Il campo da basket in Messico come epicentro della vita sociale fuori città

Il Padiglione del Messico alla Biennale 2023 indaga come alcuni luoghi possano diventare fulcri di gravitazione della vita comunitaria, al di là della loro funzione originaria e delle problematiche del contesto.

Un frammento di campo da basket in cemento, dipinto di giallo e blu, con canestro, tabellone e gradinate laterali, all’interno del Salone delle Armi dell’Arsenale.  Così si presenta il Padiglione del Messico alla 18. Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia: un allestimento di immediata lettura che non sottende alcun retropensiero intellettualistico ma che, dietro alla disarmante semplicità, accende i riflettori internazionali su una parte di storia sociale del Messico non priva di conflittualità ma con uno sguardo di fiducia al futuro.  

Il campo di basket è interpretato come la più piccola unità dell’infrastruttura sociale contadina. Il basket divenne popolare nel paese nel corso degli anni Venti; nel 1940 il governo promosse la costruzione di strutture sportive nell’ambito del piano di riforma agraria delle province, come manifesto di una politica che si proponeva di realizzare opere pubbliche flessibili in territori rurali in via di trasformazione, nel generale processo di decolonizzazione e modernizzazione del paese. Feste, mercati, dibattiti, assemblee, servizi medici temporanei, oltre alle partite di basket, si svolgevano su questi piccoli rettangoli di cemento, intesi come cellula aggregativa della vita sociale.

L’allestimento curato dallo studio Aprdelesp e dalla sociologa Mariana Botey parte dalla riflessione sulle problematiche delle campagne messicane per aprirsi ad un’indagine più ampia: come alcuni luoghi possano trascendere la loro funzione originaria per diventare punti focali nei processi di costruzione di comunità.

In linea con il tema della Biennale (“Il Laboratorio del Futuro”), il campo di basket è un laboratorio sociale temporaneo dove arte, architettura e comunità si incontrano e sul cui palcoscenico convergono forme espressive variegate, in un’ottica di contaminazione multidisciplinare: installazioni audiovisive, materiale fotografico e documentario, trasmissioni radio da Venezia e da Città del Messico, un “jukebox decoloniale” con materiale d’archivio, musiche di diverse comunità e canti popolari animano uno spazio in continua performance, dove gli aspetti ludici si innervano con suggestioni politico-ideologiche.

Un tema ricco di spunti che, a partire dal Messico decolonizzato e dalle sue specifiche problematiche, potrebbe estendersi senza difficoltà ad un ambito più generale, in un mondo sempre più globale dove i confini e le identità locali sono sfumati, e con essi il senso di appartenenza ad una comunità.

Il padiglione sarà aperto al pubblico fino al 26 novembre.

Progetto:
Infraestructura utópica: la cancha de básquetbol campesina, Padiglione del Messico, 18. Mostra Internazionale di Architettura La Biennale di Venezia
Curatori:
APRDELESP, Mariana Botey
Commissario:
Diego E. Sapién Muñoz, Instituto Nacional de Bellas Artes y Literatura

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