Il realissimo Sogno cinese delle foto di Ruben Lundgren

Con Real Dreams, il fotografo olandese ci fa entrare dietro le quinte di un paese sempre più difficile (e divertente) da descrivere.

Un barman robot pronto a miscelare cocktail a ripetizione; un asciugatore per animali totalmente automatico; un videoreporter che usa sei devices contemporaneamente; un gruppo di giornalisti stranieri sotto lo sguardo perplesso di un commerciante locale; una fila di nasi di maiale cotti e pronti per il consumo. Sono solo alcune delle tante curiosità che il fotografo olandese Ruben Lundgren ha messo al centro di Real Dreams (Idea Books, 2021), il divertente e lucidissimo resoconto dei suoi sei anni di lavoro in Cina su commissione di De Volkskrant e altri giornali europei.

Se dal punto di vista della grafica e dell’editing il libro è un vero piacere da sfogliare, con una cover dorata che richiama quella di un immaginario quotidiano e le tante pagine fold–out che svelano rapporti di senso sorprendenti attraverso accostamenti arditi, a colpire dopo un’analisi più attenta è proprio il contenuto (e quindi il significato, a volte solo suggerito, altre sfuggente) delle singole “news”.

La cover del libro Real Dreams, di Ruben Lundgren, distribuito da Idea Books

Pur essendo un lavoro realizzato in sei anni di viaggi attraverso la Cina, Real Dreams sembra un concentrato della realtà globale. In cosa la Cina e il resto del mondo si somigliano o si influenzano a vicenda?
Il libro inizia con una citazione in cui lo scrittore J.R. Chitty spiega che la Cina, dal punto di vista della mente occidentale, è soffocata dalle più “ridicole incongruenze” che devono essere assimilate prima che ci si possa avvicinare alla comprensione del paese. Ho trovato questa idea affascinante, soprattutto perché è stata scritta più di cento anni fa. Alcune cose non sono cambiate. Penso però che sia sempre più urgente che entrambi i mondi si comprendano meglio, e soprattutto per quanto riguarda la conoscenza della Cina in Occidente c’è un margine di miglioramento. Quest’obbiettivo è diventato piuttosto centrale nei miei lavori recenti, tra cui Real Dreams. Dietro la serie di curiosità offerte dal libro, si celano spesso riflessioni stratificate sulla società cinese contemporanea.

Vivi a Pechino da quasi quindici anni.
Penso che il principale ostacolo nel guardare la Cina dalla prospettiva di uno straniero sia che si viene facilmente sviati dal vedervi proiettato un riflesso dei propri problemi. Ragionare adottando un modo cinese di vedere le cose sarebbe invece più difficile. Nel mio lavoro cerco di non adottare una prospettiva troppo ampia, perché il rischio è di annegarci dentro; tendo invece a riversare organicamente nella fotografia concetti che iniziano poi a vivere di vita propria. Il libro Real Dreams, per esempio, è iniziato semplicemente perché un giornale olandese mi ha chiesto di fare delle fotografie. Non ho una formazione da fotogiornalista, ma mi piaceva molto il lavoro e il pretesto che mi dava per parlare di attualità con la gente in tutto il paese. Li ho usati per raggiungere un numero di immagini abbastanza grande da farne un libro.

Sempre a Pechino, ti sei diplomato alla Central Academy of Fine Arts. Quali sono gli standard dell’istruzione artistica in Cina? 
Dopo la mia laurea in fotografia alla Utrecht School of the Arts ho pensato di fare un Master of Arts fuori dai Paesi Bassi. Avevo poco più di vent'anni e ho seguito il mio istinto. Alcuni degli amici che mi ero fatto a Pechino frequentavano la Central Academy of Fine Arts, e quando uno di loro se n’è venuto fuori con l’idea che mi iscrivessi anch’io la cosa mi ha intrigato. Avevo la sensazione di saltare in una piscina senza saper nuotare e la cosa mi piaceva. Supponevo che in questo modo avrei imparato molte cose in poco tempo. Non solo nei corsi di fotografia, ma anche nella struttura stessa della scuola, imparando la lingua e facendomi altri amici. Per me gli standard dell'educazione artistica non sono mai stati davvero un criterio di scelta, credo che gran parte della qualità dell'educazione non risieda in ciò che offre una scuola ma in quel che tu stesso ne ricavi. Il CAFA è un'università molto famosa in Cina e sono stato fortunato a essere poi preso come studente al master del mio insegnante di fotografia, Miao Xiaochun. È difficile dire cosa avrei potuto imparare in Europa, ma ripensando alla decisione di studiare qui penso che sia stata quella giusta.

