Adolf Loos

“Io ho scoperto e donato al mondo la seguente nozione: l'evoluzione della civiltà è sinonimo dell'eliminazione dell'ornamento dall'oggetto d'uso. Credevo di portare con questo nuova gioia nel mondo, ma esso non me ne è stato grato.” (Adolf Loos, 1908)

La produzione architettonica di Adolf Loos, progettista considerato tra i padri dell’architettura moderna in Europa, può essere letta non solo come un’anticipazione del lavoro dei maestri del XX secolo – come Le Corbusier e Walter Gropius – ma anche nella sua autonomia e nella sua originalità rispetto alla sua epoca.

Adolf Loos nasce a Brunn (oggi Brno, in Repubblica Ceca) nel 1870. Suo padre, scultore e scalpellino, muore nel 1879 lasciando a sua moglie la gestione del laboratorio artigianale. Dopo gli studi giovanili, condotti in varie città dell’odierna Repubblica Ceca, nel 1885 Loos inizia gli studi presso la Scuola Professionale Imperiale (Staats-Gewerbeschule) di Reichenberg in Boemia; dal 3° anno inizia ad approcciare la disciplina architettonica. Negli anni successivi, a partire dal 1890, Loos decide di arruolarsi nella polizia militare a Vienna, interrompendo gli studi. Tornato a Brno a causa di una malattia, nel 1892 si iscrive alla Hochschule di Dresda per proseguire gli studi tecnici.

Nonostante il parere negativo della madre e la non conoscenza della lingua inglese, nell’estate del 1893 decide di visitare l’esposizione colombiana di Chicago, svoltasi per celebrare il 400° anniversario della scoperta del continente americano. A partire da questo primo incontro con la cultura di oltreoceano, ha inizio il forte interesse di Loos per la produzione industriale degli Stati Uniti, che considera di qualità nettamente superiore alla produzione europea. Dopo il periodo iniziale, trascorso a casa dello zio Frederick Loos, alla fine del 1893 si trasferisce a New York, dove inizialmente svolge una serie di lavori legati alla comunità ebraica della città, inclusa la stesura di recensioni di spettacoli teatrali per alcune riviste in lingua tedesca; l’architetto dimostra una netta propensione per la scrittura, che affiancherà all’attività progettuale per l’intera durata della sua carriera.

Nel 1894 inizia a lavorare come disegnatore in uno studio di architettura, ma torna in Austria l’anno successivo.

A questo periodo risalgono i primi due testi che danno inizio alla dimensione critica della produzione di Loos: un articolo sul quotidiano Die Zeit nel 1897 e il saggio Die alte und die neue Richtung in der Baukunst (La vecchia e la nuova direzione nell’arte del costruire) nel 1898, grazie al quale vince il premio letterario indetto dal periodico viennese “Der Architekt”. In entrambi i testi Loos assume il ruolo di difensore del gusto moderno, ponendosi in netta opposizione all’accademismo delle scuole d’arte e dei corsi di arte applicata. Al medesimo periodo risalgono i primi lavori della carriera di progettista individuale di Loos: il Cafè Museum sulla Karlsplatz e gli interni della casa del dottor Hugo Haberfeld in Alserstraße, entrambi ubicati a Vienna. Questi due progetti anticipano i temi principali del pensiero di Loos, che maturerà ulteriormente nel corso del XX secolo.

Nel 1900, infatti, viene pubblicato un altro testo fondamentale per la comprensione dell’attività del progettista: Parole nel vuoto (Ins Leere gesprochen), con il quale prosegue la critica nei confronti della Secessione viennese e dell’intero sistema delle arti applicate, per il quale ogni singolo oggetto artigianale dovesse essere decorato e considerato pari a un’opera d’arte. Nel 1908 scrive il testo con il quale ottiene maggior risonanza a livello internazionale, che è ancora oggi il suo scritto più famoso, ovvero il saggio Ornamento e Delitto (Ornament und Verbrechen). Questo testo costituisce una sintesi delle critiche mosse negli anni precedenti all’eclettismo della Secessione; Loos presenta in modo diretto le sue idee sul ruolo di ornamento e decorazione in architettura.

Secondo il progettista, con gli avanzamenti tecnologici dell’epoca – che comprendevano la diffusione dell’impiego del cemento armato e dei profili in acciaio in edilizia – era impensabile che il linguaggio dell’architettura fosse ancora caratterizzato da fregi, decorazioni, colonne e altri elementi che appartenevano sia alla tradizione Neoclassica che al rinnovato linguaggio dell’Art Nouveau. Il valore decorativo, argomenta Loos, deve appartenere unicamente alle qualità intrinseche dei materiali: una lastra di marmo verde o una parete in mattoni hanno una dignità infinitamente superiore rispetto a questi stessi elementi dipinti su un muro intonacato (tecnica usata spesso nel contesto delle arti applicate). 

