Cosa ci ha lasciato Ventura? Un saluto a uno dei progetti più influenti del Fuorisalone

Preferiamo salutare così Ventura Project. Dopo l’annuncio che chiuderà i battenti, causa Covid-19. Vogliamo ricordare quello che ha fatto. E che, potrebbe ancora fare. Lasciando una porta aperta sul futuro a manifestazioni che possano investire su nuove visioni.

“Dopo 10 edizioni di successo, e pur essendo pienamente preparato per l’11° edizione di Ventura Projects durante la Settimana del Design di Milano 2020, Ventura Projects non è più realizzabile. Sia Ventura Centrale che Ventura Future hanno dovuto essere cancellate a causa dell’epidemia globale di COVID-19. Purtroppo, queste cancellazioni hanno avuto un impatto massiccio e irreversibile sull’azienda”. Così recita il comunicato inviato da Ventura Project e che ne ha annunciato l’insostenibilità, economica, e la chiusura. Ma non i presupposti.

Quest’anno avrebbe festeggiato la sua undicesima edizione, ma ha dovuto chiudere, come ha scritto Margriet Vollenberg, che insieme a Fulvia Ramogida, ne ha inventato il format: “È con grande dolore che ho dovuto assistere a come la crisi del Covid-19 ha colpito tutto il mondo e l’industria degli eventi e del design, e quindi la mia azienda. Ho passato molte notti insonni a preoccuparmi se e come avrei potuto salvare o trasformare la mia azienda per adeguarmi a una nuova normalità, per essere ancora in grado di servire il mondo del design e mettere in grado il talento come abbiamo sempre fatto. È quindi con grande dolore nel cuore che sono giunta alla conclusione che non è più possibile costruire il mio sogno, e quindi i sogni di molti designer e studi di design. Le circostanze attuali non mi lasciano altra scelta se non quella di porre fine a Ventura Projects”.

Considerato il Fuorisalone più innovativo ha, da sempre, puntato sul dare visibilità ai creativi internazionali, debuttanti e affermati, lanciando i loro progetti. Un “catalizzatore” di idee e e progetti, come lo ha definito Maarten Baas tra i protagonisti della scorsa edizione.

Questa piattaforma riprendeva lo spirito pionieristico dei primi Fuorisalone: nati 30 anni fa e ideati da Gilda Bojardi, proprio in assenza del Salone del Mobile che saltò nel 1990. E che, oggi, si è un po’ perso nei meandri delle migliaia di eventi che animano la Design Week.

DNP, Patterns as Time. Ventura Centrale 2018

Ventura Project nacque nel 2010 con lo scopo di promuovere designer indipendenti: un progetto da attuare “più per passione che per business”, come dichiarato da loro.  La memoria riporta a manifestazioni lontane che, con questo spirito, partecipavano ai primi Fuorisalone: indimenticabili le sperimentazioni di Droog Design, dei primi anni ’90, che trasformarono il design in poesia; o ancora Sputnik, arrivato nel 2000 e voluto dall’imprenditore giapponese Teruo Kurosaki, che incoraggiava i giovani designer da lui selezionati a esplorare la propria personale strada e a riflettere sul concetto di design. A lui non interessava promuovere i singoli prodotti: una sedia era un invito a riflettere sul concetto del sedersi.

Da questo movimento uscirono, tra gli altri, Marc Newson, James Irvine, Emmanuel Babled, Michael Young, Jerszy Seymour. Anni di grande generosità in cui gli eventi erano fatti per il pubblico con lo scopo di riuscire a trasmettere delle visioni che avrebbero potuto influenzare il gusto e la cultura visiva degli anni a venire. Perché il loro intento era soprattutto quello di regalare suggestioni, temi su cui riflettere, visioni su cui lavorare per creare un futuro diverso.

