Negli anni Sessanta, Andrea Branzi aveva già fotografato la fine dell’Unione Sovietica

Nel 1962, prima della contestazione in Italia, prima dell’alluvione di Firenze, prima degli Archizoom, Andrea Branzi fa un viaggio a Mosca e involontariamente cattura tutti quei cambiamenti che hanno portato alla fine dell’Unione Sovietica. Humboldt Books, con Mosca 1962, lo racconta in un libro.

Andrea Branzi approda in Russia presumibilmente nel 1962, per visitare suo fratello che a Mosca faceva l’inviato Rai, e lì, nella capitale del socialismo sovietico, si trasforma per un brevissimo tempo in un fotografo. Aveva ventitré anni e stava frequentando la Facoltà di Architettura a Firenze: siamo a pochi anni prima della fondazione di Archizoom e della teorizzazione della No-Stop City.  

Humboldt Books, nel volume Mosca 1962, ha raccolto questo viaggio e le fotografie – finora inedite – che l’hanno accompagnato.

Nei primi anni Sessanta in Unione Sovietica c’è molto Occidente. La musica rock approda sui palchi russi, la Coca-Cola nelle case e i ritratti di Ernest Hemingway, antifascista, “indipendente di sinistra” ma anche fortemente anti-totalitario, nelle camerette dei giovani russi nati sotto Stalin.

Da Berlino, Alfredo Cohen, Franco Battiato e Giusto Pio scrivono Alexander Platz – la canzone che ha consacrato Milva fuori dai teatri – per raccontare l’esperienza di tanti giovani artisti che dall’Italia si trasferivano nella parte est del muro, per fare esperienza della vita in Unione Sovietica, quella vita agli opposti – almeno apparentemente – del capitalismo.

Tra gli intellettuali, artisti, scrittori e musicisti che vogliono capire cosa succede a Mosca, c’è anche Andrea Branzi, maestro del radical design , “guida spirituale” - come l’aveva definito Ugo La Pietra - degli Archizoom. Proprio Branzi sulle pagine del numero 633 di Domus aveva scritto che la città odierna non era più identificata dall’architettura ma “dal mercato, dalla merce che in essa circola” e che fare design, di conseguenza, significava, allora, anche progettare “una nuova vita metropolitana” che tenesse in considerazione questo fatto. 

Il comunismo [in questo senso] rappresentava il ‘nuovo’, un’apertura generale di cui si respirava la possibilità.

Stefano Sonnati, docente di filosofia e amico di Andrea Branzi

Nel libro Mosca 1962 sono raccolte più di cinquanta fotografie, scattate in bianco e nero. La raccolta è accompagnata da testi dello storico Gian Piero Piretto e della ricercatrice Angela Rui, che esplorano lo stato del socialismo quando Nikita Chruščëv, subentrato dopo la morte di Stalin, allenta le maglie del regime sovietico e fa varcare anche agli “stranieri” dei confini che sembravano invalicabili.
Come racconta Stefano Sonnati, docente di filosofia e amico intimo di un giovane Andrea Branzi, nell’outro del volume:
“In casa Branzi si recitava il rosario tutte le sere. E in famiglia era normale che le donne non studiassero. Il comunismo [in questo senso] rappresentava il ‘nuovo’, un’apertura generale di cui si respirava la possibilità”. 

Nelle fotografie di Branzi c’è una certa aria di sospensione, un presentimento, forse, che qualcosa stava per scoppiare da un momento all’altro, la sensazione che il sogno sovietico era ormai un sogno senza spettatori. Le strade e le parate fotografate sono vuote, così come i mercati, i piatti sono senza cibo, i libri senza librerie.

Gli unici a camminare per le strade moscovite sono le donne e i bambini, che spesso vengono ritratti di fronte ai poster propagandistici e immersi nelle vetrine delle nascenti catene commerciali sul modello americano. Gli uomini compaiono pochissimo: sono in fabbrica a produrre armi per una guerra (quella Fredda) che, tra Unione Sovietica e Stati Uniti, si è combattuta più a colpi di catene di montaggio che di pistole.

I veri affollamenti nelle foto desertiche di Branzi li vediamo sulle spiagge artificiali: architetture e oasi incredibili dell’epoca sovietica, costruite sul fiume Moscova e sui laghi vicini a Mosca. Spesso gratuite o a basso costo, queste “spiagge” cittadine incarnavano tutti i nuovi precetti della nuova politica sovietica: luoghi di svago accessibili e benessere generalizzato per la popolazione.

Anche le numerose fotografie delle architetture di Mosca tradiscono la meraviglia del designer e architetto fiorentino di fronte a una città dai contrasti più che marcati. Ci sono le piazze con gli imponenti “palazzi del potere” di Stalin, affiancati ai lasciti dell’architettura dello zarismo russo. Le chiese sono tutte sparite e sono state riconvertite: in piscine, in wunderkammer, in musei. Negli outskirts di Mosca cominciano a spuntare i primi Khrushchyovka, gli edifici residenziali bassi e minimali voluti da Chruščëv per rispondere alla crisi abitativa. Tutto questo è avvolto nella nebbia. Il futuro che vediamo con gli occhi di Branzi è già un futuro mancato

Mosca 1962 è il venticinquesimo volume della collana Time Travel di Humboldt Books. La serie, nata nel 2015 con Iran 1970 – un inedito reportage del fotografo italiano Gabriele Basilico –, quest’anno compie dieci anni e, nel tempo, ha deciso di estendere la propria raccolta anche alle testimonianze fotografiche in giro per il mondo dei “non fotografi”, amatori che, come nel caso di Branzi, hanno lasciato la produzione fotografica ai margini della propria carriera.

Il volume, uscito mercoledì 22 ottobre in Italia, verrà presentato venerdì 14 novembre 2025 alle ore 18.00 durante BookCity 2025 – il festival letterario promosso annualmente dal Comune di Milano – al Castello Sforzesco, con interventi di Enrico Morteo e Valentina Parisi. 

Mostra:
La giovane Russia. Mosca 1962 nelle foto di Andrea Branzi
Dove:
Castello Sforzesco, Sala Bertarelli
Date:
14 novembre 2025
Durante:
Bookcity Milano 2025

Tutte le immagini: Foto Andrea Branzi @ Orsola e Lorenza Branzi–Andrea Branzi, Mosca 1962, Humboldt Books, Milano 2025

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