Ritorno di senso, nuova grandissima attenzione da parte del mondo del collectible design, hype commerciale e soprattutto hobbistico: la ceramica in pochi anni ha ripreso il controllo della scena. Con un’unica controindicazione. Attraversando le varie Design Week, le mostre e fiere che ormai saturano l’agenda globale – e sul finire dell’anno si prendono una pausa, meritata più da noi che da loro – la sovrabbondanza di contenuto ceramic-related rischia di appiattire quello che alla fine rimane in mente al pubblico, ed è un solo, stanco concetto: #vasetti. Per fare un attimo di chiarezza, lasciando da parte il rumore bianco dei laboratori-con-aperitivo e dell’eventistica, abbiamo approfittato comunque di una festa, Cèramica, che la cittadina di Montelupo Fiorentino dedica proprio a un’arte di cui è epicentro da secoli. E un’immagine di cosa resta di tanta tradizione, e soprattutto di dove si andrà, sul serio, ha preso forma.
Oltre i “vasetti”: la ceramica oggi, tra medioevo, Sottsass e stampa 3d
Tra hype del collectible design, ritorni medievali ed eredità postmoderne, Montelupo Fiorentino diventa un caso studio per capire dove sta andando davvero la ceramica oggi.
Foto Delfino Sisto Legnani, Agnese Bedini
Foto Delfino Sisto Legnani, Agnese Bedini
Foto Giovanni Comoglio
Foto Delfino Sisto Legnani, Agnese Bedini
Foto Delfino Sisto Legnani, Agnese Bedini
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Ela Bialkowska
Foto Gianni Nucci
Foto Mario Lensi
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
Foto Giovanni Comoglio
foto Giovanni Comoglio
foto Mario Lensi
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- Giovanni Comoglio
- 18 dicembre 2025
Name-dropping plurisecolare
Perché Montelupo? La riposta è un pozzo. Il pozzo dei Lavatoi, in cima a questo centro medievale adagiato alla confluenza dell’Arno e della Pesa: nel’400 collassa e diventa la discarica delle ceramiche fallate, riempiendosi fino a ‘700 inoltrato. Lo riscoprono negli anni ’70, e così viene alla luce l’archivio già ordinato di una storia lunghissima, di oggetti di funzione ma anche e soprattutto di decorazione, status symbol richiestissimi dalla Firenze medicea ma anche vasi per farmacie e ospedali, tecniche, colorazioni e figure che attraversano le epoche e creano un’identità.
C’è un vaso di Duccio Maria Gambi creato in residenza da Bitossi che lo racconta, ma ne parliamo più avanti. È l’identità che sopravvivrà fino al ‘900, con Christian Dior che vorrà gli Arlecchini del montelupino Eugenio Taccini per i suoi atelier, con Bruno Bagnoli che parte dal grès, materiale da tubi fognari ormai in disuso e non ancora monopolista industriale dei pavimenti, per esplorazioni formali tra avanguardie e arte concreta, tessendo una rete di scambi dove a un certo punto figura anche Gio Ponti.
È così che Montelupo è diventata una parola precisa nel discorso italiano sulla decorazione, ma anche in quello internazionale, con gli oggetti che dal dopoguerra Aldo Londi concepisce per Bitossi – Londi parla inglese, farà la differenza – traducendo in forme lo Zeitgeist del moderno, e poi del postmoderno e del contemporaneo.
È così che Montelupo diventa un laboratorio di linguaggi. Ettore Sottsass è una presenza fissa da metà ‘50 in poi, e con lui lo saranno anche gli altri nomi di Memphis come Du Pasquier e De Lucchi: un ecosistema che continua a crescere con nomi come Faye Toogood, Formafantasma, Rooms Studio, per farne alcuni, o per citarlo finalmente, il lavoro sul riuso dello scarto di Gambi, che richiama il Pozzo dei Lavatoi.
