Il lato oscuro dell’umanità in mostra alle OGR di Torino

Immigrazione, guerre, proteste: la consapevolezza di un presente drammatico e le allusioni a un’attualità disastrosa permeano il lavoro dei tre artisti iraniani.

“Forgive me, distant wars, for bringing flowers home”, veduta della mostra, OGR – Officine Grandi Riparazioni, Torino, 2018

Sono in tre: i fratelli Haerizadeh, Ramin e Rokni, e Hesam Rahmanian. Sono nati tra il 1975 e il 1980 e tutti e tre hanno studiato pittura a Teheran. Nel 2009, spinti da un controllo politico che sconfinava nella censura, hanno deciso di lasciare l’Iran e si sono stabiliti a Dubai, dove vivono e lavorano insieme. Perché Dubai? Forse, rispondono, perché è una città senza radici. E loro sentono di non volersi radicare troppo. Una volta intrapresa la via dell’esilio, a contare sono le persone, piuttosto che i luoghi. La loro casa-studio è così diventata luogo di relazione, punto di riferimento per la scena culturale dell’area e spazio attivo per artisti, scrittori, intellettuali e per chiunque sia interessato a collaborare, condividere attività, pratiche e idee. Non solo. Come dichiarano, tutto il loro lavoro si basa sull’ibridazione e la nozione d’impurità ne è il cardine; Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian hanno infatti messo a punto una prassi operativa per cui, ai loro progetti individuali si affianca un intenso lavoro comune; che in molti casi vede integrarsi l’apporto di altre figure ancora.

Anche le loro mostre costituiscono momenti di aggregazione, e tendono a prendere la forma di installazioni inclusive e tutt’altro che definitive; destinate invece una volta smantellate, a essere rideclinate in tempi, situazioni e forme totalmente diversi. Questa modalità è al centro anche della loro mostra alle OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino. “Forgive me, distant wars, for bringing flowers home” – questo il titolo – nasce dunque come progetto site-specific e si concentra su queste modalità processuali e inclusive, svelandone anche parzialmente il dietro le quinte. E infatti la prima sensazione che si prova entrando nella grande navata è di fluidità. Diverse installazioni di dimensioni ambientali si susseguono, senza una reale soluzione di continuità. L’allestimento, durato settimane, ha visto i tre artisti, al lavoro come in un atelier temporaneo per mettere in scena, insieme, un universo variegato e paradossale.

In prossimità dell’ingresso della mostra, su una parete, si trova una composizione di opere di artisti che per il trio sono punti di riferimento, come Annette Messager, Ewa Partum, Sonia Boyce, George Maciunas, Nicole Eisenman: la si può considerare una dichiarazione d’intenti riguardante l’apporto di altri protagonisti dell’arte al loro lavoro. Immediatamente dopo, ci si trova a camminare su un composito pavimento, le cui parti sono state concepite in momenti e in luoghi diversi, e riflettono i relativi mood: o immersi in una sorta di coinvolgente ed enigmatico set cinematografico animato da figure mascherate, di grandi dimensioni, o da presenze misteriose, quali quella di una lunga ciocca di capelli neri che pende dal soffitto e che dà il titolo all’insieme, Black Hair.

Img.30 “Forgive me, distant wars, for bringing flowers home”, veduta della mostra, OGR – Officine Grandi Riparazioni, Torino, 2018
“Forgive me, distant wars, for bringing flowers home”, veduta della mostra, OGR – Officine Grandi Riparazioni, Torino, 2018

Parte integrante della pratica collaborativa dei fratelli Haerizadeh e di Hesam Rahmanian consiste nella creazione di dastgah: parola derivante dalla lingua farsi, che per i tre artisti sta a indicare una serie di alter ego delle loro identità individuali. Questi personaggi di carattere antropomorfo, fitomorfo o zoomorfo, nascono da travestimenti realizzati combinando elementi di ogni tipo possibile. L’insieme è sempre goffo e sgraziato: figure improbabili, semicieche, con parti animali o con teste di lattuga, con strati di abbigliamento e strane calzature si muovono come possono. Queste “creature” vivono, infatti, in una serie di performance e di video dove le si vede, impedite dai loro costumi impossibili, cercare di compiere azioni quotidiane che si risolvono in gesti e movimenti traballanti e inconsulti.

I dastgah, spiegano i tre autori, sono anzitutto un modo per prendere le distanze da se stessi; e in questo senso l’ironia aiuta. Un demistificante senso dell’umorismo e delle possibilità permea tutto il lavoro; e fa corto circuito con l’idea degli ostacoli, delle interruzioni, delle interferenze che si frappongono a uno scorrimento lineare di ogni attività, fisica, mentale o relazionale che sia. Ciò che ne risulta, nel complesso, è un senso d’instabilità, di straniamento e di alienazione. Non è un caso: la consapevolezza di un presente drammatico permea il lavoro; le allusioni a un’attualità disastrosa sono costanti. Le si trova nell’animazione Distruction-Creation, in cui figure semicieche partecipano all’abbattimento di statue e monumenti; il riferimento a Mosul e alla devastante situazione mediorientale sono chiari; o nei bellissimi disegni realizzati dipingendo sopra fotografie “da notiziario”, riguardanti immigrazione, guerre, proteste, e altri eventi di carattere politico.

“Forgive me, distant wars, for bringing flowers home”, veduta della mostra, OGR – Officine Grandi Riparazioni, Torino, 2018
“Forgive me, distant wars, for bringing flowers home”, veduta della mostra, OGR – Officine Grandi Riparazioni, Torino, 2018

Non è un caso che la mostra si concluda con From Sea To Dawn: potente racconto visivo in movimento basato su immagini tratte da mass media, su cui gli artisti hanno operato pittoricamente: dopo aver scaricato da YouTube, dai giornali e dalla televisione migliaia di fotogrammi sulla crisi dei migranti e sul conflitto siriano, i tre intervengono trasformando le figure in creature ibride, incroci di animali e uomini. Un tipo di operazione attraverso la quale da sempre gli artisti esprimono il lato oscuro dell’umanità. Le immagini da reportage si convertono così in critica alla comunicazione di massa che rende digeribile qualsiasi atrocità, in allegoria della violenza che alberga nell’uomo e che permea l’attualità.

Titolo mostra:
“Forgive me, distant wars, for bringing flowers home”
Artisti:
Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh, Hesam Rahmanian
A cura di:
Abaseh Mirvali, Constanza Medina
Date di apertura:
2 luglio – 30 settembre 2018
Luogo:
OGR – Officine Grandi Riparazioni
Indirizzo:
corso Castelfidardo 22, Torino

Ultimi articoli di Arte

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram