Da sempre l’architettura è un campo di sperimentazione fertile per affrontare e risolvere concretamente le problematiche di un’epoca, talvolta codificando, a partire da bisogni contestuali, strumenti concettuali, tecnici e procedurali che hanno radicalmente influenzato il corso della storia del costruire. A partire dalla genesi del Moderno fino ad anni più recenti, Domus ha selezionato dieci “deflagranti” invenzioni nell’approccio ideativo, nei processi e nei prodotti, che anticipano di molto i temi progettuali oggi ampiamente diffusi e celebrati da etichette d’effetto (dall’architettura parametrica, a quella bioclimatica, tra le tante). Da un lato, l’innovazione nei principi compositivi: dalle formulazioni che scardinano la concezione statica di spazio bi-dimensionale (Loos), che riformulano l’alfabeto dell’edificio moderno e lo ricompongono attraverso un aggiornato codice “antropocentrico” (Le Corbusier) o a partire da complessi sistemi matematici (Moretti); a quelle che sdoganano la costruzione modulare prodotta in serie (Ciam, Le Corbusier) fino a trasformarla in celeberrime espressioni autoriali sull’abitare individuale (Case Study Houses program) e sull’architettura emergenziale (Ban). Dall’altro, l’innovazione nelle strategie operative che, tra tecniche nuove (Dieste), processi di efficientamento di cantiere (Nervi), impiego di materiali inaspettati (Ban, Blanc), prefigurano la genesi di una stagione della sostenibilità ante litteram.
10 edifici geniali che hanno cambiato per sempre l’architettura
Da Adolf Loos al muro vegetale, ci sono delle invenzioni epocali che hanno modificato il corso dell'architettura. Ve le raccontiamo attraverso dieci edifici che ne sono diventate il manifesto.
Casa Müller, Praga, Repubblica Ceca 1930. Foto Hpschaefer da wikimedia commons
Casa Müller, Praga, Repubblica Ceca 1930. Foto Bassetti Samuele da wikimedia Commons
Villa Savoye, Poissy, Francia 1925. Foto Takashi Images da Adobe Stock
Alessandro Cairoli, G.B. Varisco e Osvaldo Borsani, Casa minima alla V Triennale, Milano, Italia 1933. Courtesy Archivio Borsani
Alessandro Cairoli, G.B. Varisco e Osvaldo Borsani, Casa minima alla V Triennale, Milano, Italia 1933. Courtesy Archivio Borsani
Unité d’Habitation, Marsiglia, Francia 1952. Foto Andy Wright da Flickr
Pierre Koenig, Stahl House, Los Angeles, Stati Uniti 1960. Foto Ovs da Wikipedia
Complesso termale Bonifacio VIII, Fiuggi, Italia 1970. Foto Vincenzo Rampolla da Adobe Stock
Palazzetto Sport, Roma, Italia 1957. Foto Fred Romero da Flickr
Chiesa del Cristo Operaio, Atlántida, Uruguay 1959. Foto Nicolas Barriola da Wikipedia
Paper Dome, Puli, Taiwan 2008. Foto Ho.siminn da Wikipedia
Ateliers Jean Nouvel, Museo di Quay Brainly, Parigi, Francia 2006. Foto Denise Serra da Adobe Stock
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- Chiara Testoni
- 21 luglio 2025
“Raumplan” (progetto di spazio) è un principio compositivo introdotto da Loos che ha scardinato la consuetudine di progettare secondo una visione “bidimensionale” dello spazio, sostituendola con un approccio “tridimensionale” leggibile, negli interni (depurati dall’”odiato” ornamento), nell’ incastro di volumi di dimensioni diverse e piani ad altezze variabili.
Le Corbusier è stato un grande innovatore e l’artefice di una radicale trasformazione nel modo di concepire lo spazio moderno, codificata nei “cinque punti di un’architettura nuova”: elevazione dell’edificio su pilotis per lasciare libero il pianterreno; copertura a tetto-giardino, piana e praticabile; struttura a pilastri in cemento armato per ottenere una pianta libera dall’ingombro dei muri portanti; adozione di finestre continue (finestre a nastro) per illuminare diffusamente gli interni; struttura in cemento armato anche per la facciata che, come la pianta, diventa libera. La Villa Savoye a Poissy, nei dintorni di Parigi, è un manifesto esplicito di queste teorizzazioni.