American Bar, Vienna. Foto Thomas Ledl

A queste riflessioni teoriche si affiancano, nello stesso periodo, alcuni tra i più importanti edifici progettati da Loos: il primo edificio interamente progettato e realizzato da lui è la Villa Karma a Montreux, in Svizzera (1903-1905), caratterizzata da una facciata in intonaco bianco priva di un apparato decorativo che fu fortemente criticata dagli abitanti del piccolo borgo sul lago di Ginevra. Ancora più criticato e osteggiato dalla cittadinanza, al punto da interromperne a più riprese la costruzione, è il progetto dell’edificio in Michaelerplatz a Vienna (oggi Looshaus), realizzato tra il 1909 e il 1911. In questo progetto sono chiaramente leggibili le idee presentate dall’architetto in Ornamento e delitto. Il carattere estetico dell’edificio è infatti dettato unicamente dalla scelta dei materiali e dalla semplice composizione delle aperture nel prospetto. Marmo verde per il basamento commerciale, intonaco bianco per i piani residenziali, legno e pietra per gli interni. Nonostante la maestosità che caratterizza gli spazi – in particolar modo del colonnato sulla piazza e del grande atrio d’ingresso, che al momento della realizzazione dell’edificio ospitava la boutique di lusso Goldman & Salachs – ogni tipo di decorazione è assente dalle finiture dell’edificio.

Negli anni successivi, l’attività progettuale di Loos si concentra principalmente sulle ville monofamiliari. La ragione di questa tendenza è chiara ed è legata alla libertà di cui l’architetto voleva disporre nella fase progettuale: i committenti di queste case non solo erano sostenitori delle idee del progettista ma disponevano anche di risorse economiche che non ponevano limiti alla realizzazione del progetto, nel quale potevano essere così inserite finiture in materiali pregiati come marmi orientali o legni americani. I progetti di questa fase sono localizzati principalmente a Vienna: la Casa Steiner (1910), la Casa Scheu (1912), la Casa Strasser (1918), la Casa Horner (1921), la casa Rufer (1922) e la casa Moller (1928). Tutti questi edifici unifamiliari sono caratterizzati dal medesimo approccio – facciata estremamente semplice in intonaco bianco e interni estremamente ricchi di superfici in materiali diversi – ma presentano lievi differenze scaturite dal dialogo di Loos con la committenza. La casa Scheu, ad esempio, è una delle prime di quell’epoca ad avere una copertura piana che può essere utilizzata come terrazza.

Haus Moller, Vienna. Foto Szojak

Il progetto che rappresenta la piena maturazione del percorso progettuale di Loos è la Villa Müller, realizzata a Praga nel 1930. In quest’edificio le idee di Loos sull’eliminazione dell’ornamento in favore dell’espressività dei materiali sono chiaramente leggibili. A questo, si aggiungono i ragionamenti dell’architetto sul concetto del raumplan, la più innovativa concezione spaziale di Loos per la quale è ricordato ancora oggi: secondo questo principio, le stanze devono avere altezze diverse a seconda dell’uso e l'incastro tra i vari volumi interni della casa  genera una serie di dislivelli che articolano gli spazi interni. I saloni della Villa Müller sono caratterizzati da un’altezza interna nettamente superiore agli spazi di servizio, e questo fa sì che tra i pavimenti di stanze contigue ci siano dislivelli pari anche a 50-80 cm. La spiegazione che l’architetto dà di questa soluzione spaziale nel 1930 è la seguente: «La mia architettura non è concepita per piani, ma nello spazio. Di un edificio non progetto i piani, le facciate, le sezioni. Progetto gli spazi. Per quanto mi riguarda, non esiste alcun piano terra, primo piano, ecc. Per me, esistono soltanto spazi contigui, senza soluzione di continuità, stanze, anticamere, terrazze. I piani si fondono e gli spazi si relazionano gli uni con gli altri».

Villa Müller, Prague. Foto Martin Polák

Tra i progetti non realizzati del progettista si ricordano in particolar modo la casa per Joséphine Baker a Parigi (1924), caratterizzata dall’uso di due diversi tipi di marmo che compongono un disegno di facciata a strisce orizzontali, e il progetto di concorso per la nuova sede del Chicago Tribune (1922), una torre la cui parte più alta possedeva le fattezze di una colossale colonna dorica. Con questo progetto, Loos intende affermare che il ruolo degli elementi classici nella modernità possa essere solo quello di rappresentare un’icona di per sé, e non più un elemento costitutivo del linguaggio architettonico.

Adolf Loos muore nel 1933. Viene seppellito nel Cimitero  Centrale di Vienna con una lapide progettata da lui stesso: un semplice parallelepipedo di pietra con il suo nome inciso sopra, in continuità con le idee che aveva espresso per l’intera durata della sua carriera.

Silurò la Secessione e l'Art Nouveaux, in nome di una prospettiva decisamente moderna, il viennese Adolf Loos. Le sue invettive, l'articolo «Ornamento e delitto» divenuto proverbiale, i suoi edifici ascetici, purissimi nei volumi e nelle superfici quanto complessi nella pluralità dei livelli e negli incastri altimetrici, segnarono l'atto di morte delle evasioni ottocentesche.

Bruno Zevi su Adolf Loos in Storia dell'architettura moderna, 1950

Immagine in apertura:
Adolf Loos nel 1904. Foto Otto Mayer
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