Ogni 21 Aprile, a mezzogiorno esatto, il sole si affaccia sul Pantheon. Entra perpendicolarmente nel suo oculus avvolgendo così la grande cella circolare. Il sole scandisce il ritmo dei piloni che sorreggono la cupola, otto per essere esatti, trionfando così su uno dei luoghi simbolo della capitale e come ogni 21 Aprile, si aprono i festeggiamenti per il Natale di Roma.
Sono trascorsi sette giorni dal compimento dei 2.776 anni di Roma e la città eterna, meta ambita da secoli e capitale del bel paese, sembra quasi aver perso il suo fascino, sostituita forse da Milano, che in quella stessa settimana ha ospitato quasi 400mila visitatori da tutto il mondo per la Design Week.
Numerosi gli artisti che hanno ritratto Roma, dai suoi fori imperiali alle sue basiliche, passando per le campagne, le sue ville, sino ad arrivare al litorale. La produzione più cospicua è senza dubbio durante il grand tour, dove ragazzi borghesi, artisti affermati e letterati si fermavano per scoprirla, ammirarla e dipingerla.
Giovanni Antonio Canal, detto il Canaletto, Caspar van Wittel, più noto in Italia come Gaspare Vanvitelli, William Turner, Bernardo Bellotto, il russo Vasily Surikov, tanti e troppi sarebbero i nomi da elencare ma la produzione di Maurits Cornelis Escher è senza dubbio la meno nota e forse la più interessante. Visse a Roma per circa dieci anni, dal 1925 al 1935, in una casa nell’attuale quartiere Monteverde in via Poerio 122 dove al quarto piano, in una sorta di torretta, teneva segreto il suo atelier.
L’artista olandese diede vita così ad una serie di opere che ritraevano la città in una maniera inedita, completamente nuova, rispettando in pieno il suo stile geometrico e quasi rocambolesco. San Pietro, la culla barocca dello stato della chiesa, appariva per lui un soggetto perfetto, linee articolate che nella sua maestosità ricreavano perfettamente la sua idea di geometrie e labirinti. Non la facciata, né la sua cattedra, ma raffigura un angolo, uno scorcio, una prospettiva dall’alto assolutamente geniale. Disegna le ombre, le luci, le arcate, i pavimenti sino alla dedica latina in primo piano: “Dabo claves regni caelorum” (“ti darò le chiavi del regno dei cieli”).
Non vi sembra assurdo, a volte, il fatto di disegnare un paio di linee e affermare: questa è una casa?
M.C. Escher
Escher sconvolge l’opera d’arte entrando come il Dio creatore, dall’alto, un deus ex machina che si cala nella scena e tutto sorveglia. Le luci e le ombre diventano un mezzo per dare più profondità e rendere la scena reale, ma solo dei piccoli accenni, il resto è tutto riempito da linee perfette che s’intrecciano tra di loro. Un moderno Piranesi che studia le architetture attraverso disegni che mantengono la tecnica ma ne stravolgono il senso.
Torniamo all’inizio del racconto: il Pantheon. Piranesi infatti lo presenta attraverso due diverse narrazioni, dal suo interno, nella maniera più artistica, argomentando l’ingresso attraverso luci e ombre, che però mantengono una visuale più classica e reale, ovvero ciò che il visitatore vede: i piloni, la cupola cassettonata, figure, visitatori e il suo oculos. Non manca nella descrizione più tecnica, quella in cui, in due diversi disegni, descrive la pianta della struttura architettonica e la cupola, argomentando così il Pantheon non dal punto di vista emozionale ma scientifico, al contrario di Escher che amplifica lezione del luogo.
“Il nostro spazio tridimensionale è l'unica realtà che conosciamo. Il bidimensionale è una finzione come il quadrimensionale, poiché nulla è piatto, neanche lo specchio più levigato. Anche se per convenzione diciamo che una parete o un pezzo di carta sono piatti, rimane sorprendente il fatto che, su una tale superficie, riproduciamo delle illusioni spaziali come se questo fosse da sempre la cosa più normale del mondo. Non vi sembra assurdo, a volte, il fatto di disegnare un paio di linee e affermare: questa è una casa? La meraviglia che ci prende in una situazione del genere è il tema delle prossime riproduzioni.” M. C. Escher.
Immagine apertura: M.C. Escher, Inside St. Peter’s, Rome, 1935. © 2024 The M.C. Escher Company, Baarn, The Netherlands. All rights reserved.