Hans Hollein a Graz

Alla Neue Galerie, un'ampia retrospettiva rende omaggio all'artista universale viennese, tracciando la complessa stratificazione della sua opera.

L'oggetto di questa mostra, allestita in occasione dell'inaugurazione del Joanneumsviertel— il quartiere museale ridisegnato da Nieto Sobejano Arquitectos e eep architekt — e contestualmente anche dei nuovi locali della Neue Galerie Graz, è l'opera dell'artista universale Hans Hollein.

Architetto, artista, designer, teorico, allestitore di mostre e docente, Hollein si è da tempo affermato ai massimi livelli sulla scena internazionale, dove vanta ampi riconoscimenti (Pritzker Prize, Reynolds Memorial Award e tanti altri): una star mondiale.

Dopo gli studi di architettura presso Clemens Holzmeister a Vienna, il suo iter formativo prosegue negli Stati Uniti (Chicago, Berkeley), dove riceve impulsi fondamentali. Accanto ai classici come Mies van der Rohe e Frank Lloyd Wright, sono soprattutto visionari del calibro di Friedrich Kiesler e Richard Buckminster Fuller a stimolare Hollein e a coinvolgerlo in un vivace scambio di pensiero, che influirà notevolmente sul prosieguo della sua attività.

L'architettura moderna fu introdotta a Vienna per opera di Otto Wagner che, insieme con personalità quali Adolf Loos e Josef Hoffmann, portò a una svolta. All'epoca, nella Vienna attorno al 1900, la tendenza era quella all'universalismo, per cui, sotto la bandiera della Modernità, si sussumevano e s'integravano arte e architettura, design e moda. Messe al bando gerarchie e categorie, si fece largo un nuovo modello integrale del mondo e della società.

Hans Hollein è uno dei personaggi centrali che, dopo il 1945, tenta di ricollegarsi alle prime avanguardie della Modernità.

In apertura: Das Goldene Kalb. Foto: N. Lackner. Sopra: vista dell'esposizione. Foto UMJ/N.Lackner
In apertura: Das Goldene Kalb. Foto: N. Lackner. Sopra: vista dell'esposizione. Foto UMJ/N.Lackner
Particolare interesse risvegliano in lui le linee trascurate dell'architettura austriaca e soprattutto il lavoro di Rudolph Schindler, che dall'esilio californiano faceva parlare di sé. Hollein studia approfonditamente la sua opera, riscoprendola per l'Austria. Se in un primo momento è l'affinità tra architettura e scultura a catturare la sua attenzione, successivamente Hollein si sposta su posizioni ben più radicali che, passo a passo, lo portano fino alla dissoluzione della materialità che culmina nel Non Physical Environment, una pillola che permette l'emergere delle più svariate forme di architettura.

<i>Mobiles Büro</i>, 1969.
Foto: Atelier Hollein
Mobiles Büro, 1969. Foto: Atelier Hollein
Per Hans Hollein l'architettura è fin dall'inizio segno, illusione, spazio, idea, cellula, capsula, rituale e opera d'arte. Cosa lui chieda all'architettura lo esprime chiaramente: "Gli architetti devono distanziarsi dall'idea che l'intervento sull'ambiente sia necessariamente legato al concetto di costruire". In tal senso, assumono un valore particolare l'immaterialità e la spiritualità. L'impressione e l'atmosfera generati da una costruzione hanno un peso decisivo e conducono a una dimensione psicologica che avrà un'importanza basilare in seno all'opera di Hollein. Questi adopera sapientemente elementi associativi e metaforici per corroborare la sua idea della dimensione emotiva dell'architettura.

Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
L'approccio narrativo adottato relativamente all'impiego e al trattamento dei materiali e delle forme stabilisce un legame tra Hollein e il postmodernismo. L'architettura postmoderna mirerà dunque a rappresentare codici visivi. Attraverso la sua costruzione, l'architetto tenta di risvegliare associazioni semantiche. D'altronde, segue egli stesso associazioni semantiche nelle fasi di progettazione e realizzazione, che prende a prestito da contesti storici o locali. Gli elementi superflui dal punto di vista funzionale vengono valorizzati: l'opera si trasforma in curiosità, favola, pezzo teatrale, commentario. A questo aspetto si aggiunge ovviamente il fatto che Hans Hollein è stato uno dei primi architetti che, sulla scia di Le Corbusier e Marshall McLuhan, hanno riconosciuto l'importanza dei mass media quali tecnologie di comunicazione e distribuzione dell'architettura. Egli quindi non si limita a stabilire analogie visive, ma fa sue le opzioni della cultura visiva di massa. Riconosce che i mass media visivi rappresentano una nuova biblioteca degli stili storici e che, contemporaneamente, vanno visti come un'espansione delle possibilità umane, e quindi anche dell'architettura, verso l'immaterialità. Hollein non mette a confronto l'architettura e i media, ma accorpa i media all'architettura.

Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
Questa mostra ambisce a tracciare la complessa stratificazione dell'opera di Hans Hollein. Nel farlo dispiega una vasta tela di rapporti e riferimenti di natura sia formale che sostanziale. L'artista, architetto, designer e allestitore non distingue, come si è detto, tra categorie e settori. Tutto lo riguarda. Una portaerei può dare l'incipit a riflessioni urbanistiche, come può ispirare il design di un servizio da caffè (Memphis design). La mostra, quindi, non tenta in primo luogo di ricostruire o seguire percorsi cronologici, ma piuttosto di mettere in evidenza riferimenti fenomenologici.

Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
Spesso, infatti, accade che nella mente di Hollein idee concepite molto prima e presenti in forma di abbozzo giochino un ruolo determinante parecchio tempo dopo. Tali sfasature temporali vengono poste in rilievo e rese trasparenti nella mostra. Partendo dal postulato del "digging and piling up" (scava e accatasta), che Hollein aveva formulato quale fondamento della sua architettura, la mostra tenta di ridisegnare i requisiti centrali fissati da Hollein e di individuarne la realizzazione nella sua opera.

Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
E così il percorso conduce dal primo progetto realizzato (il negozio di candele Retti a Vienna, 1965) agli ultimi grattacieli sorti in Perù, Giappone e Cina. Parallelelamente, s'illustra lo sviluppo artistico di Hollein dal contributo alla Biennale di Venezia del 1972 (commissario: Wilfried Skeiner, all'epoca direttore della Neue Galerie Graz) fino alla partecipazione alla Documenta di Kassel del 1977. Dalle teorizzazioni più radicali di Hollein (abitazione minimalista, Non Physical Environment), già presentate alla Neue Galerie Graz nel 1969 (trigon '69: Architektur und Freiheit, "trigon '69: architettura e libertà"), ai suoi disegni per stoviglie, mobili, gioielli e lampade, fino alle strutture museali da lui concepite come luogo di messinscena dell'arte, che, a loro volta, si ricollegano strettamente alla sua attività di allestitore (MAN transFORMS, Cooper-Hewitt Museum, New York City 1976; Sogno e realtà, Kunstlerhaus Wien 1985), la mostra alla Neue Galerie Graz presenta l'artista universale Hans Hollein in tutte le sue sfaccettature. Peter Weibel, Günther Holler-Schuster

Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
Vista dell'esposizione. Foto: UMJ/N.Lackner
In occasione della mostra è uscita la prima monografia completa sull'artista: Hans Hollein, edizioni Hatje Cantz. Nel volume sono raccolti le opere e gli scritti teorici di Hans Hollein

Hans Hollein: artista "universale"
Neue Galerie Graz, Joanneumsviertel
Fino al 09.04.2012
Curatori: Peter Weibel, Günther Holler-Schuster
Centre Européen du Volcanisme, St. Ours-Les-Roches, Auvergne (Francia). Foto: Atelier Hollein/Sina Banhiahmad
Centre Européen du Volcanisme, St. Ours-Les-Roches, Auvergne (Francia). Foto: Atelier Hollein/Sina Banhiahmad

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