Democrazia. La parola deriva dal greco antico: “demos”, popolo, e “kratos”, potere. Un concetto semplice, ma dirompente: il potere non è nelle mani di un tiranno o di un’oligarca, ma del popolo stesso.
Atene, V secolo a.C.. La città brulica di vita: il sole illumina l’Acropoli, il porto pullula di mercanti e le strade risuonano del vociare del popolo. In questa culla della civiltà occidentale, sta nascendo un’idea rivoluzionaria: la democrazia. Tutti i cittadini maschi adulti avevano il diritto di partecipare all’Assemblea, il cuore pulsante della vita politica. Qui si discuteva, si deliberava e si votava sulle leggi, sulla guerra e sulla pace.
Non era una democrazia perfetta. Le donne, gli schiavi e i meteci, gli stranieri residenti, erano esclusi dalla partecipazione politica. Eppure, per l’epoca, era un sistema rivoluzionario.
La democrazia ateniese non durò a lungo. Fu soppiantata da oligarchie e tirannie, ma l’idea sopravvisse. Attraversò i secoli, si diffuse in tutto il mondo e si arricchì di nuovi significati.
Oggi, la democrazia è la forma di governo più diffusa al mondo, un ethos che permea la società, un mosaico di valori: uguaglianza, partecipazione, giustizia, rispetto.
È di questi giorni la notizia del quinto mandato per il leader russo Vladimir Putin, che ha consolidato il proprio potere eliminando o ostruendo la corsa dei concorrenti politici più temibili.
In un contesto di vuoto competitivo elettorale, in cui il comunista Nikolai Kharitonov si è classificato secondo con il 4,3% dei voti, e con l’assenza di missioni internazionali di monitoraggio del processo elettorale, il presidente Putin ha reclamato la vittoria come un segno unanime di sostegno da parte della popolazione alla sua presidenza nonché alla guerra d’invasione dell’Ucraina, iniziata poco più di due anni fa. Elezioni presidenziali non libere e viziate, senza dimenticare il tragico evento dell’assassinio del leader dell’opposizione Alexei Navalny, avvenuto in una prigione nell’Artico il 16 febbraio scorso.
Hogarth poteva permettersi di satirizzare il potere con una ferocia inaudita. Mentre oggi, in alcuni paesi, la libertà intellettuale dei giornalisti è spesso minacciata.
William Hogarth, maestro inglese del XVIII secolo, dipinge una serie di opere che chiama The Humours of an Election. Con questa serie di quattro dipinti a olio, narra vividamente il panorama politico dell’Oxfordshire nel 1754 e ne descrive il sistema democratico.
Hogarth, con una maestria senza pari, cattura l’essenza stessa della corruzione radicata che permeava le elezioni parlamentari di quell’epoca, offrendo uno sguardo senza veli sull’abisso moralmente contorto della politica del tempo.
Londra, 1755. La campagna elettorale infuria nella cittadina immaginaria di Guzzledown. Due schieramenti si contendono il voto: il “Nuovo Interesse”, liberale, e il “Vecchio Interesse”, conservatore. William Hogarth, con la sua pungente ironia, immortala in quattro dipinti le scene grottesche e caotiche di questa contesa politica.
Nel primo dipinto, Il banchetto, i candidati del “Nuovo Interesse” si abbuffano in una locanda. Il più giovane, subisce il bacio dell’ostessa mentre una bambina gli ruba l’anello. Sulla bandiera sventolante, orgogliosamente campeggia il motto “Liberty and Loyalty”. Il candidato più anziano è molestato da un ubriaco dall’aspetto burbero e da un modesto ciabattino. Questo insolito trio evoca le figure degli apostoli: Giuda, Pietro e Giovanni, come dipinti nel Cenacolo. Altrove, un altro ubriaco solleva il suo bicchiere in un brindisi alla bandiera, mentre sua moglie accetta un dono e un biglietto d’amore da parte di un ufficiale, nel mezzo del turbinio politico.
A sinistra dell’opera un uomo corpulento in abito talare cattura l’attenzione, mentre l’orchestra, composta da una anziana violinista cieca, un suonatore di cornamusa, un contrabbassista e un violinista, intrattengono i buffi personaggi. Attraverso la finestra s’ intravede il tumulto del partito avversario, con uno striscione inneggiante al matrimonio e alla procreazione, ma un fervente sostenitore del “Nuovo Interesse” ribalta il contenuto di un vaso notturno, simbolo della sua determinazione nella lotta politica. Sulla parete, in alto, il ritratto vandalizzato di Guglielmo III testimonia il rispetto di Hogarth per il buon governo.
Nella scena principale, a sinistra, il quacchero si prepara a distribuire doni alle signore mentre legge un biglietto contenente una promessa di pagamento. Nel frattempo, un giovane ragazzo si occupa della preparazione di un gigantesco ponce.
I sostenitori del “Vecchio Interesse” non si lasciano sfuggire l’occasione per esprimere il loro dissenso. L’aria si fa densa di tensione quando i mattoni iniziano a volare dalla finestra, interrompendo persino le operazioni più cruciali. Il segretario, intento a contare e separare i voti sicuri da quelli incerti, viene colto di sorpresa da un mattone in volo, mentre il sindaco, probabilmente ghiotto di ostriche, viene soccorso da un barbiere mentre sviene. Nel frattempo, sul lato destro, un agitato sostenitore offre denaro a un sarto metodista, nonostante le proteste della sua famiglia.
Una cronaca cruenta di un sistema politico marcescente, avvolto nell’ombra della corruzione e dell’intimidazione, un triste epilogo prima dell’avvento del Great Reform Act.
Le opere di Hogarth non si fermano a un mero documento storico. Attraverso la sua pennellata incisiva e la sua capacità di narrare visivamente, il maestro inglese solleva un profondo interrogativo sull’essenza stessa del potere e della democrazia, sfidando gli spettatori a riflettere sulle dinamiche politiche.
Chairing the Member, l’ultimo dipinto della serie, incarna la celebrazione effervescente dei candidati Tory trionfanti e dei loro sostenitori, offrendo uno sguardo suggestivo sul tessuto sociale e politico di un’epoca che ha plasmato l’identità britannica.
Un ritratto satirico, feroce, che non risparmia nessuno, dai politici ai cittadini.
Hogarth poteva permettersi di satirizzare il potere con una ferocia inaudita. Mentre oggi, in alcuni paesi, la libertà intellettuale dei giornalisti è spesso minacciata, proprio come in Russia.
Scriveva Robert Musil: “Noi siamo l’epoca della scheda elettorale! Il tempo presente è antifilosofico e vile; non ha il coraggio di decidere che cosa ha valore e che cosa non ne ha, e democrazia, per dirlo con la massima concisione, significa: ‘Fai quello che accade!”
Immagine di apertura: William Hogarth, An Election Entertainment da The Humours of an Election, 1755