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Cos’è la Villa Girasole: visionaria casa italiana che ruota seguendo il sole

L’originale e pionieristica costruzione, un fiore meccanico rotante vicino a Verona, di recente è stata aperta al pubblico per visite guidate, offre un “giro” su un’utopia realizzata, tra ingegneria meccanica e poetica. 

Se è un dato di fatto che viviamo in un mondo in movimento, perché l’architettura deve essere statica? Un quesito, questo, che attraversa la storia del pensiero architettonico moderno e contemporaneo: dagli approcci meccanicistici inebriati da velocità e progresso tecnico-scientifico propri delle Avanguardie, del Movimento Moderno, delle megastrutture radicali e dell’High Tech, passando per le esplorazioni di sistemi urbani come entità organiche complesse e in perenne trasformazione/proliferazione del Metabolismo giapponese degli anni ‘60, fino alle opere più recenti che indagano molteplici forme di interazione con l’ambiente (dagli schermi ottici di Jean Nouvel, ai grattacieli ecologicamente programmati come simbionti dell’ambiente di Neri Oxman).

Questi temi sono stati di recente diffusamente indagati nella mostra  “Architettura Instabile” curata e allestita dallo studio Diller Scofidio + Renfro al Maxxi di Roma (fino al marzo 2025) che, ponendo l’accento su una lettura critica della “firmitas” vitruviana, ha offerto spunti di riflessione sull’architettura in movimento come possibile risposta all’instabilità imposta dai flussi di una società “liquida” (cit. Zygmunt Bauman), dalla geo-politica contemporanea e dalle catastrofi naturali.

Angelo Invernizzi, Villa Il Girasole, Marcellise, Verona, Italia, 1935. Foto L.Linthout. Courtesy Fondazione Il Girasole

Ed è proprio in questo solco culturale che si inserisce un’opera tanto unica quanto abbastanza sconosciuta, anch’essa a buon titolo inclusa nell’esposizione romana all’interno della sezione dedicata alle architetture “ecodinamiche”: è la Villa “Il Girasole”, ideata e realizzata tra il 1929 e il 1935 dall’ingegnere e imprenditore Angelo Invernizzi, insieme all’architetto Ettore Fagiuoli e all’ingegnere meccanico Romolo Carapacchi, a Marcellise nei pressi di Verona, dove la costruzione sembra attraccata come un’improbabile nave tra i ciliegi.

La villa è il manifesto di un’architettura “responsiva” che, invece di opporsi o reagire passivamente alle forze naturali, le asseconda: a dettare le regole della risposta in questo caso è il sole, che la casa “insegue” nel suo perenne ciclo quotidiano da est ad ovest come un “fiore meccanico” rotante su sé stesso per intercettare la luce cangiante, le temperature fluttuanti e le oscillazioni atmosferiche nel corso della giornata.

Un ‘giro’ su un’utopia realizzata, ma senza vertigini.


La costruzione è composta da un basamento circolare di tre piani addossato al pendio naturale del terreno, su cui poggia un volume di due piani con impianto ad “L” imperniato su un blocco cilindrico centrale comprendente corpi scale e ascensore, e sovrastato in sommità da una torretta in vetrocemento. All’esterno, le rigorose geometrie di matrice razionalista porgono omaggio all’architettura nautica attraverso i rivestimenti metallici rilucenti e leggeri delle facciate. All’interno, atmosfere Art Déco contaminate con suggestioni futuriste pervadono gli ambienti: un'ampia autorimessa e locali di rappresentanza nel basamento, gli spazi domestici della famiglia nel volume superiore, con locali comuni al primo livello e zona notte al secondo.

Particolarità dell’opera è la possibilità del corpo superiore di compiere una rotazione completa (360°) e in due direzioni  intorno al proprio asse, corrispondente al blocco cilindrico centrale, in un tempo di 9 ore e 20 minuti alla velocità di 4mm/secondo: la rotazione è affidata a un meccanismo attivato elettricamente e composto da un sistema di carrelli con ruote ferroviarie su un anello di rotaie in acciaio poggianti sul solaio del basamento circolare dell'edificio. Una soluzione ingegneristica innovativa, che sottende sia l’intima fiducia nel progresso tecnico-scientifico sia la volontà di una più intima (e catartica?) connessione con la Natura, in un tempo in cui il paese si stava “muovendo” inesorabilmente verso la guerra.

Angelo Invernizzi, Villa Il Girasole, Marcellise, Verona, Italia, 1935. Foto L.Linthout. Courtesy Fondazione Il Girasole

Mai aperta al pubblico, la villa negli anni ha mantenuto un profilo defilato, come un gioiello nascosto. Presentata nel 1936 sulla rivista Architettura, nel 2006 le è stata dedicata una monografia (Aurelio Galfetti, Kenneth Frampton, Valeria Farinati, Villa Girasole. La casa rotante, Mendrisio Academy Press) che ha contribuito ad alimentarne la notorietà. Con la scomparsa dei proprietari, l’unica erede ha deciso di trasferire il bene, per garantirne la conservazione, ad una Fondazione svizzera intitolata ai genitori e successivamente passata sotto l’egida della Fondazione Cariverona. Dalla morte dell’erede nel 2014, la Villa ha versato in uno stato di incuria e degrado fino al 2023, quando l’insediamento di un nuovo Consiglio di Amministrazione della Fondazione ha riacceso i riflettori sulla villa per riconsegnarle una meritata centralità nel panorama culturale e architettonico italiano.

Angelo Invernizzi, Villa Girasole, Marcellise, Verona, Italia 1935. Foto VincenzoLabellarte. Dalla mostra “Architettura instabile”, curata da Diller Scofidio + Renfro, Maxxi, Roma, Italia

Oggi l’edificio è visitabile su appuntamento per un “giro” su un’utopia realizzata, ma senza vertigini (la villa si dovrebbe muovere di pochi millimetri al secondo).

Questo articolo nasce da un confronto sulle informazioni con la Fondazione Il Girasole, anche per fare chiarezza date le tante notizie inesatte che circolano attualmente sulle piattaforme digitali in merito alla costruzione.

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