Il rosso e il nero di Nouvel

Da poco inaugurato a Madrid l’ampliamento del Museo Reina Sofia, che Jean Nouvel ha raccolto sotto un unico, grande tetto. Testo di Luis Fernández-Galiano. Fotografia di Paolo Rosselli. A cura di Rita Capezzuto.

La nuova fabbrica di Nouvel
Luis Fernández-Galiano

L’ampliamento del Reina Sofia è una costruzione grandiosa, ma non è una grande opera. Un prodotto di serie B della fabbrica Nouvel, che con la sua estetica leggera coniuga tutti gli aspetti futuristici che hanno reso famoso l’architetto francese: l’atmosfera industriale delle costruzioni in vetro e acciaio, un gusto teatrale per gli interni scuri dai colori forti, la dissoluzione del volume con angolazioni spinte e superfici riflettenti. In salutare contrasto con la serietà inerte del complesso ospedaliero del diciottesimo secolo che accoglie l’attuale museo, l’ampliamento raggruppa le nuove gallerie per mostre temporanee, l’auditorium e la biblioteca sotto un’unica copertura color ciliegia che le sorvola, scultoreamente perforata per illuminare lo spettacolare atrio d’ingresso.

Il complesso è inoltre alleggerito e rischiarato da aperture trasversali, da una leggera gabbia traslucente e da superfici specchianti in acciaio che creano un’atmosfera immateriale. Costruito con freddo entusiasmo e spirito analitico su un ristretto lotto trapezoidale adiacente all’opera di Sabatini, il complesso funge da cerniera urbana – come constateranno i futuri visitatori dalle terrazze, forse finalmente aperte al pubblico – tra la silhouette monumentale della stazione di Atocha e l’affollato quartiere popolare di Lavapiés, due capisaldi della geografia sentimentale di Madrid che le bombe del 11 marzo 2004 – poste da alcuni immigrati residenti a Lavapiés su quattro convogli diretti ad Atocha – hanno reso ormai inseparabili.

Opera minore di un grande architetto, l’ampliamento recentemente inaugurato rivela le conseguenze di un management modesto – che purtroppo ha trasformato la percezione dell’edificio da parte del pubblico – tuttavia ha dimostrato di avere le qualità che si addicono a una marca di successo, sia essa automobilistica o architettonica. Con modalità simili all’acquirente di vetture di lusso che non mette in dubbio la riproposizione di caratteristiche sulle quali basa la sua fedeltà alla casa produttrice, qui il cliente non può muovere rimproveri se l’aerea pensilina deriva da Marne-la-Vallée e Lucerna, la copertura carenata da Tours, il leggero grigliato da Bezons, le scale di tipo industriale da Nîmes, le sottili colonne da Nantes o ancora la gabbia di vetro dalla Fondazione Cartier a Parigi.

Il critico può solo indicare mancanze veniali: il difficile connubio tra il rivestimento di pietra e le superfici curve in metallo verniciato, l’infelice taglio nella copertura dove questa incontra l’edificio di Sabatini, la rinuncia ai lucernai nei livelli superiori delle gallerie in favore di una terrazza per gli uffici, oppure l’assenza degli alberi previsti nella hall d’ingresso causata dal moltiplicarsi dei depositi nell’interrato. Presidiato da Brushstroke, l’enorme scultura di Lichtenstein in prestito temporaneo, il triste atrio - sferzato dal vento e riempito dal rumore del traffico rifratto dalla copertura e poi moltiplicato dalle superfici vetrate – diviene un secondo ingresso al museo che dà accesso allo spazio pomposamente denominato “Nouvel Space”, senza attraversare il vecchio ospedale. Attraversando questa hall si ha accesso anche a una libreria accogliente e ben fornita che si affaccia sull’elevato vuoto della biblioteca, entrambe schermate dalla strada trafficata con dei brise-soleil che comunque non impediscono al sole di colpire i libri; attraverso l’atrio si raggiunge anche il ristorante con la caffetteria, posti sotto la pancia dell’auditorium che aggetta.