Questa piattaforma riprendeva lo spirito pionieristico dei primi Fuorisalone: nati 30 anni fa e ideati da Gilda Bojardi, proprio in assenza del Salone del Mobile che saltò nel 1990

I protagonisti della progettazione si raccontavano con uno sguardo più intimo e poetico attraverso il linguaggio artistico-installativo: come l’incredibile Designosauros di Ross Lovergrove alla Segheria (2004). Ed erano anche occasioni d’incontro e di nuovi sviluppi: tra designer, imprenditori e media. Anche durante le feste memorabili: momenti in cui i giovani progettisti riuscivano a confrontarsi con i loro idoli, scambiando opinioni e assorbendo pillole di saggezza.

Ventura project, nell’idea delle due fondatrici, ha ricreato in parte questo spirito, cercando di mixare nuovi talenti e brand emergenti con realtà internazionali già consolidate.

La prima tappa di Ventura Project è stata con Ventura Lambrate: il quartiere si animava nei capannoni lasciati liberi da attività industriali per vestirsi di progetti e idee.  E faceva riscoprire, anche agli stessi milanesi, luoghi defilati e poco frequentati. Qualche anno dopo, arrivò Ventura Centrale ridando vita a quei magazzini raccordati alla Stazione Centrale di cui tutti si erano dimenticati. Nel 2018, lo spostamento da Lambrate a Loreto, in FutureDome: un tempo luogo di incontro del movimento Futurista, diventato luogo di ricerca e spazio dedicato all’arte contemporanea. E le inusuali location che si affiancavano, come l’ex Facoltà di Farmacia dove si radunavano scuole e accademie del design. E nel 2019 il ritorno in Tortona con il design più sperimentale negli spazi di Base. E la novità, di cui tanto si è parlato, del biglietto d’ingresso per garantire una maggiore qualità agli espositori, dei visitatori interessati.

Mentre in Centrale, ai Magazzini Raccordati, avevano raddoppiato gli eventi lasciando, invece, l’ingresso libero: ben 16 magazzini sotto le volte di via Ferrante Aporti, con le installazioni di aziende e studi di design di fama internazionale (tra cui Maarten Baas, il brand Freitag e Rapt Studio).  Da allora a oggi, con l’ultimo commento di Margriet: “Con più di 7000 espositori, abbiamo presentato al mondo innumerevoli soluzioni innovative e incredibili. Speriamo sinceramente che l’atmosfera energica degli eventi di design globale ritorni presto. Più che mai, per far fronte a questa crisi e alle sue conseguenze il mondo ha bisogno della creatività, della giocosità e dell’ingegnosità che il design può offrire”.

Non è amarcord: recuperare i valori che hanno fatto del Fuorisalone un successo, diventa fondamentale. Forse resettare tutto, quest’anno, ha creato i nuovi presupposti. Sta a noi coglierli

Una riflessione diventa però d’obbligo: la selezione iniziale rispetto a quella dei primi anni, è cambiata. Come per tutti gli eventi del Fuorisalone, i distretti hanno subito una sorta di bulimia da presenza cercando di proporre sempre di più: esserci era diventato essenziale, a qualsiasi costo, anche senza un vero progetto. Cercare di vedere tutto (e apprezzarlo) era diventato impossibile: si selezionavano solo alcune tappe per poi capitare, anche senza volerlo, in luoghi cancellati dal programma. E scoprire che magari, proprio lì, trovavi qualcosa di diverso dal solito, che ne valeva davvero la pena.

Agli inizi del Fuorisalone ogni appuntamento era imprescindibile. E si riusciva ad apprezzare più facilmente quelli che sarebbero diventati i progettisti del domani: le loro idee, la loro creatività. 
Non è amarcord: recuperare i valori che hanno fatto del Fuorisalone un successo, diventa fondamentale. Forse resettare tutto, quest’anno, ha creato i nuovi presupposti. Sta a noi coglierli.

Immagine di apertura: Tides-Maree, Noroo, Fuorisalone Ventura Centrale, 2018

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