“Bridging craftmanship and design”
L’abbiamo capito: a Montelupo con la ceramica non s’è mai smesso. Ci sono stati rilanci come quello che negli anni ’90 ha di novo puntato sull’identità produttiva – portandosi dietro la ceramica anche in edifici tutt’altro che discreti come quello di Marco Dezzi Bardeschi per i servizi pubblici – e presenze come quella ininterrotta di Ugo La Pietra che ha progettato spazi pubblici, e di Marco Bagnoli che del suo atelier-archivio poco fuori città fa un’architettura-opera vivente, anche lei con la ceramica dei suoi Sette dormienti – un galestro rosso selenio – a fare da manifesto di un luogo. Soprattutto, c’è una Scuola. Una Scuola di Ceramica che peraltro si presenta come l’unica ora a rilasciare diplomi professionali in Italia. Tra gli spazi dedicati a modellazioni e cotture, e l’installazione di Riccardo Previdi – uno studio di volumetria, stampa 3d e colorazione di tronchi d’albero – quello che non passa inosservato è lo spazio destinato alla formazione sulla formatura: la goffaggine linguistica è voluta, perché è nella formatura che si colloca il passaggio dalla manualità alla possibile serialità della produzione, il passaggio dell’oggetto da one-off il cui valore si lega all’artista, a prodotto il cui valore è dato dall’uso, dalla circolazione in una scena collettiva e non più individuale.
Quello che cerchiamo inizia a farsi vedere, quel tramite tra artigianalità e produzione, “bridging craftmanship and design” come ci dice Eric Landon, ceramista statunitense di base a Copenhagen che il mondo conosce come Tortus, anche se quello è il nome del suo studio. In residenza a Montelupo, dentro le antiche fornaci, Landon è venuto a cercare un dialogo tra il gesto forte del terracottaio, colonna della cultura locale che, pur a mano, produce in serie, e il suo gesto di mano leggera, danzante sulla materia di pezzi unici. La scommessa è quella di trovare un match tra linguaggi contemporanei e tradizioni decorative ultracentenarie.
Nella Scuola, invece, Fabienne Withofs sta tenendo un workshop di tecniche ceramiche giapponesi, circondata dai lavori della sua residenza, From Sheep to Ostrich: tutta la condivisione è intima, tutto avviene in silenzio. Altri workshop si susseguono, con Landon e Previdi.
Se c’è uno spazio in cui possono nascere i passi avanti nel discorso su cosa possa dire la ceramica nel nostro spazio domestico e negli spazi intermedi della nostra esistenza attuale – da materiale sempre sospeso tra forma e funzione quale è – sembra sia questo, o che abbia il potenziale per esserlo. Un po’ come il caso naturale – i fiumi, la confluenza, le argille – ha assegnato a Montelupo la ceramica quasi come una specie di destino, adesso è questa condizione di vicinanza tra produzione, formazione e possibilità di una ricerca che nasce dialogando, che fa pensare alle possibilità di passi futuri. Qualcosa che molto difficilmente si riesce a mettere a fuoco durante una design week.
- Cèramica
- Montelupo Fiorentino, Firenze, Italia
- 6-8 , 12-14, 19-21 dicembre 2025
Archivio Storico Bitossi – Fondazione Vittoriano Bitossi
Archivio Storico Bitossi – Fondazione Vittoriano Bitossi
Duccio Maria Gambi per Bitossi
Archivio Storico Bitossi – Fondazione Vittoriano Bitossi
Archivio Storico Bitossi – Fondazione Vittoriano Bitossi
Riccardo Previdi, La ritirata, alla Scuola di Ceramica
Riccardo Previdi, La ritirata, alla Scuola di Ceramica
Riccardo Previdi, La ritirata, alla Scuola di Ceramica
Riccardo Previdi, La ritirata, alla Scuola di Ceramica
La Scuola di Ceramica di Montelupo
La Scuola di Ceramica di Montelupo
La Scuola di Ceramica di Montelupo
Ugo La Pietra di fronte al MMAB - Museo della Ceramica
Atelier Marco Bagnoli, Sette Dormienti, 2016
Montelupo Fiorentino
Bruno Bagnoli
Bruno Bagnoli
Fabienne Withofs, From Sheep to Ostrich
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
Tortus (Eric Landon), Studio Visit
OPEN STUDIO International Contemporary Ceramics Prize
OPEN STUDIO International Contemporary Ceramics Prize