Domus marzo arriva in edicola e il piano dei numeri immaginati da Bjarke Ingels, Guest Editor di Domus 2025, con la direzione editoriale di Walter Mariotti comincia a definirsi. Questo mese il tema è il cemento, il paria dell’architettura che si prende la sua rivincita, come spiega Ingels nel suo editoriale che sfata moltissimi luoghi comuni.
“Inventato dagli antichi romani, che usavano ceneri vulcaniche del Vesuvio, è il materiale del grande Pantheon. Sinonimo di edilizia sociale che si trasforma in baraccopoli, noiose scatole architettoniche che sacrificano la bellezza al budget, il cemento è ornai il simbolo della responsabilità dell’edilizia nella crisi climatica, con emissioni di carbonio nel mondo dal 4 all’8 percento”.

"In realtà, il cemento è l’instancabile eroe del XX e forse anche del XXI secolo. È le nostre strade, i nostri ponti e gallerie. Le nostre fondamenta e le nostre fognature, le cantine e i locali tecnici, i muri e i pilastri”. Ingels cita la sua città natale, Copenaghen: “Anche se sembra interamente di mattoni, è fatta quasi sempre di elementi prefabbricati di calcestruzzo. L’impronta di carbonio che risulta dalla sua condizione di factotum dell’architettura l’ha reso il capro espiatorio ambientale, ma quando si è parte del problema bisogna avere anche un ruolo di punta nella soluzione”.
Nel numero di Domus marzo, tra i molti esempi di “architettura cementizia” – che ricordiamo nasce nell’Ottocento, quando un giardiniere francese si trovò a inventare il calcestruzzo armato facendo esperimenti con il tondino d’acciaio e le reti da pollaio - si presentano undici straordinari progetti che fanno una specie di giro del mondo: dal Marocco di Kristian Kerz alla Lisbona di Alejandro Aravena, da Varsavia di Thomas Phifer a Palma di Maiorca di H Arquitects, da Värmdö di Tham & Videgård Arkitekter alla Sidney di Tony Chenchow e Stephanie Littl, dal Cile di Pezo von Ellrichshausen alla Bruxelles Julien De Smedt, da Bossy Le Chatel di MBL Architectes, alla Tokio di Keisuke Oka, il cemento ci guida in una sciarada che accende la fantasia e celebra tutti gli stili, dall’essenziale al brutalismo.
Ridisegnando una visione differente, libera e poetica del calcestruzzo.
Il cemento è l’instancabile eroe del XX e forse anche del XXI secolo. È le nostre strade, i nostri ponti e gallerie. Le nostre fondamenta e le nostre fognature, le cantine e i locali tecnici, i muri e i pilastri

Nella dialettica di Domus 2025, dopo la sezione architettura arriva il portfolio di Laurian Ghiniţoiu, che questo mese è dedicato alla Grande Muraglia del Giappone, un viaggio nella costruzione di un oggetto che lascia molte domande. La sezione arte, invece, è dedicata al progetto di Katja Schenker Dreamer, realizzato a Muttenz, nella Svizzera tedesca. Infine, conclude il numero la sezione degli ossimori dedicato all’idea della “leggerezza massiccia”.
Gli autori, Antón García-Abril e Débora Mesa, i fondatori di Ensamble Studio e WoHo Lab, rovesciano un’acquisizione fondamentale: se il calcestruzzo era storicamente legato alla solidità e alla durata, ma liberava troppo carbonio, adesso che la tecnologia permette di decarbonizzarlo sarà la chiave della sostenibilità e del futuro dell’architettura.
Inventato dagli antichi romani, che usavano ceneri vulcaniche del Vesuvio, è il materiale del grande Pantheon. Sinonimo di edilizia sociale che si trasforma in baraccopoli [...] è ormai il simbolo della responsabilità dell’edilizia nella crisi climatica
Tornando indietro, nella sezione Diario, che apre come sempre Domus a cura del Direttore Editoriale Walter Mariotti, questo mese si segnalano diversi reportages, interviste e approfondimenti.
Il racconto della Biennale d’Arte di Jeddah di Antonio Armano; un dialogo tra Paolo Crepet e Valentina Petrucci sulla città ideale; le “prospettive protette” di Paul Smith; l’analisi sul carbonio di Roberto Battiston; l’eleganza di Erwan Borullec raccontata da Loredana Mascheroni; il rapporto tra alfabetizzazione e progresso di Alberto Mingardi; il design per la neurodiversità infantile analizzata da Elena Sommariva; la città come organismo vivente di Stefano Mancuso, l’incontro con Sandra Häuplik-Meusburger di Valetina Sumini; la relazione tra musei e territorio di Marco Pierini; la critica della Grande Parigi di Javier Arpa Hernandez; le ambizioni del nuovo Palazzo Molteni che Giulia Molteni ha raccontato a Walter Mariotti.

Per finire, una vera chicca: l’anteprima del film Io sono ancora qui, diretto dal regista brasiliano Walter Salles sull’omonimo memoir di Marcelo Rubens Paiva. Racconta la vicenda della propria famiglia e del padre, fatto sparire dalla dittatura militare brasiliana nel 1971. La critica di Domus, Daniela Brogi, aveva immaginato che avrebbe vinto l’Oscar e l’aveva scritto prima della cerimonia a Hollywood. Aveva ragione.