Domus marzo arriva in edicola e il piano dei numeri immaginati da Bjarke Ingels, Guest Editor di Domus 2025, con la direzione editoriale di Walter Mariotti comincia a definirsi. Questo mese il tema è il cemento, il paria dell’architettura che si prende la sua rivincita, come spiega Ingels nel suo editoriale che sfata moltissimi luoghi comuni. “Inventato dagli antichi romani, che usavano ceneri vulcaniche del Vesuvio, è il materiale del grande Pantheon. Sinonimo di edilizia sociale che si trasforma in baraccopoli, noiose scatole architettoniche che sacrificano la bellezza al budget, il cemento è ornai il simbolo della responsabilità dell’edilizia nella crisi climatica, con emissioni di carbonio nel mondo dal 4 all’8 percento”.
Domus 1099 è in edicola
Nel terzo numero di Domus curato dal guest editor Bjarke Ingels il tema è il cemento, l'antieroe dell'architettura che si prende la sua rivincita.
Testo Bjarke Ingels
Testo Sam Lubell, Greg Goldin
A cura di Filippo Cartapani, Shane Dalke
Testo Leah Ellis
A cura di Filippo Cartapani, Shane Dalke
Testo Jason Ballard
A cura di Filippo Cartapani, Shane Dalke
Testo Philippe Block, Alessandro Dell’Endice, Francesco Ranaudo, Tom Van Mele
Intervista Bjarke Ingels con Antón García-Abril, Débora Mesa
Testo Christian Kerez
Testo Alejandro Aravena
Testo Thomas Phifer
Testo HArquitectes
Testo Bolle Tham, Martin Videgård
Testo Tony Chenchow, Stephanie Little
Testo Pezo von Ellrichshausen
Testo Julien De Smedt
Testo MBL Architectes
Testo Laurian Ghinițoiu
Testo Keisuke Oka
Testo Katja Schenker
Testo Antón García-Abril, Débora Mesa
Testo Bjarke Ingels
Testo Antonio Armano
Testo Valentina Petrucci
Testo Loredana Mascheroni
Testo Roberto Battiston
Testo Elena Sommariva
Testo Simona Bordone, Valeria Casati
Testo Silvana Annicchiarico
Testo Antonio Armanio
Testo Stefano Mancuso
Testo Javier Arpa Fernández
Testo Walter Mariotti
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- La redazione di Domus
- 13 marzo 2025
"In realtà, il cemento è l’instancabile eroe del XX e forse anche del XXI secolo. È le nostre strade, i nostri ponti e gallerie. Le nostre fondamenta e le nostre fognature, le cantine e i locali tecnici, i muri e i pilastri”. Ingels cita la sua città natale, Copenaghen: “Anche se sembra interamente di mattoni, è fatta quasi sempre di elementi prefabbricati di calcestruzzo. L’impronta di carbonio che risulta dalla sua condizione di factotum dell’architettura l’ha reso il capro espiatorio ambientale, ma quando si è parte del problema bisogna avere anche un ruolo di punta nella soluzione”.
Nel numero di Domus marzo, tra i molti esempi di “architettura cementizia” – che ricordiamo nasce nell’Ottocento, quando un giardiniere francese si trovò a inventare il calcestruzzo armato facendo esperimenti con il tondino d’acciaio e le reti da pollaio - si presentano undici straordinari progetti che fanno una specie di giro del mondo: dal Marocco di Kristian Kerz alla Lisbona di Alejandro Aravena, da Varsavia di Thomas Phifer a Palma di Maiorca di H Arquitects, da Värmdö di Tham & Videgård Arkitekter alla Sidney di Tony Chenchow e Stephanie Littl, dal Cile di Pezo von Ellrichshausen alla Bruxelles Julien De Smedt, da Bossy Le Chatel di MBL Architectes, alla Tokio di Keisuke Oka, il cemento ci guida in una sciarada che accende la fantasia e celebra tutti gli stili, dall’essenziale al brutalismo. Ridisegnando una visione differente, libera e poetica del calcestruzzo.
Il cemento è l’instancabile eroe del XX e forse anche del XXI secolo. È le nostre strade, i nostri ponti e gallerie. Le nostre fondamenta e le nostre fognature, le cantine e i locali tecnici, i muri e i pilastri
Nella dialettica di Domus 2025, dopo la sezione architettura arriva il portfolio di Laurian Ghiniţoiu, che questo mese è dedicato alla Grande Muraglia del Giappone, un viaggio nella costruzione di un oggetto che lascia molte domande. La sezione arte, invece, è dedicata al progetto di Katja Schenker Dreamer, realizzato a Muttenz, nella Svizzera tedesca. Infine, conclude il numero la sezione degli ossimori dedicato all’idea della “leggerezza massiccia”.
Gli autori, Antón García-Abril e Débora Mesa, i fondatori di Ensamble Studio e WoHo Lab, rovesciano un’acquisizione fondamentale: se il calcestruzzo era storicamente legato alla solidità e alla durata, ma liberava troppo carbonio, adesso che la tecnologia permette di decarbonizzarlo sarà la chiave della sostenibilità e del futuro dell’architettura.
Inventato dagli antichi romani, che usavano ceneri vulcaniche del Vesuvio, è il materiale del grande Pantheon. Sinonimo di edilizia sociale che si trasforma in baraccopoli [...] è ormai il simbolo della responsabilità dell’edilizia nella crisi climatica
Tornando indietro, nella sezione Diario, che apre come sempre Domus a cura del Direttore Editoriale Walter Mariotti, questo mese si segnalano diversi reportages, interviste e approfondimenti.
