Discussione con le statue

And their spirits live on, performance dell’artista norvegese Marianne Heier a Brera e alla Biennale di Oslo rilegge alcune statue antiche per dire quanto possono essere attuali.

Discussione con le statue

Il 5 maggio a Milano era il giorno dei musei aperti, una lunga coda occupava il cortile di Brera per la Pinacoteca ma l’obiettivo era l’Accademia dove nei corridoi svettano copie di famose sculture antiche e rinascimentali: lì Marianne Heier stava per cominciare la sua performance And their spirits live on per un pubblico decisamente più ristretto.
La Heier, che ha vissuto in Italia a lungo e all’Accademia di Brera ha studiato, ha intavolato un dialogo con sette sculture, dalla Flora Farnese alla tomba di Michelangelo per Giuliano de’ Medici duca di Nemours.

Vestita di bianco, con una maglia color carne dotata di una pettorina che riproduce un torso muscoloso da statua greco-romana, Marianne si è proposta come guida con microfono. Ha letto e interpretato, con una gestualità che oscillava dal tono piano della guida a quello dell’ironia fino a quello della rock star, un testo bellissimo e complesso. Colpisce che in questa studiatissima performance l’artista abbia tenuto la fede al dito, non è casuale. Nell’invito la Heier è fotografata davanti a una cucina in posa vagamente Charlie Chaplin, appoggiata a uno spazzolone. E credo sia proprio così: un modo di agire che ricorda lo slogan femminista degli anni ’70: “il personale è politico”.

Il testo evidenzia il potenziale contemporaneo delle sculture, e in definitiva della storia dell’arte. Un inno alla cultura e un incoraggiamento ai giovani a farsene carico, non del canone classico in quanto tale però ma del valore civile che incarna, contraddizioni incluse.
Infatti la Heier usa le sculture, o meglio il testo che le descrive, composto da tantissimi frammenti, per toccare temi di attualità, mettere in discussione l’uso che il potere, politico ma anche culturale, fa dei simboli, toccare questioni di genere e infine invitare all’azione.

Nella parte finale della performance, si schierano lungo un corridoio 25 studenti, anch’essi dotati di pettorina, anch’essi sculture viventi perciò proprietari della cultura classica, che intonano Bella ciao, la canzone simbolo della lotta partigiana italiana diventata poi una cover mondiale – ne esistono versioni in 27 lingue, secondo Wikipedia, cantate da grandi autori come Tom Waits, tra le più recenti, o dagli italiani Modena City Ramblers nei ‘90 e ancora da Yves Montand nei ’70 e da Milva nei ’60.
Si traccia in questo modo un percorso che è contemporaneamente “alto e basso”.

La performance tiene insieme citazioni da Die Ästhetik des Widerstands (L’estetica della resistenza) il romanzo in tre volumi di Peter Weiss, uscito nel 1975, che racconta la resistenza al Nazismo di un gruppo di studenti che si ritrovano nei musei e nelle gallerie – la Heier parla soprattutto ai ragazzi – e Barbara Kruger con Untitled (Your body is a battleground). E il corpo delle donne è ancora, oggi più che mai, un “campo di battaglia”.

Discussione con le statue
Marianne Heier, “And Their Spirits Live On”, 2019. Foto Stefano Campo Antico

Non è solo del corpo femminile che si parla, ecco allora il Fauno Barberini, da un originale greco probabilmente del 300 a.C. circa. Dice la Heier: “Non si può combattere contro la natura... Non potete renderla umana. Non potete nemmeno rendere umani voi stessi. Siamo tutti animali.” E ancora: “Il fauno o il satiro è un ibrido tra umano e animale, connesso alle divinità”. La sessualità è quindi contemporaneamente animale e divina e nel caso specifico anche omoerotica – niente di nuovo sotto il sole, chi studia lo sa. Il Fauno Barberini, è dormiente, ubriaco, sessualmente disponibile. Lo stordimento, la sessualità, l’animalità sono parte di noi. Siamo noi. Quelle meravigliose sculture antiche sono lì a dircelo, se solo vogliamo saperlo.

La Heier ha scelto con cura le sue statue, così da raccontare la Pallade di Velletri, dea della battaglia e della giusta causa che porta al collo i serpenti della testa mozzata di Medusa – la bellissima sacerdotessa che uno stupro trasforma in mostro, secondo la versione di Ovidio ed è la vittima a diventare colpevole; poi la guerra con Patroclo e Menelao, la sopraffazione, la schiavitù, la povertà con l’Ercole Farnese.

Ercole, vittima di una congiura degli dei sin dalla nascita, conosce i poveri e gli schiavi. Essi lo seguono, pensando di andare verso la libertà. Ercole viene nuovamente ingannato, il re che gli ha dato in sposa sua figlia, fa rinchiudere gli schiavi durante i festeggiamenti, tutto ciò che ha ottenuto viene distrutto. La Heier qui si affida a una libera interpretazione della versione di Peter Weiss della vicenda. E inserisce una frase dal Mein Kampf: “È incredibile fino a che punto bisogna tradire un popolo per governarlo” (ripresa da Inge Scholl, The White Rose, Wesleyan University Press, 1970, p. 77). Ma nel testo ci sono anche Michelangelo Buonarroti che spiega il proprio lavoro rispondendo a Giovanni di Carlo Strozzi e Venus, la canzone pop di Robbie van Leeuwen, del 1969.

Discussione con le statue
Marianne Heier, “And Their Spirits Live On”, Flora Farnese, dettaglio. Foto Lia Ronchi

Il risultato non è quello di un pastiche postmoderno, anche se la tecnica sembrerebbe la stessa: l’artista, il suo corpo e voce, si fanno centro dell’occhio e delle orecchie di chi è presente, le sculture sono considerate con rispetto, gli studenti si avvicinano, un piccolo brivido percorre la schiena e il consesso si scioglie. Marianne sorride e si va via con la certezza di aver visto un’opera che vale il tempo, un’ora, che ha chiesto.

Non sfugge all’attenzione che un ente pubblico alla periferia d’Europa finanzia un’artista affinché sia vista al “centro” ­– all’Accademia di Brera, che forma migliaia di artisti provenienti da tutto il mondo in una delle città più interessanti del momento. È un modo per promuovere la prima edizione della Biennale di Olso che, a dispetto del nome, è un programma quinquennale di arte nello spazio pubblico, dove la performance è stata ripetuta.

Immagine di apertura: Marianne Heier, “And Their Spirits Live On”, 2019. Foto Lia Ronchi

Titolo:
And their spirits live on
Artista:
Marianne Heier
A cura di :
Eva González-Sancho Bodero, Per Gunnar Eeg-Tverbakk, Alessandra Pioselli
Luogo:
Milano e Oslo

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