La caffetteria, arredata da un altro progettista con fantasiosi tavoli e banconi, è un luogo particolarmente piacevole all’interno della cavità deformata tra i due volumi – non importa che i tavolini del ristorante si perdano nel buio – francamente sconvolgente nella proiezione orizzontale del profilo dell’auditorium sulla facciata che sfortunatamente taglia la griglia del rivestimento di granito. Il tallone d’Achille di questo progetto si trova probabilmente nel contrasto tra la reinterpretazione tecnologica della costruzione tradizionale in pietra e la versione caricaturale di un linguaggio visivo da fantascienza: da un lato il granito non ha l’austera gravitas per un’istituzione duratura, dall’altro le fusoliere non hanno la sofisticazione delle costruzioni aeronautiche, e il cocktail assomiglia più a una mayonnaise non riuscita.

Per il resto, questo edificio rosso e nero di Nouvel – vincente nel concorso del 1999 su Dominique Perrault e Juan Navarro Baldeweg – si colloca con dignità nel percorso creativo di un architetto capace di conciliare la seducente immaginazione filmica, la pubblicità o la moda con la tradizione francese delle sperimentazioni ingegneristiche – che vanno da Pierre Chareau al suo maestro Jean Prouvé – e costruire teatri meccanici e mediatici che lo contraddistinguono. A Madrid Nouvel ha avuto come collaboratore Alberto Medem, un giovane architetto che con questo lavoro entra nella serie A dei progettisti; l’edificio è stato realizzato dall’impresa ACS-Dragados con solamente il 16% di incremento sulla spesa preventivata di 68 milioni. Qualcosa che ha del miracoloso vista la complessa geometria dei controsoffitti tecnici, il rigore delle facciate o l’accuratezza richiesta dai dettagli di questa costruzione colossale, che sin da ora sarà sottoposta allo scrutinio del pubblico riguardo alla sua funzione: accogliere i cerimoniali del mondo dell’arte, ora unica religione di Stato e per ciò oggetto di tante controversie quando si vanno a eleggere i suoi prelati o erigere le sue chiese. Ma nessuno griderà che la Regina è nuda.

Luis Fernández-Galiano (1950) è architetto e professore alla Scuola di Architettura di Madrid. Direttore dei periodici Arquitectura Viva e AV Monographs, è critico di architettura per il quotidiano spagnolo El País
Scorcio della nuova architettura dalla stazione di Atocha
Scorcio della nuova architettura dalla stazione di Atocha
Sulla corte creata dalle tre nuove unità di Nouvel – biblioteca, auditorium, sale per esposizioni temporanee – affaccia anche la sede storica del museo, un ex complesso ospedaliero del Diciottesimo secolo
Sulla corte creata dalle tre nuove unità di Nouvel – biblioteca, auditorium, sale per esposizioni temporanee – affaccia anche la sede storica del museo, un ex complesso ospedaliero del Diciottesimo secolo
La sala di lettura della biblioteca è un lungo spazio rettangolare, con luci zenitali diffuse da un sistema di piccole cupole in vetro lavorato. La luce naturale, che penetra dalle vetrate laterali, è filtrata da brise-soleil in acciaio. Gli arredi della biblioteca sono stati realizzati da Tecno spa
La sala di lettura della biblioteca è un lungo spazio rettangolare, con luci zenitali diffuse da un sistema di piccole cupole in vetro lavorato. La luce naturale, che penetra dalle vetrate laterali, è filtrata da brise-soleil in acciaio. Gli arredi della biblioteca sono stati realizzati da Tecno spa
Scale esterne e passerelle aeree
Scale esterne e passerelle aeree
Nella nuova corte, la scultura <i>Brushstroke</i> di Roy Lichtenstein
Nella nuova corte, la scultura Brushstroke di Roy Lichtenstein
La copertura riflettente
La copertura riflettente
Vista della hall
Vista della hall
Apertura sulla hall
Apertura sulla hall
La copertura è stata perforata con precisione, 
per convogliare correttamente la luce naturale nella biblioteca, nell’ala delle esposizioni temporanee e nella corte. 
Superfici lucide e vetrate creano giochi di riflessi ed echi di immagini
La copertura è stata perforata con precisione, per convogliare correttamente la luce naturale nella biblioteca, nell’ala delle esposizioni temporanee e nella corte. Superfici lucide e vetrate creano giochi di riflessi ed echi di immagini

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