Il racconto della Biennale d’Arte di Jeddah di Antonio Armano; un dialogo tra Paolo Crepet e Valentina Petrucci sulla città ideale; le “prospettive protette” di Paul Smith; l’analisi sul carbonio di Roberto Battiston; l’eleganza di Erwan Borullec raccontata da Loredana Mascheroni; il rapporto tra alfabetizzazione e progresso di Alberto Mingardi; il design per la neurodiversità infantile analizzata da Elena Sommariva; la città come organismo vivente di Stefano Mancuso, l’incontro con Sandra Häuplik-Meusburger di Valetina Sumini; la relazione tra musei e territorio di Marco Pierini; la critica della Grande Parigi di Javier Arpa Hernandez; le ambizioni del nuovo Palazzo Molteni che Giulia Molteni ha raccontato a Walter Mariotti.
Per finire, una vera chicca: l’anteprima del film Io sono ancora qui, diretto dal regista brasiliano Walter Salles sull’omonimo memoir di Marcelo Rubens Paiva. Racconta la vicenda della propria famiglia e del padre, fatto sparire dalla dittatura militare brasiliana nel 1971. La critica di Domus, Daniela Brogi, aveva immaginato che avrebbe vinto l’Oscar e l’aveva scritto prima della cerimonia a Hollywood. Aveva ragione.
Il calcestruzzo è il paria dell’architettura, sinonimo di edilizia sociale che si trasforma in baraccopoli. Noiose scatole architettoniche che sacrificano la bellezza al budget. È ormai il simbolo delle responsabilità dell’edilizia nella crisi climatica, con emissioni di carbonio nel mondo dal 4 all’8 per cento. È, però, anche l’instancabile eroe del XXI secolo. È le nostre strade, i nostri ponti e gallerie. Le nostre fondamenta e le nostre fognature, le cantine e i locali tecnici, i muri e i pilastri. Anche se Copenaghen sembra interamente di mattoni, è fatta quasi sempre di elementi prefabbricati di calcestruzzo. L’impronta di carbonio che risulta dalla sua condizione di factotum dell’architettura l’ha reso il capro espiatorio ambientale, ma quando si è parte del problema bisogna avere anche un ruolo di punta nella soluzione.
Il duo spagnolo imposta la propria pratica a partire dalla materia, che fornisce le risposte al progetto che affrontano. Il loro metodo si informa su modelli in scala reale che testano nella loro ‘fabbrica’ per essere poi trasformati in dati che danno visibilità all’idea
Esplorazioni geometriche e rigore costruttivo connotano i quattro parcheggi nel centro storico, realizzati con un sistema di lastre curve di cemento collegate tra loro che crea un percorso continuo
Un elemento di calcestruzzo a sbalzo collega i due corpi della nuova sede EDP e restituisce la vista sul Tago, mentre la piazza pubblica al centro, considerata come un monolite di calcestruzzo scavato, garantisce una massa termica energeticamente corretta
Se la scelta del calcestruzzo bianco per il Museo d’Arte Moderna è un riferimento alla tradizione modernista di Varsavia, l’ampia e complessa facciata, a pannelli di calcestruzzo, interamente sospesa e colata in loco, impiega un metodo altamente innovativo
Una casa urbana e un complesso di edilizia sociale impiegano cementi diversi: alleggerito e compattato per la prima; mescolato a pietra marès per il secondo
Ripiegato e rotante come un origami, l’edificio di calcestruzzo e vetro alterna pieni e vuoti, che lo rendono solido e leggero allo stesso tempo
Interamente costruita in calcestruzzo armato, la Unfolding house segue la topografia digradante, massimizzando vedute, privacy e uso della luce naturale
Composto da una sola stanza, il Rosa pavilion ha una duplice natura delimitata dalla copertura di cemento. Al di sotto, l’ambiente è raccolto e richiama una grotta. Al di sopra, lo sguardo è invece rivolto verso l’orizzonte, tra le nuvole. Al centro, un sottile camino riscalda l’ambiente, ma funge anche da elemento strutturale
Riducendo al minimo il suo impatto sull’ambiente, l’anatomia della Secret House, sinuosa come un serpente, si avvolge su se stessa per creare intimità e abbracciare il paesaggio circostante
Il cantiere dello skatepark per la Galleria Continua è un laboratorio, dove struttura e superficie emergono dall’interazione tra mano, attrezzi e materiale
È lunga circa 400 km. A volte alta 19 metri. Geometrie contorte. Cementate. Ostili. Un muro. È la Grande Muraglia del Giappone, una risposta radicale che protegge la costa da futuri tsunami. Al di là della sua imponente presenza, il muro incarna il rapporto storico del Paese con il mare, temuto e venerato allo stesso tempo, ma sempre portatore di distruzione: dagli tsunami alle creature mitiche, dagli Dei alle invasioni straniere. Mentre il mondo lo legge come una misura estrema, il saggio fotografico rivela come la gente del posto lo gestisce, lo accetta e si adatta alla sua presenza, mostrando la tensione tra protezione e disagio, necessità e resilienza: la vita quotidiana si svolge all’ombra di un’infrastruttura costruita per tenere a bada la natura.
Costruito in 20 anni, senza disegni tecnici, con un metodo ispirato al butoh,l’Arimasuton Building si è rivelato un sorprendente esperimento di creatività collettiva
Il cemento mescolato alle materie prime diverse provenienti da tutta la Svizzera danno vita a un’opera imponente che vuole essere un tributo alla sostanza