Miguel Arruda, classe 1943, si definisce nella sua attitudine di lavoro, "molto lento: lento, ma costante". Tra il diploma in scultura, conseguito nel 1968 presso l'Università di Belle Arti di Lisbona, e quello in architettura, ottenuto presso l'Università Tecnica, sempre di Lisbona, passano 21 anni, la partecipazione alla guerra portoghese contro il Monzambico, l'esperienza della Rivoluzione dei Garofani e molto altro.
Dedito in un primo tempo alla scultura, dopo un passaggio nel mondo del design, Arruda è completamente assorbito dall'attività di architetto. Progetta e costruisce per tanti anni, ma rimangono molto vive in lui la sensibilità verso l'espressione artistica e la volontà di sperimentazione.
Nel 2010, un episodio banale lo spinge a un gesto di coniugazione concreta tra scultura e architettura, che si materializza nella Scultura abitabile (vedi Domus 941). Quest'opera in sughero, installata nell'Olive Trees Garden del Centro Cultural de Belém, si sta rivelando per Arruda un laboratorio dalle innumerevoli potenzialità per i suoi studi sullo spazio, sulla forma e sulla materia. La fase più recente della sua ricerca riguarda i mobili realizzati in un composto di sughero e gomma, i cui prototipi sono ora in esposizione in Triennale, insieme a diverse sculture.
Miguel Arruda: mobili e sculture
Una conversazione con l'architetto portoghese, che presenta al DesignCafè della Triennale di Milano opere scultoree e di design.
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- Rita Capezzuto
- 08 giugno 2012
- Milan
Domus: Il lavoro che presenti in Triennale nasce da una ricerca lunga 44 anni. Puoi raccontarne la storia?
Miguel Arruda: All'origine di tutto c'è il riferimento e il confronto con due elementi basilari: la forma cubica e la forma sferica. Quest'ultima è sempre stata presente nella mia scultura, alla quale mi sono dedicato negli anni giovanili, ispirandomi alla figura femminile. Per quanto riguarda l'architettura, invece, per formazione di studio ho guardato piuttosto a quella classica, legata alle linee cartesiane. Negli ultimi anni mi sono impegnato a collegare le due forme nel mio lavoro. Ero un po' stanco di questa divisione tra le due discipline e volevo fare qualcosa di nuovo, sviluppare qualcosa che non conoscevo ancora.
Sono convinto che l'architettura contemporanea debba fare qualcosa per sviluppare l'immaginazione delle persone. L'abitazione, per esempio, vive una situazione penalizzante: è monotona, ripetitiva. Dovrebbe invece diventare uno spazio creativo, in cui le persone possano riscoprire la loro personalità. Occorre lavorare molto di più sullo spazio interno. È un dovere sociale dell'architettura.
Penso alla famosa definizione di Zevi: "Lo spazio interno, che non può essere appreso e vissuto se non per esperienza diretta, è il protagonista dell'architettura". Sempre Zevi scrisse che "l'architettura è come una grande scultura scavata, nel cui interno l'uomo penetra e cammina". Ho voluto quindi provare questa sensazione, perché solo partendo da lì potevo elaborare un progetto architettonico nuovo.
La tua era quindi un'esigenza latente che, dopo il periodo in cui ti sei occupato di design e dopo molti anni di progettazione architettonica, hai deciso di affrontare più organicamente, all'incirca due anni fa. Come hai proceduto?
Ho deciso di prendere una mia scultura del 1968 e di fare un esperimento, trasformandola in una scultura abitabile: volevo sentire che cosa succedeva al suo interno e che cosa provavo quando mi confrontavo con l'esterno. Volevo però che anche altre persone, oltre a me, ne facessero esperienza. L'ho realizzata a Lisbona nel 2010 ed è stata installata, prima temporaneamente, poi in modo permanente, nei giardini del Centro culturale di Belém.
Fin dal primo momento, quest'opera, che si colloca tra l'architettonico e l'artistico, è stata visitata da migliaia di persone. I risultati sono stati molto interessanti per me. Ho potuto riflettere su una serie di condizioni e ho trovato conferma di alcune intuizioni: prima di tutto dal punto di vista spaziale, e poi da quello formale, fino ad arrivare agli aspetti acustici e termici.
Questo viaggio di ritorno alla scultura mi ha permesso di collegare magicamente tutti i miei interessi e di guardare con occhi diversi alla mia attività futura: un viaggio indietro che mi porta avanti.
La scultura abitabile ha segnato un momento di cambiamento nel tuo lavoro. Hai quindi ripreso anche un impegno nell'ambito del design, come si vede nell'esposizione in Triennale.
I mobili che espongo in mostra partono dalla sfera, dal cubo e dal cono. Alcuni sono antropomorfici, altri più geometrici, come i divani che sto sviluppando come prototipi per la B&B.
Sei passato dalla questione formale alla questione spaziale: e quanto ai materiali?
Anche in questo, la scultura abitabile, realizzata in sughero, è stata un laboratorio. Il sughero mi è sempre piaciuto: è un materiale locale – il Portogallo ne è il primo produttore mondiale –, ha eccezionali capacità termiche e acustiche, come anche qualità tattili e sensoriali straordinarie. Si può utilizzare in forme complesse dal punto di vista tecnologico. Con tutte queste caratteristiche, ho pensato di impiegarlo nelle sedute: sgabelli, poltrone e divani. Per realizzarli, sto studiando con la ditta portoghese Amorim, leader nella produzione di sughero, un'apposita composizione con la gomma [Amorim ha fornito il sughero per il nuovo padiglione della Serpentine Gallery di Herzog & de Meuron e Ai Weiwei, appena inaugurato, ndr].
Facciamo diverse prove di elasticità, dato che sughero e gomma hanno capacità di compressione differenti: bisogna quindi variare le percentuali dei due componenti per arrivare a ottenere il composto ideale. La sperimentazione sarà molto lunga, ma ciò che ne è risultato finora è molto soddisfacente: è una materia viva, sensoriale, sulla quale si potrà lavorare anche con i colori. Oltretutto, si utilizzano scarti di lavorazione riciclabili (la gomma è la spuma impiegata all'interno dei volanti delle automobili). Non è un materiale nuovo, ma è nuova l'applicazione ai mobili. Mi piace la circolarità che si è creata tra informazione, relazione e verifica, che mi permette di collegare architettura, scultura e design.
Stai pensando a un'architettura di ricerca?
Sto costruendo una casa di vacanza nell'Algarve, che è uno sviluppo della scultura abitabile. La pianta è la stessa. Volevo confrontarmi con il reale e sono curioso di capire quale sarà la sensazione in un'abitazione vera. Non escludo comunque di continuare a lavorare all'architettura 'cartesiana': sono sempre innamorato di entrambi i viaggi, quello antropomorfico e quello geometrico.
10 maggio – 17 giugno 2012
Miguel Arruda. Scultura abitabile
Triennale di Milano
DesignCafè, ingresso libero
viale Alemagna 6, Milano