Come sarà la Biennale Arte di Venezia 2022

La 59. Esposizione Internazionale d’Arte, curata da Cecilia Alemanni, aprirà ufficialmente il 23 aprile. Tutto quello che c'è da sapere.

La 59. Esposizione Internazionale d’Arte aprirà al pubblico da sabato 23 aprile a domenica 27 novembre 2022. La Mostra, articolata tra il Padiglione Centrale ai Giardini e l’Arsenale, includerà 213 artiste e artisti provenienti da 58 nazioni. Sono 26 le artiste e gli artisti italiani, 180 le prime partecipazioni nella Mostra Internazionale, 1433 le opere e gli oggetti esposti, 80 le nuove produzioni.

Il latte dei sogni

Nominata in piena pandemia, alla guida della Mostra ci sarà la curatrice italiana Cecilia Alemani. Stabilmente residente a New York, Alemani è dal 2011 direttrice e capo curatrice di High Line Art, il programma di arte pubblica presentato dalla High Line, il celebre parco urbano sopraelevato costruito su una ferrovia abbandonata di New York. Nel 2017 aveva già curato il Padiglione Italia alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. La mostra, intitolata “Il Mondo Magico”, ha presentato nuove commissioni su larga scala di Giorgio Andreotta Calò, Adelita Husni-Bey e Roberto Cuoghi.

Cecilia Alemani. Foto Andrea Avezzù. Courtesy of La Biennale di Venezia

Per l’importante evento Alemani ha scelto come propria compagna di viaggio la pittrice e scrittrice britannica Leonora Carrington, scomparsa nel 2011. La Mostra, infatti, prende il nome dal suo libro Il latte dei sogni, importante scritto in cui “l’artista surrealista descrive un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé. La Mostra propone un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano”.

Sarà dunque una Biennale “contro il Rinascimento”, come anticipa la scrittrice Chiara Valerio, la quale firmerà uno dei saggi contenuti nel catalogo. Un ribaltamento di prospettiva frutto dei tanti interrogativi emersi non solo da questo preciso momento storico in cui la sopravvivenza stessa dell’umanità è minacciata, ma riassumono anche molte altre questioni che hanno dominato le scienze, le arti e i miti del nostro tempo. “Come sta cambiando la definizione di umano? Quali sono le differenze che separano il vegetale, l’animale, l’umano e il non-umano? Quali sono le nostre responsabilità nei confronti dei nostri simili, delle altre forme di vita e del pianeta che abitiamo? E come sarebbe la vita senza di noi?” spiega Alemani.

Le capsule tematiche

Con un allestimento curato da Formafantasma – studio di design composto dal duo italiano di Andrea Trimarchi e Simone Farresin – cinque stanze tematiche a carattere storico strutturano il percorso espositivo attraverso una serie di costellazioni nelle quali le opere sono raccolte per affrontare alcuni dei temi fondamentali della mostra. Al Padiglione Centrale ai Giardini le capsule saranno tre: La culla della strega, Tecnologie dell’incanto e Corpo orbita.

La culla della strega si ispira all’opera di Maya Deren (Witch’s Cradle), presentato le opere di artiste connesse alle avanguardie del Novecento quali surrealismo, futurismo, Bauhaus o al movimento Harlem Renaissance, come Remedios Varo, Leonor Fini, Gertrud Arndt, Carol Rama, Jane Graverol, Meta Vaux Warrick Fuller, Dorothea Tanning, Baya Mahieddine.

  

La seconda capsula, Tecnologie dell’incanto, indaga invece “la relazione tra il corpo e la tecnologia, riflette sull’idea di membrana e di schermo. Attraverso un linguaggio astratto e cibernetico, riflettono su astrazione e corpo e anticipano le preoccupazioni odierne in merito alle tecnologie”. Ritroviamo qui Laura Grisi, Nanda Vigo, Grazia Varisco, Marina Apollonio, Lucia Di Luciano, Dadamaino.

