La città radiosa è l’ottimistico titolo che rimanda
direttamente a Le Corbusier, nello specifico a un progetto
che nel 1935 ridisegnò l’architettura e lo spazio abitativo
in chiave razional/funzionalista per una nuova concezione
urbana, positivamente proiettata nel futuro.
Oggi, a Trieste, si rinnova questo impulso però su un
terreno opposto, di mancanza e di abbandono, colorandosi
dunque d’ironia, ma contenendo nel contempo una
potenziale spinta alla trasformazione e al recupero. Si
tratta infatti di individuare luoghi abbandonati, sia strutture
architettoniche che spazi aperti, parchi, giardini o quegli
interstizi anonimi - che Gilles Clement definirebbe “spazi
indecisi”, lacerati - di insediamenti naturali ai margini delle
costruzioni, che s’insinuano nel tessuto del territorio
urbano e soprattutto suburbano. Luoghi abbandonati,
disabitati e dismessi, in una parola deantropizzati, della
città di Trieste e della sua provincia, che con questo
progetto, vengono dapprima individuati, scandagliati,
documentati e sui quali poi s’innescano ipotesi d’intervento
creative, anche utopiche e visionarie, per il loro
riconoscimento e per un eventuale riassetto e utilizzo.
È ancora una volta il Gruppo 78, associazione culturale
triestina attestata sulla contemporaneità da oltre un
trentennio, a proporre questa indagine che s’innesta nella
Public Art e consegue al grande progetto “Public Art a
Trieste e dintorni” svoltosi tra il 2007 e il 2008 sul
territorio del capoluogo giuliano.
Fascinosi da sempre, i luoghi abbandonati, oggi suscitano
nuova attenzione ed interesse in una rilettura del territorio
urbanizzato e non. All’eccesso di pianificazione, di
organizzazione razionale, di invasivo costruire, alla
saturazione del concetto di urbanizzazione si contrappone
una ricerca e una valorizzazione dello scarto, di ciò che si
insinua tra il costruito, di ciò che rimane al margine,
lasciato da parte perchè non produttivo. Insignificanti
frammenti territoriali, di cui è intessuta ogni regione, nel
loro abbandono garantiscono diversità biologiche,
altrimenti schiacciate dal cemento. Gli Stalker, ad
esempio, attestati su questo fronte, parlano di “territori
attuali” che costituiscono il negativo della città costruita,
“luoghi del divenire inconscio dei sistemi urbani” dove
attuale significa “diventare altro” in proiezione futura.
Luoghi della trasformazione dunque, con ipotesi di
ridefinizione e di rinascita tra gli anfratti di una natura non
costretta, spesso intrecciata in imprevedibili rapporti con
residui strutturali deantropizzati. Raccontare dunque la
città in ombra che pulsa attorno e dentro a quella
costruita, che chiede attenzione ed interventi diversamente
pianificati, per rinascere a nuova vita contestualizzandosi
con la città della luce, quella riconosciuta e praticata.
Auspica perciò un’idonea progettualià che non la distrugga
per continuare ad alimentare la linfa che contiene.
Contrappunto compensatorio e necessario per una città più
viva e vivibile dove lo spontaneo possa essere accolto e
utilmente praticato col già costruito. Potrebbe diventare
così una “Città radiosa” non solo emblematica, ma radicata
nella realtà del quotidiano.
Trieste, Casa
Rosa, Parco di San Giovanni, Ex Ospedale Psichiatrico
4.12.09 | 18.12.09, opening ore 18.30
Trieste, Stazione Rogers, Riva Grumula 14
4.12.09 | 18.12.09, opening ore 20.30
La città radiosa, arte pubblica a Trieste
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- Elena Sommariva
- 04 dicembre 2009