Nel giardino del Gropius Bau, l’edificio neoclassico di Kreuzberg dedicato all’arte, alla fotografia e alla storia, 20 artisti internazionali hanno dato la loro personale interpretazione dello stato attuale del mondo. Il giardino non è stata una scelta casuale ma allegorica quale metafora di rifugio, isolamento, luogo paradisiaco ma anche terreno, dove poter riflettere di temi ambientali come l’antropocene, gli effetti del colonialismo e la cosiddetta “seed politics”. Ne sono un esempio i lavori di Maria Thereza Alves, che ha creato un giardino fiorito a partire dai semi trovati durante degli scavi a Berlino vicino al fiume Sprea e ne ha fatto un “campo” di indagine archeologica su piante e politica, e di Jumana Manna, che realizza un film sulla banca del seme Global Seed Vault situata su un’isola del Mar Glaciale Artico.
Accanto a queste opere più politiche, si susseguono installazioni immersive più sensuali come quella di Hicham Berrada che inverte il giorno e la notte inducendo il gelsomino a rilasciare il suo profumo notturno in orari inconsueti e Pipilotti Rist, che opta per un’ambientazione più femminea e lussureggiante. Il giardino dell’Eden, però, è anche ricco di insidie e può trasformarsi in un inferno: Nathalie Djurberg e Hans Berg hanno predisposto cuffie in realtà virtuale per camminare al confine tra i due mondi.
L’ambivalenza è il filo su cui corre anche Yayoi Kusama, la cui stanza puntinata e onirica trascina lo spettatore in una dimensione angosciante e distopica. Ed è proprio questa continua lotta tra catastrofe e paradiso, ispirata al trittico di Hieronymus Bosch “The garden of earthly delights”, a dare il nome alla mostra, visitabile fino all’1 dicembre 2019.