La capsula Corpo orbita è ispirata alla mostra “Materializzazione del linguaggio”, parte della Biennale del 1978 e curata dall’artista Mirella Bentivoglio, e si focalizzerà sulla relazione tra corpo e linguaggio. Compaiono opere di Mary Ellen Solt, Tomaso Binga, Unica Zűrn e Minnie Evans, così come la documentazione fotografica delle sedute di Osapio Palladino e Linda Gazzera.

All’Arsenale l’esposizione si apre con l’opera dell’artista Belkis Ayón che, influenzata da tradizioni afrocubane descrive un’immaginaria comunità matriarcale. Qui il percorso di ricerca di focalizzerà sul rapporto tra individui e terra. La prima capsula si presenta con il lungo titolo Una foglia, una zucca, un guscio, una rete, una borsa, una tracolla, una bisaccia, una bottiglia, una pentola, una scatola, un contenitore, citazione di Ursula K. Le Guin. In questa capsula emergono dunque varie e fantasiose forme organiche, scolpite, dipinte o plasmate da Ruta Asawa, Toshiko Takaezu, Bridget Tichenor, Maria Bartuszová, Aletta Jacobs.

L’ultima capsula si intitola La seduzione di un cyborg, con una selezione di opere che da Dada, Bauhaus e futurismo, esponendo Marianne Brandt, Marie Vassilieff, Anna Coleman Ladd, Aleksandra Ekster, Regina Cassolo Bracchi, Kiki Kogelnik. “Questa presentazione riunisce artiste che nel corso del Novecento hanno immaginato nuove contaminazioni tra l’umano e l’artificiale creando gli avatar di un futuro postumano e postgender”.

Padiglione Italia

Assegnato alla curatela di Eugenio Viola – attualmente è Chief curator al MAMBO – Museo de Arte Moderno de Bogotà, in Colombia – il Padiglione Italia sarà dedicato interamente all’opera di Gian Maria Tosatti, artista recentemente nominato anche nuovo Direttore Artistico della Quadriennale di Roma.

Dal titolo Storia della notte e destino delle comete il padiglione si innesterà nelle linee tracciate da Alemani, chiamando in causa l’idea di “possibili convivenze”, come sottolineato da Roberto Cicutto, Presidente della Biennale di Venezia. “Il titolo si riferisce a un presente incerto e metapandemico. Ci siamo chiesti come l’arte potesse riflettere su questi scenari incerti e parlare dell’ambiente e del territorio”, ha dichiarato Viola. “L’esito sarà un lavoro dalla irriducibile sintassi teatrale, che inizia con un prologo in sordina e si sviluppa in due atti scanditi dal nome stesso del progetto”.

Eugenio Viola e Gian Maria Tosatti. Foto Elena Andreato

La Storia della notte sarà un racconto simbolico dell’ascesa economica italiana, nell’immediato dopoguerra, che porterà poi al declino del sogno industriale: attraverso un’infilata di spazi si susseguono ambientazioni che evocano La Dismissione di Ermanno Rea e che somigliano alla distesa di capannoni diffusi nel paesaggio fra Ragusa e Cremona, l’unico panorama paradossalmente omogeneo di un ipotetico viaggio nell’Italia di provincia.

Il secondo atto Destino delle comete coincide invece con la catarsi, dove la natura che non perdona l’uomo si fa epilogo della narrazione. La mostra si conclude quindi con un messaggio di speranza sul destino che attende l’umanità che, come una cometa, ha attraversato con una grande scia luminosa l’universo. Una complessa macchina narrativa esperienziale che conduce il visitatore in un percorso a tratti familiare a tratti spiazzante, con l’obiettivo di offrire consapevolezza e generare riflessioni concrete sul possibile destino della civiltà umana, in bilico tra i sogni e gli errori del passato e le promesse di un futuro ancora da scrivere.

“Proprio perché oggi i tempi sono incerti, crediamo che l’ottimismo debba essere una necessità etica, un'obbligazione morale” chiude Viola durante la conferenza stampa. “Ritengo che un’opera, un progetto, un padiglione siano validi se una volta terminata l’esperienza, il visitatore se ne va con più domande di quelle con le quali è entrato.”

Immagine di apertura: Biennale di Venezia, Corderie. Foto Giulio Squillacciotti. Courtesy La Biennale di Venezia

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