Da Jean-Luc Godard a Rosa Barba, la relatività del tempo è in mostra

A Palazzo del Governatore “Time Machine. Vedere e sperimentare il tempo” racconta la plasticità del tempo con opere cinematografiche e di video-arte che coprono più di un secolo di storia dell’arte.

1895. A Parigi un pubblico stupefatto può assistere alla prima del Cinématographe dei Fratelli Lumière, con dieci “vedute” in movimento di circa un minuto ciascuna. Nello stesso anno a New York viene pubblicato il racconto fantascientifico-filosofico The Time Machine: An Invention di H.G. Wells; protagonista uno scienziato che grazie a un dispositivo appositamente inventato può compiere un viaggio andata e ritorno attraverso il tempo fino a un futuro remotissimo e, peraltro, poco desiderabile: l’uomo è ormai estinto e il globo moribondo.

Douglas Gordon
Douglas Gordon, 24 Hour Psycho, Time Machine, Parma 2020

Parte da questo anno seminale la mostra “Time machine. Vedere e sperimentare il tempo” curata da Antonio Somaini, professore di Teoria del cinema, dei media e della cultura visuale alla Sorbonne, con Eline Grignard e Marie Rebecchi, presentata a Modena in apertura delle manifestazioni per Parma Capitale della Cultura.

Il tema centrale è dunque lo scorrere del tempo e la sua trasposizione in immagini nella storia dei media moderni, con un’attenzione che va anzitutto al cinema, ma che contempla anche i rapporti con l’arte, e più in particolare con la video arte.

Ciò che emerge dalla mostra è come questo scorrere sia tutt’altro che lineare. Nelle mani dei creatori di immagini in movimento il tempo risulta anzi plastico, malleabile, elastico; e può essere invertito, accelerato, rallentato. Grazie alla postproduzione e al montaggio è possibile generare effetti di simultaneità, di frammentazione, d’inversione e di loop. Si scoprono la possibilità di fermare un istante, o, con le proiezioni a ritroso, di ricostruire lo sviluppo di un evento. Si creano tecniche come il time lapse, che permette di percepire fenomeni di lunga durata in pochi secondi, o viceversa, nel nome di a una temporalità che si dilata a piacimento, si rendono evidenti fenomeni altrimenti troppo rapidi per essere colti.

Grégory Chatonsky
Grégory Chatonsky, Terre Seconde, Time Machine, Parma 2020

La mostra è l’esito di una ricognizione che va da quel fatidico 1895 fino ad oggi, e consiste in undici sezioni iconografiche in cui, grazie anche alla collaborazione con la Cinémathèque Française, primeggiano i pionieri del cinema con i loro esperimenti, dai fratelli Lumière stessi che registrano il flusso di elementi naturali quali il fumo, il vento, le nuvole, a Ralph Steiner che prosegue con il medesimo orientamento e nel 1929 gira il film sull’acqua H2O, fino a Marey, con i suoi studi sul movimento di animali e umani.

La mostra giunge a dare conto delle odierne sperimentazioni: immagini dotate di una temporalità non umana prodotta dell’intelligenza artificiale, dal machine learning e dalle reti neurali, basate su algoritmi matematici. È il caso delle due video installazioni Le Tempestaire di Jacques Perconte e Terre Seconde di Grégory Chatonsky, commissionate per la mostra. Nell’opera di Perconte sulle maree vediamo le onde susseguirsi senza ripetersi mai. La resa è pittorica, si fa esplicito riferimento alla tradizione storico-artistica. Ma il video è alimentato da un software e, anche tenendo conto di un tempo infinito, le immagini non si ripetono mai uguali; un risultato a cui sino ad ora, data la durata finita di qualsiasi supporto, nessun media ottico aveva mai potuto ambire.

Nel caso di Chatonsky scopriamo una nuova ulteriore temporalità, quella delle immagini prodotte che non rappresentano la realtà esistente, ma sono generate da sistemi di machine learning capaci di assimilare milioni di immagini prodotte dall’uomo per rielaborarle e creare qualcosa di nuovo. Questi costrutti evolvono nel tempo secondo forme di montaggio diverse da quelle usate fino ad ora. Chatonsky definisce tutto ciò “realismo senza realtà”: cioè un realismo che somiglia a una realtà che non c’è, e che ci trasporta in possibile futuro a venire. Il suo è dunque un modo di evocare nuovi possibili modi di vivere.

Time Machine exhibition view
Le Tempestaire di Jacques Perconte in Time Machine, allestimento. Foto Edoardo Fornaciari, Parma 2020

La mostra fa anche riferimento allo spostamento delle immagini in movimento dalla sala cinematografica all’ambito dell’arte visiva. Una migrazione testimoniata da opere in ognuna delle quali fotografia e video sono utilizzati secondo una precisa posizione estetica, come per Harun Farocki, Douglas Gordon, Rosa Barba, Tacita Dean, Ange Leccia, Robert Smithson. Si pone, per esempio, sul crinale tra cinema e fotografia l’artista belga David Claerbout il quale mette in questione il rapporto tra immagine in movimento e realtà di riferimento con il video The Algiers’ Sections of a Happy Moment, in cui si inserisce nello spazio narrativo di un singolo, momentaneo evento, facendolo esplodere in una miriade di possibili versioni.

L’opera è infatti realizzata concatenando centinaia di immagini di una singola scena, scattate da prospettive diverse: sul tetto di una casa ad Algeri un gruppo di ragazzi ha interrotto una partita calcio per dare da mangiare ai gabbiani. Tra le circa 50.000 immagini con cui ha documentato questo momento, l’artista belga ne ha selezionate 600. In questo viaggio attraverso un singolo istante, la moltiplicazione dei punti di vista e le variazioni di scala generano un effetto di grande intensità: un esempio del potenziale espressivo e dell’efficacia che un lavoro di ricerca sul tempo delle immagini può avere, dal punto di vista cognitivo ed emotivo.

Mostra:
Time Machine. Vedere e sperimentare il tempo
Luogo:
Parma
Dove:
Palazzo del Governatore
Curatori:
Antonio Somaini, Eline Grignard, Marie Rebecchi
Date di apertura:
13 gennaio 2020-3 maggio 2020

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