São Paulo Calling, manifesto comune

La prima edizione di un'iniziativa per avvicinare i protagonisti della trasformazione della città informale: architetti, urbanisti, politici e amministratori

Da pochi giorni, si è conclusa a San Paolo la prima delle sei edizioni di São Paulo Calling, progetto promosso dalla Segreteria de Habitaçao e curato da Stefano Boeri che porterà tra gennaio e giugno 2012 a scoprire sia gli angoli più squallidi che le imprese più incredibili del mondo, a confrontare gli insediamenti informali e a tessere insieme i frammenti migliori di chi la città la cammina, la vive e la trasforma. Per sei mesi una mostra analizzerà le caratteristiche, le differenze, le cause degli insediamenti informali di Roma, Nairobi, Medellin, Mumbai, Mosca e Baghdad, e sei momenti di discussione faranno di San Paolo la capitale mondiale del dibattito sulla trasformazione delle città contemporanee.

Convinti che l'autodeterminazione dei bisogni e l'autorganizzazione imprenditoriale sia il primo aspetto da considerare e incentivare per una corretta azione politica e urbana, ogni mese una favela di San Paolo ascolterà le lezioni e i dibattiti di ospiti internazionali e li accompagnerà con mercati di strada, feste, musica e tornei di calcio, non solo per avvicinare chi di città parla con chi la città la vive, ma anche perché i tre milioni di persone che vivono negli insediamenti informali siano protagonisti attivi delle trasformazioni e delle sue teorizzazioni. Nella prima Jornada (27-29 gennaio 2012), la comunità di Sao Francisco, la terza favela più grande di San Paolo, ha ospitato Francesco Careri (LAC-Università di RomaTre) e i rappresentanti di Roma per discutere sul ruolo dei processi politici di auto-organizzazione nella trasformazione della città informale. Una camminata di due ore ha portato le due comunità a esplorare pezzi della favela disconnessi e sconosciuti, a rivendicare attraveso l'arte del 'perdersi' e dello 'scoprire' il diritto ad abitare e non più solo alla casa.

Apertura: nella favela di São Francisco. Photo Lorenza Baroncelli. Qui sopra: vista aerea di una favela di São Paulo. Photo Ricardo Saito

Ma ancora: Stefano Boeri (curatore del progetto São Paulo Calling), Joseph Grima (direttore di Domus), Matias Echanove (URBZ, Darawi, Mumbai), Rahul Srivastava (URBZ, Darawi, Mumbai) e Elisabete França (direttrice della Segreteria di Habitaçao e promotrice del progetto) hanno ragionato sulla necessità di costruire una piattaforma di discussione che a partire da un Manifesto Comune faccia dialogare i differenti protagonisti della trasformazione della città informale: architetti, urbanisti, ricercatori, politici, amministratori e comunità locali.

I partecipanti al dibattito São Paulo Calling. Photo Maria Teresa Diniz

Giancarlo Mazzanti contemporaneamente ha discusso con gli studenti dell'Università Makenzi, della Scuola della Ciudad e con Alfredo Brillembourg (UTT) sul ruolo dell'architettura nella trasformazione dei processi sociali e identitari della città informale. Il tutto accompagnato da una grande festa, colorata con musica, cibo e danza in cui gli abitanti e i leader di Sao Francisco hanno raccontato il proprio orgoglio di appartenere a quel pezzo di città che si sono costruiti da soli. Ci hanno insegnato che le favela sono una parte essenziale della città contemporanea, che gli insediamenti informali non sono temporanei, ma rappresentano una parte di città che già esiste.

Se ragioniamo oggi su quello che vediamo in una grande città come San Paolo, come in tutte le grandi città del mondo, dobbiamo capire che è necessario aprire una terza fase, che non è più quella della condanna, che non è più quella dell'indifferenza, ma è quella del 'prendersi cura'. (Stefano Boeri)
Favela di São Francisco. Photo Lorenza Baroncelli

Architettura, reti sociali e attività economiche sono irrimediabilmente avviluppate, come le radici e i rami degli alberi di una foresta. Migliorarle non significa pensare un nuovo modello di città, ma aiutare un ramo a crescere affinché anche gli altri crescano. Lorenza Baroncelli