L’idea stessa alla base del Reina Sofía – il museo di Madrid dedicato all’arte moderna e contemporanea, la casa odierna della Guernica di Picasso – è un’idea di adaptive reuse: l’ex Ospedale Generale della città, progetto sei-settecentesco ora denominato Edificio Sabatini, era stato restaurato durante gli anni ’80, e re-inaugurato dai reali come museo nel 1992.
A ibridare il programma erano arrivate nel 2005 le nuove forme, e le iconiche superfici laccate di rosso dell’espansione firmata da Jean Nouvel – guest editor Domus nel 2022. Col nuovo corso che allinea l’istituzione alla contemporaneità del primo quarto di secolo, arriva per il Museo un nuovo discorso sul cinema, e si torna ancora una volta al riuso, al ripensamento dell’esistente.
L’auditorium disegnato nel 1987 da Jaume Bach e Gabriel Mora in una manica dell’edificio Sabatini è stato trasformato dallo studio che oggi si chiama Bach / Jaume Bach and Anna & Eugeni Bach, in un cinema che aggiorna funzionalmente lo spazio, mantenendo elementi e spirito del progetto originario, e inserendo nuovi elementi allo stesso tempo evocativi e contemporanei.
La trasformazione passa per interventi infrastrutturali come la modifica nel posizionamento dei posti per migliorare l’esperienza cinema, e va a interfacciarsi col discorso di forme e colori primari che caratterizzava la soluzione anni ’80.
Torna infatti il triangolo, tra il volume d’ingresso che contiene le unità di proiezione e quello di storage nel vestibolo, che lo riprende. L’acustica fa parte del recupero, con l’altro triangolo che completava la composizione, forma astratta sospesa sopra la scena, riutilizzato ora per pannelli acustici e collocazione degli speaker centrali.
Un cielo blu notte conversa con un rosso onnipresente – al suolo, sulle tende, sulla parete d’ingresso su cui risaltano le pietre chiare che segnano la serliana. Combinati con nuove schermature traforate alle finestre, questi toni aumentano quella sensazione di “esterno all’interno” che aveva dominato molte opere postmoderne, come il Teatro Carlo Felice di Genova di Aldo Rossi. I riferimenti evocati dai progettisti sono in realtà Gunnar Asplund col suo Cinema Skandia a Stoccolma, ma anche la stessa Madrid col suo Cine Doré, se non immaginari direttamente cinematografici come quelli di Buñuel, Lynch, Almodóvar e Kaurismäki.
La stessa missione di questo spazio, creato con i fondi europei del Piano di Trasformazione, Recupero e Resilienza, è cruciale nella nuova linea curatoriale del museo, che vuole dare al cinema l’importanza di “immagine del nostro tempo”, un’espressione dell’arte che, in tempi di individualizzazione massima nella fruizione di contenuti, fa ritrovare invece la dimensione collettiva di questa fruizione, legata alla presenza fisica e all’interazione. Nel ciclo che apre questa nuova stagione nella vita del Reina Sofía compariranno infatti i lavori di nomi come Tsai Ming-Liang, Radu Jude, Ana Vaz e Alice Rohrwacher.
