Dalla ricerca al progetto

Ribadendo che "la creatività scaturisce dalla differenza di vedute", il Pritzker Wang Shu ha "inaugurato" la mostra della Triennale che raggruppa il lavoro di 34 progettisti cinesi della Tongji University.

In un Salone d'Onore gremito di pubblico, la Triennale di Milano si dimostra fedele alla tradizione e non perde nemmeno quest'anno l'occasione di ospitare il vincitore del Pritzker Prize Wang Shu. Insieme al corso di laurea in Ingegneria Edile/Architettura dell'Università di Pavia, l'istituzione milanese ha inaugurato il 4 settembre la mostra From research to design – Selected architects from Tongji University of Shanghai con una lectio magistralis del primo progettista cinese ad avere ricevuto il prestigioso medaglione di bronzo. Una data che per l'Università di Pavia è anche una ricorrenza: esattamente tre anni fa, l'arrivo dei primi otto studenti della Tongji University alla Facoltà di Ingegneria sanciva l'inaugurazione dell'Italian-Chinese Curriculum, percorso di studio che da allora permette a una selezione di studenti d'intraprendere negli ultimi due anni un cammino formativo in lingua inglese volto allo scambio culturale e didattico, in continua evoluzione.

Un'occasione di consolidamento di una linea culturale e disciplinare quindi, come ha ricordato il presidente del corso di laurea Angelo Bugatti, che dopo i saluti del presidente della Triennale De Albertis ha preso la parola per sottolineare che un vero rinnovamento disciplinare può nascere solamente dall'apertura e dal confronto con realtà nuove. Volgere lo sguardo al gigante cinese deve significare l'intreccio della loro cultura del paesaggio e la dinamicità dello sviluppo con le riflessioni sulla storia urbana e la tradizione tipologica europee. Oltre al passaggio dalla ricerca alla pratica progettuale, come il titolo della mostra vuole sottolineare, "perché l'architettura è un'attività intellettuale del fare".

Wang Shu e la moglie Lu Wenyu alla Triennale di Milano

"Scusate ma ora dovrò parlare inglese": dopo i ringraziamenti profusi in un italiano fluente, Zheng Shiling, professore ordinario al College of Architecture & Urban Planning della Tongji e membro della Chinese Academy of Science, spiega che l'architettura cinese si è trovata a dover colmare un pesante divario tra tradizione e modernità e, per farlo, sta procedendo nella sperimentazione di diverse strade tra le quali l'uso diretto dei simboli della tradizione, della metafora e la proposizione di spazi, strutture e materiali vernacolari. Le contraddizioni di forme, lontane nel tempo, ma così vicine nel passo, sono però uno degli aspetti che più impressionano e affascinano delle metropoli cinesi contemporanee: a Shanghai, "culla" di questo gruppo di progettisti, i tempi dello sviluppo della città sembrano non curarsi dei tempi della storia e della vita degli uomini, proiettandoli in un futuro che i più rincorrono, ma senza comprendere. Cita Feng Jizhong, il pioniere dell'architettura moderna in Cina (colui che vi istituì il primo corso di studi in urbanistica e progettazione del paesaggio e padre della teoria del "with the old creating the new" – creare il nuovo con l'antico – maturata negli anni di formazione viennesi) per poi offrire un assaggio dei progetti contemporanei esposti nella sala accanto, ancora immacolata e col "nastro rosso" intonso, opere di progettisti che presso il prestigioso Architecture Department della Tongji University sono maturati secondo il credo che "l'educazione deve combinare l'aspetto teorico, pratico e tecnologico" .

From research to design, alla Triennale di Milano fino al 23 settembre 2012

Giunto al sesto appuntamento ufficiale della giornata, Wang Shu sembrava volersi finalmente allentare il nodo della cravatta che non indossava, dicendosi volenteroso di condividere semplicemente il suo pensiero riguardante l'architettura col pubblico. Architecture in a Recycle way, questo il tema della lectio magistralis, introdotto da un sincero apprezzamento a quella chiesa visitata dopo pranzo, la Basilica di Sant'Ambrogio, talmente sentito da portarlo ad affermare che sarebbe potuta essere opera sua: "Perché vi è l'uso di elementi e materiali eterogenei e del tema della memoria". I sorrisi del pubblico si fanno espressione dell'idea che forse, questa Cina non è davvero così lontana. Architetto e professore, classe 1963, dopo laurea e master a Nanjing consegue il dottorato presso la Tongji University di Shanghai e nel 1997 fonda a Hangzhou, con la moglie Lu Wenyu presente in sala, l'Amateur Architecture Studio: un nome che è una dichiarazione d'intenti. "Persona che coltiva un interesse per diletto", l'amateur architetto ha un approccio che va oltre i limiti della professione, quasi "da costruttore dilettante", basato quindi su spontaneità, abilità artigianali e tradizione culturale, e questo perché "l'architettura è questione di vita quotidiana", opposta al formale e monumentale. E il successivo riferimento al tema – slogan dell'Expo di Shanghai del 2010, Better city, better life, si fa critico proprio in questi termini: il significato in cinese era differente, in quanto "la città permette una vita migliore". Con l'obiettivo focalizzato sulla vita.

