Carsten Höller vede doppio. Dall'inizio della sua carriera, questo artista nato in Belgio, cresciuto in Germania e ora trapiantato a Stoccolma ha giocato con ripetizioni simmetriche e riflessi specchianti. L'intera sua opera è attraversata dal fantasma del doppio: sculture che si ripetono identiche a se stesse, una accanto all'altra, gemelli che si parlano dalle finestre di due video, gigantesche installazioni perfettamente speculari. All'inizio della sua carriera, Höller ha anche firmato una serie di opere in collaborazione con l'artista tedesca Rosemarie Trockel, di fatto sdoppiandosi in un altro autore. E leggendaria è divenuta un'esposizione parigina in cui Höller e Maurizio Cattelan hanno presentato una serie di opere identiche, cancellando di fatto ogni distinzione stilistica e ogni senso di proprietà.
La mostra Japan Congo è un nuovo esperimento del dottor Höller: un'esposizione itinerante inauguratasi a Le Magasin di Grenoble – e poi passata al Garage di Mosca, prima di arrivare a Milano in novembre – in cui l'artista presenta una selezione di opere dalla collezione Pigozzi, nota soprattutto per le importanti acquisizioni d'arte africana a partire dagli anni Novanta. Come suggerisce il titolo, però, nella sua interpretazione della collezione Pigozzi Höller ha deciso di scompaginare le carte e presentare solo artisti congolesi, affiancati a una serie di opere di artisti giapponesi, che rappresentano un lato più sconosciuto della collezione.
Nella sua interpretazione della collezione Pigozzi, Höller ha deciso di scompaginare le carte e presentare solo artisti congolesi, affiancati a una serie di opere di artisti giapponesi, che rappresentano un lato più sconosciuto della collezione.
