Forare è comunicare. Steven Holl / Horm

da Domus 891 aprile 2006Forse Steven Holl ha lavorato con il computer per ottenere questo oggetto-scultura, questo mobile assemblato. Ma, vedendolo, non si può fare a meno di pensare all’attività di taglio, alla perforazione, al modo con cui sono stati creati i pannelli di legno. Geometrie frattali a parte, il mondo dell’intaglio è un mondo dei vuoti e dei pieni, un mondo metafisico prima ancora che fisico, che ci aiuta a pensare in modo più incerto, e dunque più profondo, le scatole di legno dove riponiamo ogni giorno le nostre ‘cose’. Fotografia di Paolo Rosselli.

Sino a qualche decennio fa l’arte del traforo faceva parte dell’educazione dei ragazzi. “Applicazioni tecniche” si chiamava in Italia la materia scolastica che insegnava ai maschietti a incidere il linoleum e a intagliare il legno (alle femminucce taglio, cucito e uncinetto). Forse Steven Holl ha lavorato con il computer per ottenere questo oggetto-scultura, questo mobile assemblato. Ma, vedendolo, non si può fare a meno di pensare all’attività di taglio, alla perforazione, al modo con cui sono stati creati i pannelli di legno. Geometrie frattali a parte, il mondo dell’intaglio è un mondo dei vuoti e dei pieni, un mondo metafisico prima ancora che fisico, che ci aiuta a pensare in modo più incerto, e dunque più profondo, le scatole di legno dove riponiamo ogni giorno le nostre ‘cose’. Fotografia di Paolo Rosselli. A cura di Rita Capezzuto.

Se Steven Holl vuole lavorare sull’accidente – su tutto ciò che ha a che fare con la materia architettonica e che può ‘turbarla’, cambiarne la percezione, senza modificarne l’essenza – lo fa, tanto che si tratti di un edificio gigantesco, quanto del più minuto degli oggetti. In un piccolo mobile sperimenta le proprietà fenomenologiche della luce – naturale e artificiale –, con la stessa convinzione con cui da anni ragiona sulla dissolvenza dei volumi delle sue costruzioni. Si concede in questo caso un grado di libertà in più: la possibilità di posizionare il manufatto sia in verticale che in orizzontale, moltiplicando così le variabili dell’esperienza spaziale dell’osservatore. Nell’aprile del 2005, a Milano, nella mostra “Entrez lentement”, ideata da Pierluigi Nicolin, otto architetti contemporanei erano stati invitati a rendere omaggio ad altrettanti maestri del passato. Steven Holl, in affinità elettiva con Alvar Aalto (in particolare, con villa Mairea), aveva creato un’installazione dal titolo Dalla porosità alla fusione: una serie di alti totem di forma irregolare, con superfici microforate secondo disegni diversi, richiamava il visitatore a perdersi tra proiezioni di ombre, tra luci filtrate attraverso le grate delle sottili membrane, tra lievi aggetti o rientranze dei volumi. Era un laboratorio di prova per riflettere sulla smaterializzazione in un ambiente chiuso, con valenze diverse da un edificio en plein air. Con un ulteriore scarto di scala, Holl miniaturizza nel mobile la sua ricerca. R.C. 


Il modello. Il mobile è composto da cinque moduli, legati da un nastro metallico senza cerniere. Ogni modulo è ottenuto da un foglio di legno, spesso 2,5 mm, sagomato e tagliato al laser, e poi piegato
Il modello. Il mobile è composto da cinque moduli, legati da un nastro metallico senza cerniere. Ogni modulo è ottenuto da un foglio di legno, spesso 2,5 mm, sagomato e tagliato al laser, e poi piegato
Schizzi di studio
Schizzi di studio
Prospetti del mobile
Prospetti del mobile
L’installazione di Steven Holl Dalla porosità alla fusione, nella mostra “Entrez lentement”, a cura di Pierluigi Nicolin, Milano, aprile 2005
L’installazione di Steven Holl Dalla porosità alla fusione, nella mostra “Entrez lentement”, a cura di Pierluigi Nicolin, Milano, aprile 2005

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