Il principale ostacolo nel guardare la Cina dalla prospettiva di uno straniero sia che si viene facilmente sviati dal vedervi proiettato un riflesso dei propri problemi.

Sei stato parte del duo WassinkLundgren, ma il tuo socio vive a Londra. Ci sono una forza o un vantaggio particolari in questo dialogo a distanza?
Ho collaborato con Thijs groot Wassinkfino al 2017. Quando il mio interesse per i progetti legati alla Cina è cresciuto e lui si è dato all'insegnamento, ci siamo separati professionalmente, ma siamo ancora in contatto. La distanza non è mai stata un problema, anche all'inizio, prima di Facetime e simili, siamo sempre stati in grado di comunicare al meglio. Poi viaggiavamo spesso a vicenda tra qui e lì. Il grande vantaggio di lavorare insieme è che ci si può aiutare l’un l’altro ad affinare le proprie idee e, in questo modo, sviluppare concetti più forti. In questo senso mi manca parlare con Thijs. Negli ultimi anni comunque ho costruito un sacco di collaborazioni temporanee con curatori, fotografi, designer, direttori di musei eccetera, che in qualche modo sostituiscono quel tipo di rapporto.

Hai lavorato con Martin Parr a The Chinese Photobook. C’è una “via cinese” al libro? E che tipo di approccio possono trarne i fotografi, i grafici e gli editori del resto del mondo?
Sì, ho lavorato con Martin a The Chinese Photobook per circa otto anni, e sono ancora molto orgoglioso del risultato. È una visione della storia cinese dal 1900 ad oggi attraverso il libro fotografico. Poiché segue lo svolgersi della storia cinese, c'è ovviamente tanta propaganda, ma anche una panoramica dell'editoria fotografica contemporanea. Abbiamo prestato però attenzione anche ai libri pubblicati prima del 1949 sia da autori cinesi che stranieri. Un esempio è la fotografa Ellen Thorbecke, che ha lavorato in Cina negli anni ‘30. Ha fatto un bellissimo libro su Pechino intitolato Peking Studies. Negli ultimi anni ho approfondito le ricerche sulle sue opere e ho pubblicato la monografia Ellen Thorbecke: From Peking to Paris con l'aiuto del Nederlands Fotomuseum di Rotterdam.
Non sono sicuro di poter definire una "via cinese" al libro, anche se naturalmente il libro non potrebbe essere stato realizzato senza l'aiuto di tanti editori, fotografi e scrittori cinesi come Gu Zheng e Stephanie Tung. Penso che per ogni fotografo, grafico o editore interessato alla Cina sia sicuramente utile studiare quale sia la tradizione in cui queste opere sono state realizzate. Se si guarda per esempio alla grande fotografia artistica cinese degli anni '30 si scopre che ha molti parallelismi con la scena fotografica cinese contemporanea, e per me questo è molto affascinante.

Sei anche curatore, con mostre come “Anything That Walks”, andata in scena al festival di Arles nel 2018, e la fortunata “China Imagined”, del 2020. Cosa ha da dirci la fotografia cinese contemporanea?
La fotografia cinese di cui mi occupo come curatore può essere grosso modo suddivisa in due parti: vernacolare e contemporanea. Sono un grande fan della fotografia vernacolare perché manca di pretenziosità e allo stesso tempo può essere estremamente significativa, divertente e riconoscibile. Ritengo che un ottimo esempio di mostra di fotografia contemporanea sia infatti China Imagined, che ho curato l'anno scorso per BredaPhoto in collaborazione con He Yining. È un esempio di una delle collaborazioni temporanee di cui parlavo poc'anzi e in cui mi sono trovato davvero bene. Io e Yining siamo un'ottima accoppiata, perché non abbiamo paura di metterci in discussione a vicenda e di ragionare in modo visivo invece che in una dimensione teorica. In mostra c’erano circa 20 fotografi contemporanei e naturalmente una grande selezione di libri fotografici cinesi che raccontano storie molto diverse tra loro. È difficile indicare delle tendenze, l'unica cosa che ho notato negli ultimi anni è stato il picco senza precedenti delle fiere del libro. Le edizioni di ABC a Pechino e Shanghai sono estremamente popolari. Tenete d'occhio Hua Weicheng, Xu Xiaoxiao ma anche nomi più affermati come Pixy Liao, Feng Li, Chen Zhe, Zhang Kechun, Thomas Sauvin e l'editore Jiazazhi.

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