelle “cose” ci viene dato un certo senso di materialità. Il materiale, in questo caso, è tessile.

La visione di Anne Masson e Eric Chevalier di questo materiale, il loro modo di mettere in discussione il suo status e la sua funzionalità e il potenziale poetico allo stesso tempo, diventa una vera e propria dichiarazione nel contesto museale. In un momento di tessuti innovativi, che diventano intelligenti sia attraverso le tecniche utilizzatesia per le proprietà delle nuove fibre (piante, alghe, crostacei e latte), il duo mette radicalmente in discussione lo status culturale del tessuto. Quando lo si indossa, lo si guarda e ci si balla dentro, il tessuto acquista una vita autonoma. Si presta ad osservare, parlare, giocare e sorridere.

Chevalier Masson, Écharpes, Collezione 2009-2010. © Lise Duclaux

“Da fare”. Fare significa creare. Lavorazioni artigianali. Questa parola è quasi un tabù in un mondo culturale in cui il design è stato smaterializzato, come è avvenuto con l’arte negli anni Sessanta, in particolare sotto l’assalto dell’arte performativa concettuale. Oggi il design riguarda il concetto, la strategia, l’innovazione sociale e il protocollo.
In contrasto con questa evoluzione, Chevalier Masson ancora la sua attività nel fare, creare e lavorare. Per essere onesti però, il loro approccio non è isolato: la mostra è un’ulteriore manifestazione di un fenomeno recente. Numerosi autori – insieme a osservatori, critici e analisti – stanno tornando a seguire praticamente il processo di produzione delle loro creazioni, spesso sostenuti delle nuove tecnologie che integrano un approccio più manuale.

Chevalier Masson, Motion Plaid, 2011. © Lise Duclaux
Chevalier Masson in collaborazione con 51n4e e Julie Vandenbroucke, Lichtbed, parte della mostra "Reasons for Walling a House", 2012, Courtesy Galerie Valerie
Anne Masson in collaborazione con Erwin De Muer, Galaxies, scenografia per Halles de Schaerbeek, festival Daba Morocco. © Anne Masson
<b>A sinistra</B>: Chevalier Masson, Twist cap, la maerino e mohair, 2012. © Filip Vanzieleghem. <b>A destra </b>: Chevalier Masson, Bent mittens, lana merino e mohair, 2012 © Filip Vanzieleghem
Chevalier Masson in collaborazione con Diane Steverlynck, Motion, coperta di lana per Laend, 2014 © Lise Duclaux
<b>A sinistra</b>: Chevalier Masson, Igor, appendiabiti, 2014. © Maud Van De Veire, à la galerie Valérie Traan, Anvers. <b>A destra</b>: Chevalier Masson, Debardeur. © Christian Aschman