Si è svolta la settimana scorsa la nona edizione del London Design Festival, con circa trecento eventi sparsi per tutta la città e, come sempre, gli organizzatori hanno puntato sulle installazioni, incaricando nuovi architetti e designer di creare spettacoli per l'occasione. La cattedrale di St Paul ha ospitato il pezzo forte dell'architetto minimalista John Pawson che, con l'aiuto di alcuni specchi ben collocati, ha aperto nuove prospettive sulla scala elicoidale, la Geometric Staircase, che di solito passa inosservata. Al Victoria & Albert Museum, centro ufficiale della settimana del London Design Festival, i fratelli Bouroullec hanno decorato la Galleria di Raffaello con il Textile Field, grande tappeto sollevato da terra lungo trenta metri, che ha fatto da graditissimo divano agli esausti pellegrini del design. In un'altra sezione del museo il gallerista Murray Moss ha commissionato otto opere stampate a laser, ciascuna con un'allusione ironica a un sito o a un artefatto tra quelli presenti. Perciò sia che i visitatori stessero esplorando lo spazio da nuove posizioni, sia che stessero decifrando il rapporto tra un oggetto decorato e la sua collocazione, l'accento cadeva sulla novità della prospettiva.
Ma per trovare delle prospettive veramente estreme e provocatorie bisognava lasciarsi alle spalle l'istituzione: in realtà bastava andare solo in fondo alla via. Qui, una miriade di mostre satellite autopromosse era disseminata in ogni angolo e in ogni buco libero del quartiere di Brompton. Grazie alla società immobiliare South Kensington Estate (che affitta i suoi spazi per la durata del festival), i designer hanno allestito mostre realizzate con cura. Da Multiplicity si è visto come cinque studi cittadini stiano beneficiando di nuove piattaforme online, che consentono loro di produrre con strumenti come il controllo numerico computerizzato (CNC, Computer Numeric Control) il taglio laser e le stampanti tridimensionali. Spiccavano le tende alla veneziana di Alon Meron: una era ritagliata affettando una trave, l'altra ne copiava la forma e la inseriva in una macchina utensile CNC. Il risultato appariva naturale, ma pesantemente elaborato: sapeva di plastica. "È legno naturale o artificiale?", chiede Meron.
London Design Festival 2011
Una selezione dei migliori lavori ed eventi visti alla settimana del design londinese.
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- Anna Bates
- 28 settembre 2011
- Londra
Dietro l'angolo, un gruppo di designer si aggirava tra le limitate risorse produttive della città con un atteggiamento più letterario. Con il titolo di Vera, Chapter One (Vera, Capitolo primo), la mostra ha presentato una collezione di pezzi interdisciplinari ispirati a una foto femminile scovata a Brighton in un negozio di oggetti di seconda mano. Intorno alla foto, i designer hanno intessuto un personaggio e gli hanno dato vita, immaginando la sua carta da parati o progettando oggetti d'arredamento in base alle sue passioni; come gli scaffali di Tomás Alonso, che prendono a prestito le tecniche della selleria ippica. Concetto espositivo affascinante.
Ma a dimostrare che cosa possono fare i designer della città con i materiali e le apparecchiature giuste a portata di mano, è stato il collettivo londinese Okay Studio. I designer verso Pasqua avevano ottenuto l'accesso al sito del produttore olandese Arco e, come risultato, hanno realizzato alcuni prodotti rifiniti nei particolari. L'unico indizio che siano stati realizzati dopo l'orario di lavoro è il numero dei componenti animati, meccanizzati, come i brillanti Autoboxes di Andrew Haythornwaite: l'incubo di ogni produttore di auto. Nel complesso, i vari spazi dimostrano che se i siti sono accessibili, i designer londinesi possiedono tutte le risorse e le idee per mettere insieme grandi mostre: basta immaginare che il festival cambi punto di vista e diffonda questo modello per tutta la città.
Ma a dimostrare che cosa possono fare i designer della città con i materiali e le apparecchiature giuste a portata di mano, è stato il collettivo londinese Okay Studio.
Spostandoci verso il centro città, l'appuntamento di Design Junction ha fatto il suo debutto londinese, attirando un folto pubblico molto specializzato a vedere prodotti di marchi locali e internazionali. Contributo importante, oggi che 100% Design – la fiera commerciale da cui tutto ha avuto inizio – sta perdendo fascino. In questa parte della città, siamo stati contenti di vedere che la galleria Libby Sellers ha trovato una sede permanente, segnando un momento importante per il design concettuale e progressista. In mostra, con il debutto di un'esposizione dedicata alla loro tesi di laurea, c'erano anche nuovi lavori del duo italiano Formafantasma: una serie di coperte che analizzano i complessi rapporti tra l'Italia e le sue ex colonie africane.
Nella parte orientale di Londra – il quartiere del design più all'online avanguardia – Dominic Wilcox ha presentato nello spazio online della rivista di design Dezeen la proposta maggiormente legata al tempo di tutto il festival: uno spiritoso orologio che raffigura un ladro con un televisore tra le braccia che, inseguito da un poliziotto, fugge ticchettando sulla lancetta dei minuti. In fondo alla strada, al Goopher Hole, la nuova galleria della East London, un ciclo di conferenze ha portato alla ribalta i migliori progetti elaborati quest'anno da giovani architetti e designer. Molti hanno lavorato in modo interdisciplinare – insieme con scienziati, ingegneri e perfino danzatori – per realizzare lavori e usarli come strumento di dibattito critico. Liam Young del laboratorio di idee futuribili Tomorrow's Thoughts Today ha presentato la nuova, ingegneristica natura del prossimo futuro, popolata di creature progettate.
In conclusione, il design è stato collettivamente presentato come strumento critico, nel ciclo dei Breakfast Talks del London Design Festival è stato sottolineato il suo ruolo nel sostenere la rinascita economica britannica e anche all'Helen Hamlyn Centre del Royal College of Art il design è stato celebrato come uno strumento per il miglioramento dei servizi. Non c'è modo di dare una sintesi corretta del design che si vede a Londra, ma ora che i professionisti usano il festival per presentare le loro idee si ha un'idea davvero significativa di quanto elastico sia il termine design in questa città. Le idee ci sono, tutto quello di cui questo festival ha bisogno è spazio per le mostre dei suoi designer. Anna Bates