La danza della vita

Unirsi, incontrarsi, conoscersi e vivere, questa è la danza. Ne ripercorriamo l’immagine nella pittura come emblema di vita.

La danza della vita. Edvard Munch. 1899

Distanza. Una misura che divide due oggetti, due corpi in un luogo. Una misura estranea, difficile d’accettare e mantenere in un anno a dir poco stravolgente e difficile. Abbiamo cambiato abitudini, isolati da una socialità scontata e solita, trovandoci a rivedere il nostro quotidiano e il rapporto con l’altro. Abbiamo rinunciato ad abbracci, strette di mano, cene e balli. Così eravamo abituati a vivere. Nella danza la distanza sembra quasi inopportuna, folle e ne abbiamo rinunciato come spettatori o protagonisti. 

In uno stretto abbraccio Edvard Much rappresenta la sua danza, quella che chiamerà La Danza della Vita. “Danzavo con il mio primo amore – il dipinto è basato su questi ricordi. Entra la donna bionda sorridente, vuole cogliere il fiore dell’amore, ma questo sfugge al suo gesto. Sull’altro lato del dipinto compare vestita a lutto, lo sguardo rivolto della coppia che danza – è un’emarginata – proprio come me. Respinta dalla danza”, scrive Munch. L’opera è ambientata in Norvegia durante i festeggiamenti per la notte di mezza Estate o più nota come la notte di San Giovanni, considerata tradizionalmente come la festa delle streghe, dove le persone si riversavano sui prati o lungo le coste, esorcizzando queste figure magiche attraverso il ballo. Speranza e dolore ai lati dell’opera, la donna in bianco e quella con l’abito scuro, unite al centro da una in rosso.

Ammaliante, seducente, strega, che travolge il compagno di ballo nella tentazione amorosa. “Al contempo una santa, una puttana e un’amante infelice devota all’uomo” così Munch descrive la stessa donna da lui ripetuta tre volte nell’opera, dove cambiano solo gli abiti. É il ritratto di Tulla Larsen, che abbandonò il pittore per un altro di mediocre talento: Gunnar Heiberg. 

...la vita costruita dalle sole passioni, amori, vizi, dove il rapporto di causa ed effetto nasce sempre dalla donna. Una nuova Eva, un giardino dell’Eden contemporaneo, dove la danza è solo il simbolo di una vita d’emozioni.

Le due donne indicano il percorso di lettura dell’opera, inizio e fine, speranza e dolore appunto, di ogni relazione, dove al centro si muove la passione e l’unione dei corpi. Il colore caldo dell’abito rosso, come nelle antiche simbologie, avvolge e travolge l’uomo, quasi rendendolo prigioniero:  “In questo dipinto, nel mezzo di un prato in una luminosa serata estiva, un giovane prete danza con una donna dai capelli fluenti – i due si guardano negli occhi – e i capelli di lei circondano la testa di lui. Una sfrenata sarabanda umana volteggia più indietro – uomini grassi mordicchiano donne sul collo – personaggi caricaturali e grossolani le abbracciano strattonandole”. Un sunto il suo, che vede la vita costruita dalle sole passioni, amori, vizi, dove il rapporto di causa ed effetto nasce sempre dalla donna. Una nuova Eva, un giardino dell’Eden contemporaneo, dove la danza è solo il simbolo di una vita d’emozioni.

La danza della vita umana. Nicolas Poussin. 1636
La danza della vita umana, 1636. Nicolas Poussin. Wallace Collection, Londra

Un’altra vita, un altro ballo, quello che descrive Nicolas Poussin, artista francese del XVII secolo: La danza della vita umana. Un girotondo di donne, dove quelle in primo piano si rivolgono direttamente verso lo spettatore. Emblemi della vita che corrispondono a una realtà dove la povertà dà la mano al lavoro, il lavoro dà la mano alla ricchezza, la ricchezza dà la mano alla lussuria, la lussuria ricomincia il giro dando di nuovo la mano alla povertà. Stagioni della vita e stagioni che cadenzano gli anni. La figura alata sulla destra è infatti il tempo, che dà il ritmo al girotondo, artefice della musica per cui le donne danzano. 

Anche in quest’opera due figure poste ai lati sorvegliano la scena: due putti, uno con la clessidra e l’altro gioca facendo bolle di sapone, elementi inseriti dall’artista a ricordare la fugacità del tempo. Un tempo leggero all’apparenza, divertito e divertente, dove tutto è creazione e distruzione, dove tutto è solo un ballo, una strategia del movimento. La vita è dunque unione che non contempla distanza, dove il ritmo del movimento è dettato dai legami umani.

Immagine di apertura: La danza della vita, 1899. Edvard Munch. Galleria Nazionale, Oslo

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