Robert Wilson: i 25 anni del Watermill

Il grande protagonista della sperimentazione teatrale celebra il 25° anniversario del laboratorio delle sue performance. Il mese scorso l’annuale festa per la raccolta di fondi è stata l’occasione di ricapitolare gli anni trascorsi.

Robert Wilson: Watermill at 25

Sotto la volta di un bosco una strana cacofonia di carillon, grugniti porcini e segnali d’errore di computer accoglieva gli ospiti al loro arrivo alla 25a edizione dell’Annual Watermill Center Summer Benefit & Auction. Ma, a mano a mano che avanzavano lungo un susseguirsi di sentieri boschivi si sentivano in lontananza degli spari. Gli sconvolgenti rumori più tardi sarebbero stati identificati con Assaulted Landscape with Splattered Rivers and No Place to Hide: una performance di Stephen Shanabrook in cui un tiratore mascherato sparava proiettili di vernice colorata all’interno di un recinto trasparente.

Tutti coloro che frequentano questo selettivo ma scanzonato centro culturale – con i suoi oltre seimila metri quadrati di prati aperti, terrazze inghiaiate ed edifici accuratamente progettati – sono avvezzi al particolare accento che Robert Wilson mette sul valore della sorpresa violenta. In una delle feste degli anni scorsi dei performer nudi erano issati su piattaforme torreggianti, coperti di liquido simile a sangue. Altri anni hanno visto mangiatori di fuoco, un grande stimolatore anale e un’installazione murale di Jenny Holzer con la scritta She Outwits Him, She Outlives Him (“Lei è superiore a lui, lei sopravvive a lui”). Le opere presentate a Watermill sfiorano il pericoloso e il perverso, ma sono intrinsecamente viscerali e affascinanti. Grazie ai concerti degli anni passati di Laurie Anderson, Philip Glass, Paul Simon, CocoRosie e Rufus Wainwright la musica è l’elemento che tiene insieme tutto.

Inframmezzati ai ritmi frenetici e agli spari improvvisi di questa edizione, giustamente battezzata la festa di raccolta fondi della Time Bomb, la bomba a orologeria, c’erano esplosioni, salti, danze ritmate di oltre trenta tra performer e installazioni site-specific. Mentre una performer scavava la propria fossa – I’ll wait for you at the rise of the morning star di Davide Balliano – gli inquilini di un abbagliante interno bianco potevano essere osservati da una serie di spioncini – Domestic Science di Baboo Liao, Adrian Damian e Mariano Marquez. Altre opere comprendevano realtà virtuale, sensori di movimento, video, luci, pelliccia, cavi e strumenti musicali. Le qualità corporee del frenetico agitarsi delle gambe erano in primo piano in Lonely di Hrafnhildur Aranardóttir (Shoplifter), come l’abbraccio gesticolante ritratto nella videoinstallazione Basium di Carlos Vela-Prado.

Alcuni pezzi erano ripresi da edizioni precedenti, come Blow it! di Hee Ran Lee (2012) – una grande bolla gonfiabile che esplode quando raggiunge il culmine della sua capacità – e il Giant di Osgemeos (2005) – un murale multicolore che copre la facciata principale dell’edificio. Per quanto ludico e festoso, il panorama complessivo assumeva toni minacciosamente oscuri: un’inevitabile riflessione sul nostro tempo. Percorso il faticoso itinerario di performance e installazioni disseminate su tutto il terreno gli ospiti arrivavano a godersi le bibite e potevano partecipare a un’asta silenziosa, in cui figuravano opere donate da Keith Haring, Roy Lichtenstein, Miya Ando, Kembra Pfahler e Nan Goldin. Allestita da Wilson in onore dei trascorsi venticinque anni, questo gala di raccolta fondi è diventato un pilastro del calendario sociale degli Hamptons, ma anche un apprezzato appuntamento di spicco dello spesso saturo circuito mondiale dell’arte. Una cena alla marocchina è stata servita in onore dello scomparso Pierre Bergé, tra i primi sostenitori di Wilson. Grazie al contributo di Simon de Pury, vivace battitore dell’asta, la serata ha fruttato la strabiliante cifra di 2.200.000 dollari USA.

Il Watermill Center – data la scarsità, se non l’assenza totale, di finanziamenti pubblici all’arte negli Stati Uniti – conta su questo appuntamento annuale per incassare i fondi indispensabili a tenere a galla la sua ricca programmazione in tutto il corso dell’anno: borse per ospitare artisti per l’arco di un mese, iniziative di formazione locali e un nutrito ciclo di conferenze. La raccolta di fondi dà anche occasione ad alcuni giovani talenti di presentare i loro lavori. In molti sono arrivati da luoghi remoti del mondo per partecipare all’annuale programma estivo. Trascorrono cinque settimane inseriti in una comunità di danzatori, registi, drammaturghi, scenografi, architetti e artisti. Nell’ultimo quarto di secolo Watermill è stata per Wilson un’occasione di prender fiato. Gli consente una pausa breve ma ricca di riflessione in un programma senza fine di produzioni che lo tengono sempre in viaggio. Lavorando a stretto contatto con i partecipanti e i collaboratori elabora nuovi progetti di performance, di curatela e di design.

Robert Wilson
Robert Wilson

A dimostrazione di questa impostazione transdisciplinare il centro adotta fin dalle sue origini non ufficiali del 1993 un atteggiamento assolutamente informale. L’apertura ufficiale è del 2006. Vengono accolte persone di formazione culturale, età e livelli attitudinali differenti. Nei trascorsi venticinque anni migliaia di talenti creativi hanno varcato la soglia del Watermill per affinare le loro competenze professionali e di vita. Molti hanno stabilito collaborazioni durature al di là dei confini del centro. Benché il patrimonio culturale di Wilson si incarni nell’architettura del centro, grazie a un’ampia collezione di oltre cinquemila artefatti culturali e attraverso la pratica etica, non si tratta di un santuario. Il fondatore crede fermamente che Watermill sia una base dove altri possono sviluppare il loro lavoro, e non fare quel che ha già fatto lui.

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