La conferenza di Wang Shu alla Triennale di Milano

Con la fotografia di un muro in rovina all'angolo di una strada, scattata in Cina "ma che potrebbe essere Milano", introduce il problema delle demolizioni nel suo paese, che ogni 20 anni distrugge una parte importante del suo patrimonio in nome della rapida urbanizzazione che ha stravolto l'identità di vaste aree. L'architetto portò tre anni fa i suoi studenti della China Academy of Art sul luogo di una demolizione a dimostrazione di quanto la poetica e la costruzione con materiali riciclati da lui professata sia un tema urgente; la sua installazione Tiled Garden presentata alla X Biennale di Architettura di Venezia nel 2006, composta da 66.000 tegole recuperate da edifici demoliti, insieme a quella del 2010 in legno Decay of dome per la quale ha ricevuto una menzione speciale, rappresentano esperienze straniere dell'unico architetto che ha lavorato solamente all'interno della Repubblica Popolare. Per non parlare dei due milioni di tegole di recupero impiegate nel progetto per lo Xiangshan Campus alla China Academy of Art (2002-2004). È la volta del Ningbo History Museum (2003-2008), "edificio copertina" della serata milanese, realizzato con oltre 40 tipi diversi di mattoni recuperati, e per il quale sono stati realizzati 28 modelli di muratura in calcestruzzo prima di trovare quella ottimale: numeri alla mano, l'artigiano lascia la parola all'architetto che sottolinea la scala urbana dell'edificio, distribuito semplicemente attorno ad una grande corte, e la volontà di non elevarsi in altezza in quanto già lo fanno i non lontani grattacieli. La singolare composizione dei vuoti in facciata non viene nemmeno citata perché "è la sezione ad essere importante, non il prospetto: la sezione è esperienza, percorso, e alle persone va fatta recuperare questa sensibilità spaziale".

From research to design, alla Triennale di Milano fino al 23 settembre 2012

L'architetto conclude auspicando un utopico "ritorno al mondo del pittoresco" e, quindi, all'attenzione al paesaggio, tema chiave della seconda fase del progetto dello Xiangshan Campus (2004-2007), intervento esteso che stabilisce relazioni ben curate dalla grande alla piccola scala (come la balconata sali-scendi che ritaglia particolari inquadrature sul paesaggio) con l'ambiente circostante. A chi gli chiede quali sono gli architetti che stima, risponde senza esitazione che la vera influenza si può ricevere da un solo maestro, nel suo caso Feng Jizhong, chiudendo il cerchio con la linea culturale introdotta da Zheng Shiling. Il taglio del nastro permette l'ingresso alla mostra, curata da Li Xiangning: un allestimento essenziale per gli oltre cinquanta progetti esposti, edifici accomunati da una palette cromatica data dall'uso dei materiali tradizionali e organizzati nella stanza intorno alla forma archetipa della casa d'abitazione, uno scrigno che racchiude un filmato con le esperienze di collaborazione italo-cinesi più significative maturate negli anni.

From research to design, alla Triennale di Milano fino al 23 settembre 2012

Dei trentaquattro progettisti, con un common ground di cultura e formazione seguito poi da esperienze eterogenee, sono una dozzina gli appartenenti all'Architectural Design & Research Institute della Tongji University, inoltre spiccano studi nati in Cina come spin-off di attività intraprese nel continente europeo (DAtrans Architecture Office da Berlino, Pro-Form Architects da Manchester, WSP Architects da Monaco).

Sono da sottolineare alcune esperienze, tra cui quelle di Chang Yung Ho, nazionalità sino-americana, docente al MIT, fondatore del primo studio di architettura privato cinese, l'Atelier FCJ, e designer per Alessi; Chen Xudong, formazione da Herzog & de Meuron e fondatore di DAtrans, con sede nel dinamico M50 sul Suzhou Creek di Shanghai; Li Linxue, progettista ed editor di Time+Architecture magazine, importante rivista accademica di Shanghai; Shao Weiping, del BIAD UFo (Beijing Institute of Architectural Design – Un-Forbidden office), che collaborò con Foster+Partners al progetto del Beijing Capital International Airport Terminal 3; Zhang Xi, formazione all'ETH di Zurigo e fondatrice insieme al marito, ex-associato di Herzog & de Meuron, di EXH Design e firma di PLORE, un brand di design di accessori in seta.

From research to design, alla Triennale di Milano fino al 23 settembre 2012

"La creatività scaturisce dalla differenza di vedute", sono queste parole del Pritzker 2012 il miglior commento a una serata dominata dal termine chiave beyond: oltre. Oltre i conflitti tra culture, tra il tempo passato e la modernità del futuro, tra il mondo della ricerca e quello della professione, tra teoria e pratica. "Perché l'architettura è per la vita", ricorda sorridente, ma decisa, Lu Wenyu, attuale "first lady" sempre presente, ma a qualche passo di distanza dal marito. Perché – anche in Cina – dietro ogni grande uomo c'è sempre una grande donna.