È davvero una provocazione, quindi, questa che lo spazio espositivo si offre (davvero difficile pensarla altrove). Per il pubblico è la ciliegina bella e curiosa con cui aprire la stagione e decorare la sua torta di compleanno: Michel Blazy e il suo Le grand Restaurant. Artista atipico, rivelato da una personale al Palais de Tokyo, Blazy propone un'opera globale e inedita che è un colpo paradossale di grande qualità. La metafora del cibo – e quella della sua decomposizione – fatta di alimenti quotidiani con i quali ha per tanti anni nutrito la sua pratica pittorica e scultorea si è oramai evoluta in direzione antropologica.
L'estraneità dei suoi sontuosi ambienti coperti di muffe, dove le tracce di nutrimento diventavano per lo più disegno e materia inattesa, improvvisamente concorrono non solo alla decorazione di questo spazio, ma funzionano realmente come alta capacità del vivente di generare alimenti molto più che molecolari. E ciò è vero per il pubblico che visita la mostra e ne perpetua lo sviluppo, ma anche per tutte le altre specie che partecipano al ciclo del vivente in un gargantuesco festino-laboratorio.
Le attenzioni minuziose dell'artista assecondano lo splendido fenomeno naturale della rigenerazione.
