Da sempre nel mondo della celluloide le scenografie dei set sono state oggetto di una progettazione ad hoc mirata a trasmettere un messaggio profondo e subliminale che conferisce una particolare connotazione emotiva allo spazio, a supporto strategico della narrazione. In particolare, uffici e luoghi di lavoro sono spesso scenari essenziali per costruire la credibilità di un film o di una serie e per coinvolgere lo spettatore. Spazi cupi  in storie noir (ufficio di Eldon Tyrell in Blade Runner, sala riunioni e Divisione Scienze Applicate della Wayne Enterprises ne Il Cavaliere oscuro, Metropolis di Fritz Lang) e gotici in ambientazioni letterarie (ufficio di Albus Dumbledore in Harry Potter); eleganti e raffinati in stile retro (uffici Sterling Cooper Advertising in Mad Men, ufficio di M in 007 No time to die); boriosi e di rappresentanza (ufficio di Mr Burns in The Simpsons); postmoderni (ufficio di Saul Goodman in Breaking Bad; futuribili (sala riunioni dell’Enterprise in Star Trek e MIB Headquarters in Men in Black); ascetici (ufficio megadirettore galattico in Fantozzi); minimali (Torretta baywatchers in Baywatch). Architettura e narrazione sono dunque due facce interconnesse della stessa medaglia e l’architetto è uno storyteller. Perché, come diceva il filosofo Paul Ricoeur,  “la storia di vita si svolge in uno spazio di vita”.