Existenzminimum, ossia l’”Abitazione per il livello minimo di esistenza”, era il titolo del II CIAM (Congresso Internazionale Architettura Moderna) tenutosi a Francoforte nel 1929, durante il quale viene promossa e “sdoganata” una tipologia abitativa ergonomica, funzionale, riproducibile in massa a costi e tempi controllati per soddisfare la crescente urgenza abitativa della città moderna. Da lì in poi, il tema che si è continuamente rinnovato attraverso numerosi progetti d’autore, pensati in risposta a eventi catastrofici (guerre, terremoti e tsunami) o a esigenze riviste e corrette rispetto all’ansia della metratura.
Con il “Modulor”, termine che deriva dalla combinazione delle parole “module” (modulo) e “or”, in riferimento alla section d’or (sezione aurea), Le Corbusier fornisce una gamma di misure, basate su valutazioni di tipo matematico e antropometrico, applicabili alla progettazione architettonica (e meccanica) per favorire sistemi modulari standardizzati e qualità fruitiva. L’Unité d’Habitation di Marsiglia è un limpido manifesto di queste ricerche.
Nel 1945 John Entenza, direttore della rivista di Los Angeles “Arts and Architecture”, lancia il programma delle Case Study Houses, con una prima serie di 8 progetti di abitazione affidati ad altrettanti studi americani. Scopo del programma, durato fino al 1966, è progettare e costruire case-prototipo che sappiano dare una risposta efficace, economica e innovativa all’urgenza abitativa a seguito della fine della seconda guerra mondiale, rinnovando la tipologia della casa monofamigliare americana. Da Craig Ellwood, a Pierre Koenig, a Richard Neutra, l’iniziativa dà il via a sperimentazioni autoriali che hanno gettato le basi del Modernismo.
Con la fondazione nel 1957 dell’Irmou (Istituto per la Ricerca Matematica e Operativa applicata all'Urbanistica) Luigi Moretti, architetto di spicco del panorama italiano, promuove la cosiddetta “architettura parametrica”, termine da lui stesso coniato: una serie di equazioni matematiche con parametri utilizzati per analizzare le relazioni spaziali, dove la forma è risultato di un complesso di relazioni esprimibili in termini matematici attraverso la struttura. Un’architettura di cui presenta nel 1960 un esempio alla XII° Triennale di Milano, con un modello in gesso per uno stadio, e che si può considerare prodomica ad alcune celeberrime esperienze contemporanee di progettazione parametrica, tra cui quelle di Zaha Hadid.
Fedelissimo al cemento armato, Nervi era un intellettuale a tutto tondo. Le sue realizzazioni, connotate da ardite composizioni geometriche, raggiungono uno straordinario equilibrio tra forma e funzione, tra poetica e calcolo strutturale. Il “sistema Nervi”, da lui codificato, è un sistema di soluzioni tecniche che, nella chiara distinzione del cantiere in due settori autonomi (in opera e in prefabbricazione), consentano processi e prodotti efficienti in termini di controllo dei tempi e dei costi e, in anticipo sulla storia, sostenibili grazie all’abbattimento degli sfridi di cantiere.
Nella pluralità di lavori realizzati, di cui molti in laterizio, Dieste ha sviluppato e spinto oltre i limiti una struttura di copertura a conchiglia in mattoni (volta gaussiana) la cui resistenza è data da un arco a doppia curvatura particolarmente efficace contro l’instabilità al carico di punta ed economica rispetto al cemento armato.
Nel corso degli anni Shigeru Ban ha svolto un’incessante ricerca nel campo dell’utilizzo di materiali di recupero, tra cui soprattutto cartone e legno, impiegati nella progettazione di strutture dal costo contenuto e dall’elevata qualità costruttiva e funzionale. Dalle opere per le vittime di disastri e calamità naturali, alle chiese, al padiglione all’Expo di Hannover, la sperimentazione sull’impiego dei tubi di cartone pressato si spinge a raggiungere straordinari risultati tecnici e formali.
Il botanico francese Patrick Blanc è la mente dietro l’ideazione del “muro vegetale”, una particolare forma di di rinnovo ecologico del paesaggio urbano realizzata tramite la coltivazione di piante su una parete architettonica, solitamente verticale, che sfruttano la presenza di due strati di materiale fibroso e di un impianto di irrigazione posto tra essi, per nutrirsi e crescere in modo naturale. Un esempio illustre è offerto dal Museo Quai Brainly di Parigi di Jean Nouvel, dove la facciata rivolta verso la Senna è un muro vegetale di 800 mq con 15.000 piante di 150 differenti specie provenienti da Giappone, Cina, Europa centrale e Stati Uniti.