Zanele Muholi

Con oltre 60 autoritratti, l’attivista e fotografa sudafricana Zanele Muholi usa in modo ironico le convenzioni dell’immaginario etnografico, stimolando un discorso critico.

Nella sua prima personale a Londra, la fotografa sudafricana e attivista visiva Zanele Muholi (1972) presenta la serie di autoritratti Somnyama Ngonyama. Con oltre 60 fotografie Muholi usa il suo corpo come tela per affrontare le politiche razziali e la loro rappresentazione nel nostro bagaglio visivo.

<b>A sinistra:</b> Zanele Muholi, <i>Sebenzile</i>, Parktown, 2016. <b>A destra:</b> <i>Ntozakhe II</i>, Parktown, 2016. © Zanele Muholi. Courtesy Stevenson, Cape Town/Johannesburg e Yancey Richardson, New York
<b>A sinistra:</b> Zanele Muholi, <i>Somnyama Ngonyama II</i>, Oslo, 2015. <b>A destra:</b> <i>Somnyama I</i>, Paris, 2014. © Zanele Muholi. Courtesy Stevenson, Cape Town/Johannesburg e Yancey Richardson, New York
<b>A sinistra:</b> Zanele Muholi, <i>Hlonipha</i>, Cassilhaus, Chapel Hill, North Carolina, 2016. <b>A destra:</b> <i>Bona</i>, Charlottesville, 2015. © Zanele Muholi. Courtesy Stevenson, Cape Town/Johannesburg e Yancey Richardson, New York

  Somnyama Ngonyama gioca con le convenzioni della pittura classica, della fotografia di moda e delle immagini etnografiche, per riarticolare la politica identitaria contemporanea. Aumentando il contrasto sulla carnagione scura, Muholi mette in discussioni le complesse rappresentazioni della bellezza e del desiderio. Scattate in Europa, Nord America e Africa, ogni fotografia pone questioni critiche sulla giustizia sociale, sui diritti umani e sulle tanto contestate rappresentazioni del corpo nero. I ritratti psicologicamente impegnati di Muholi sono duri nella loro franchezza ed esplorano svariati archetipi e personaggi, offrendo riflessioni personali.

Zanele Muholi, Julile I, Parktown, Johannesburg, 2016. © Zanele Muholi. Courtesy Stevenson, Cape Town/Johannesburg e Yancey Richardson, New York

Spugnette e guanti in lattice sono gli strumenti per affrontare i temi della servitù domestica, alludendo alla politica sessuale, alla violenza e ai prismi soffocanti dell’identità di genere. Gli oggetti quotidiani sono trasformati in oggetti dalla forte carica storica e drammatica, unendo politica ed estetica. Le ruote di gomma, le mollette per i panni e gli occhiali protettivi richiamano forme di brutalità sociale e sfruttamento, in un vero e proprio commento alle cronache del Sudafrica. Materiali come la plastica richiamano l’attenzione sui problemi ambientali e sui rifiuti globali, mentre accessori come le conchiglie cowry e i ventagli imperlati evidenziano il fascino degli occidentali per la rappresentazione dei cliché esotici delle culture africane.

A sinistra: Zanele Muholi, Bester I, Mayotte, 2015. A destra: Nomalandi Wenda, Parktown, 2016. © Zanele Muholi. Courtesy Stevenson, Cape Town/Johannesburg e Yancey Richardson, New York