In programma fino al 24 novembre 2019 - presso la Vitra Design Museum Gallery - la mostra Better Nature è la prima retrospettiva sul lavoro della designer e artista britannica Alexandra Daisy Ginsberg ed esamina come la biologia sintetica stia rispondendo alla missione auto-assegnata dell'uomo di rendere il mondo un posto “migliore”.
Si può migliorare la natura?
Con Better Nature, Alexandra Daisy Ginsberg e il Vitra Design Museum guardano al legame tra biologia sintetica e design
© Alexandra Daisy Ginsberg - Courtesy Vitra Design Museum
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- Laura Drouet & Olivier Lacrouts
- 27 giugno 2019

Introdotta all’argomento nel 2008, quando studiava al Royal College of Arts di Londra, Ginsberg rimase affascinata da questa nuova disciplina. “Ero curiosa: se gli ingegneri ora ‘progettavano’, volevo capire come avremmo ‘progettato’ la natura, come avremmo riconosciuto un buon design, chi lo avrebbe definito, e cosa avrebbero fatto i designer nel prossimo futuro”, spiega. Negli ultimi dieci anni, Ginsberg ha studiato le questioni politiche, etiche, economiche e tecnologiche sollevate dalla biologia sintetica, ha collaborato con biologi, ha tenuto conferenze in tutto il mondo e, nel 2014, ha anche pubblicato un libro dal titolo “Synthetic Aesthetics” (Ed. The MIT Press). Mentre alcuni dei suoi progetti sono già stati presentati in mostre presso istituzioni internazionali come il Centre Pompidou di Parigi (La Fabrique du Vivant, 2019), la Triennale di Milano (Broken Nature: Design Takes on Human Survival, 2019) e la Cooper Hewitt di New York (Nature—Cooper Hewitt Design Triennial, 2019), nessun museo aveva ancora esposto una panoramica esaustiva del suo lavoro.
“La Vitra Design Museum Gallery è uno spazio in cui spesso offriamo una piattaforma ad artisti emergenti o a metà carriera”, spiega Viviane Stappmanns, la curatrice del Vitra Design Museum che si è occupata della mostra. “Gli artisti che presentiamo sono interessanti per noi perché si occupano di questioni che riteniamo urgenti; il legame tra design e biologia è una di queste. Dopo quasi un secolo in cui il design si era, in larga misura, concentrato sulle possibilità dei materiali tradizionali e sull’economia, la forma e la bellezza, negli ultimi anni la digitalizzazione ha spostato l’attenzione dagli oggetti fisici alla tecnologia, ai processi e alle interazioni. Ora, abbiamo la sensazione che sia in atto un ulteriore cambiamento, uno che riguarda la natura: molti designer si concentrano sulla creazione di materiali più sostenibili grazie all'aiuto della biotecnologia o studiano le possibilità che il design ci offre di correggere o riconsiderare alcuni dei danni che abbiamo fatto”, continua Stappmanns.
“Fin dall'inizio, mi sono interessata alla distinzione che gli umani creano artificialmente tra naturale e non naturale e alle tassonomie che inventiamo e apponiamo sul mondo attorno a noi per dargli un senso", sottolinea Ginsberg. Basata sulla ricerca che l’artista ha sviluppato nell'ambito del suo dottorato di ricerca - in cui s’interrogava sull'idea di “migliore” - la mostra del Vitra Design Museum presenta “quattro progetti realizzati tra il 2009 e il 2015 incentrati sui sogni di alcuni biologi sintetici di migliorare noi umani e la natura che ci circonda”, spiega Ginsberg. “La civiltà occidentale”, continua, “sembra avere un'ossessione per l’idea di rendere il mondo un posto ‘migliore’. Fin dall'Illuminismo, il concetto è legato all'avanzamento della conoscenza umana come strumento per progredire ed emanciparci sempre più dal mondo naturale. In natura, l’idea di “migliore” - ammesso che esista - coincide con la necessità di sopravvivenza. È quindi diverso dal concetto umano, che è condizionato da valori e scelte a priori”.
Ambientata in una scenografia che attinge agli elementi caratteristici dei musei di storia naturale, la mostra presenta anche l'ultimo progetto di Ginsberg, The Wilding of Mars, che segna un cambiamento nel suo approccio e “guarda più in generale al nostro rapporto con la natura e la tecnologia, pensando a ciò che è meglio per la natura ed esaminando le scelte che facciamo”. Mostrato per la prima volta, The Wilding of Mars esprime “un modo radicalmente diverso di chiedersi cosa sia ‘migliore’”. Come spiega l’artista: “mentre alcuni umani sognano di colonizzare Marte, la retorica usata più spesso è che si tratti di un pianeta di riserva, un luogo dove fuggire e dove gli umani potranno essere migliori, emancipandosi dalla Terra. Per esporre l’argomento, abbiamo creato una simulazione di colonizzazione di Marte. La colonizzazione però esclude gli umani e avviene solo a opera di una vegetazione selvaggia. Mentre osservano il trascorrere di un milione di anni nell’arco di un’ora, i visitatori assistono quindi a una colonizzazione che dà vita a una natura diversa invece che ‘migliore’”. Poiché il concetto di “migliore” sta nell’occhio di chi guarda, l’installazione presenta due simulazioni che scorrono in parallelo, suggerendo che “nessun risultato è scontato”.
© Alexandra Daisy Ginsberg - Courtesy Vitra Design Museum
© Alexandra Daisy Ginsberg - Courtesy Vitra Design Museum
© Alexandra Daisy Ginsberg - Courtesy Vitra Design Museum