Poco tempo fa mi trovavo nel centro di Carlisle,
una cittadina del nord ovest dell'Inghilterra,
alle 7 del mattino. La piazza era deserta, c'erano
solo un grande camion e il suo autista che stava
scaricando generi alimentari in un negozio.
Un incredibile rumore proveniva dal frigorifero
del camion. Era così forte che quando qualcuno
mi ha chiamato sul cellulare non riuscivo a
sentire una parola. Mi sono rifugiato nel bar
della stazione, ma la situazione non è migliorata
granché: c'erano due grandi distributori di
bibite fredde così rumorosi che il commesso ha
dovuto urlare per dirmi quanto costava il caffè.
Quel rumore, che equivale a energia sprecata,
per me era il chiaro segnale di allarme che
i sistemi alimentari mondiali stavano entrando
in crisi. Mentre scrivo, ci sono scaffali vuoti
a Caracas, rivolte per il cibo nel Bengala
Occidentale e in Messico ed emergenze
alimentari in Giamaica, Nepal, Filippine
e Africa sub-sahariana. I prezzi globali dei
generi alimentari sono aumentati del 75%
dal 2000 e l'aumento dei listini dei prodotti
primari ha costretto alcuni governi a tenere
sotto controllo il prezzo di pane, mais,
riso e latticini. Secondo l'Organizzazione
delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e
l'Agricoltura, le riserve globali alimentari
hanno toccato il livello più basso degli ultimi
25 anni (vedi: https://www.energybulletin.
net/36686.html).
Tutto questo trapela poco dai principali
mezzi di informazione nei Paesi del Nord, dove i
ricchi sono stati gli ultimi a essere colpiti. Nei
Paesi più industrializzati i costi alimentari
rappresentano il 10% della spesa familiare,
contro il 30% della Cina. Nell'Africa subsahariana
il 60% del reddito familiare viene
speso in cibo: la crisi è già acuta.
Molte civiltà, dai Sumeri ai Maya, hanno
vacillato quando l'entità e la complessità della
produzione alimentare resero i guadagni sempre
più magri. Nelle fattorie americane dei primi
dell'Ottocento, il rapporto fra le calorie bruciate
e quelle prodotte sotto forma di cibo era
abbastanza equilibrato; oggigiorno ci
vogliono sedici calorie per produrre una caloria
di carne e l'impatto ecologico di una città
moderna può dipendere fino al 40% dai suoi
sistemi alimentari.
La maggior parte dei prodotti alimentari
lavorati è confezionata e la fabbricazione
della confezione (acciaio, alluminio, plastica)
rappresenta il 70-80% delle emissioni
globali dell'industria alimentare. Una volta
confezionato, il prodotto viene in genere acquistato
nei supermercati che consumano elettricità
per conservarlo, soprattutto in banchi frigo aperti. Anche i negozi di alimentari
fanno un consumo dissennato di energia, sette
volte maggiore rispetto a quello di un normale
uf?cio. Nei negozi alimentari più grandi, un
quarto dell'energia viene consumata dall'illuminazione
che serve a conferire al cibo un
bell'aspetto e non a renderlo buono, mentre il
resto è impiegato in buona parte per la
refrigerazione. Nei Paesi sviluppati, più del
50% del cibo viene venduto surgelato. Un
banco frigo costa al negoziante 20.000 € l'anno
solo di energia, senza calcolare la cosiddetta
embergy (NdR = embodied energy, ovvero l'energia
incorporata) consumata in ogni fase
di lavorazione del prodotto.
Quando il cibo viene immesso nell'economia
formale e industrializzato, i costi indiretti
salgono alle stelle. Una dieta povera e l'inattività
fisica rappresentano il 35% (e il dato è in
aumento) delle cause evitabili di morte
negli Stati Uniti; i soli costi dell'obesità
rappresentano il 10% della spesa sanitaria complessiva.
In Europa i consumatori "mordi
e fuggi" probabilmente non si rendono conto
che i panini che mangiano contengono la stessa
quantità di sale di sette sacchetti di patatine
(si veda: https://news.bbc.co.uk/2/hi/health/
6266164.stm). Ma il cibo lavorato non
ci ostruisce solo le arterie. Due geogra?, Simon
Marvin e Will Medd, hanno scoperto che i
depositi di grassi degli scarichi domestici e dei
fast food provocano un aumento di intasamenti
fognari e tracimazioni nelle città americane.
Le città diventano grasse, dicono gli esperti,
perché i ristoranti e le catene di fast food
riversano i grassi della cucina negli scarichi e
i governi locali non dispongono delle risorse
per controllarne lo smaltimento o applicare
le regolamentazioni del caso (vedi: https://www.surf.salford.ac.uk/Events/UrbanVulnerability
Abstracts.htm).
John Thackara
Food
La crisi del sistema alimentare. Testo di John Thackara.
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- 22 gennaio 2009
- Carlisle