Anteprima Biennale Architettura 2025: cosa sappiamo prima dell’apertura

A poche ore dall’inizio della Biennale, Venezia si prepara ad accogliere la sua 19esima edizione, tra presenze consolidate e new entry. Padiglione per padiglione, ecco tutte le anticipazioni.

“Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva.” È il titolo della 19. Mostra Internazionale di Architettura alla Biennale di Venezia 2025 curata da Carlo Ratti, che avrà luogo a partire dal 10 maggio e che, come di consueto, coinvolgerà l’area dell’Arsenale, i Giardini, e una serie di eventi collaterali dislocati per tutta la città.

La parola “intelligens”, aveva già spiegato Carlo Ratti, allude a un duplice significato: da un lato sottolinea il riferimento alla gens (cioè alle persone), dall’altro mira alla combinazione delle tre intelligenze su cui si basa questa edizione: quella naturale, quella artificiale e quella collettiva. 

Ma protagonista della conferenza di lancio della Biennale non è stata l’AI, come ci si poteva aspettare, ma il cambiamento climatico. Partendo dagli avvenimenti che quest’anno hanno colpito Los Angeles e Valencia, Venezia che “dopotutto, è la città più fragile dal punto di vista climatico”, dice Ratti, diventa un laboratorio di ricerca e di progettazione dei luoghi del futuro. “La prima domanda fondamentale è: come sarà il clima nel 2050? O addirittura nel 2150? Questo è il punto di partenza di tutto ciò che facciamo in architettura”.

Con il padiglione centrale dei Giardini, storicamente luogo della mostra “del curatore”, chiuso per lavori, Ratti allestirà gli spazi delle Corderie all’Arsenale, dove ci saranno progetti che affronteranno temi legati alla sostenibilità e all’intelligenza progettuale. Tra questi: un progetto guidato da Kengo Kuma, robot umanoidi destinati a cambiare il futuro dell’edilizia e nuovi materiali da tutto il mondo. 

La Biennale quest’anno prenderà spazio anche in città, con progetti di Norman Foster Foundation e di Diller Scofidio + Renfro sul tema dell’acqua, centrale per Venezia.

Si rinnova poi la partnership tra Biennale e il V&A di Londra, ormai consolidata da nove anni, con la mostra “On Storage”. “Margherissima”, a Mestre, che si concentra sull’area di Marghera e il territorio contaminato situato nei pressi del Ponte della Libertà. 

In fine, non si possono tralasciare i Padiglioni nazionali ai Giardini della Biennale, con 4 nuove partecipazioni: Repubblica dell’Azerbaijan, Sultanato dell’Oman, Qatar, Togo. Alcuni dei Paesi partecipanti hanno già divulgato cosa possiamo aspettarci dagli allestimenti di questa edizione.

Padiglione Italia

Per la curatela del Padiglione Italia è stato scelto il progetto “Terræ Aquæ. L’Italia e l’intelligenza del mare” di Guendalina Salimei. La richiesta del Ministero della Cultura era quella di presentare una “visione particolarmente innovativa e non convenzionale” e infatti, Salimei propone un punto di vista del tutto diverso rispetto a quello a cui siamo abituati: non guardare il mare dalla terra, ma viceversa.

Così come Ratti, anche Salimei lancia una call to action aperta a progettisti e altri esperti per raccogliere contributi sul ripensamento del rapporto tra terra e mare delle aree costiere e portuali, con cui l’architetto ha già avuto modo di misurarsi nel recente sviluppo del nuovo lungomare di Messina.

Con un approccio radicato nelle sue attività di progettista e docente, l’invito è quello di immaginare la “forma del mare”, fornendo nuovi spunti per i progetti futuri.

Germania

Thermal image Munich 2024 © STRESSTEST, Foto: Gustav Goetze

“Il mondo si trova a un bivio. Sembra che tutti i suoi sistemi si siano stressati contemporaneamente, comprese le nostre città. In caso di eventi meteorologici estremi, la vulnerabilità degli spazi urbani diventa molto evidente.” Queste sono le prime parole di presentazione del padiglione tedesco per questa Biennale, che ci ha abituati negli anni a progetti particolarmente interessanti. Ponendo l’attenzione sulla preoccupazione rispetto ai cambiamenti climatici a cui andremo incontro, la mostra “StressTest” permetterà alle persone di sperimentare direttamente il caldo estremo e quindi la necessità di agire, offrendo allo stesso tempo impulsi e soluzioni per una pianificazione urbana resiliente. Ulteriori dettagli saranno svelati il 14 febbraio dal team curatoriale, composto da Elisabeth Endres, Daniele Santucci, Nicola Borgmann e Gabriele G. Kiefer.

Islanda

È possibile che ciò che distrugge possa anche costruire? Secondo gli islandesi e il progetto guidato dall’architetto Arnhildur Pálmadóttir, fondatore di s.ap architects, sì.
“Lavaforming” propone un approccio innovativo alla creazione di materiali da costruzione sostenibili generati da flussi di lava controllati. Quindi, invece di considerare questa forza naturale come un evento distruttivo, il progetto propone di sfruttarla come risorsa che ridurrebbe notevolmente l’impatto ambientale dei materiali da costruzione, servendosi delle condizioni geologiche uniche dell’Islanda con la sua caratteristica attività vulcanica.

Portogallo

“Paraíso, hoje” è il titolo della mostra ospitata al Fondaco Marcello, che quest’anno pone l’attenzione sul contrasto tra la zona costiera del Portogallo, con le crescenti pressioni sulla costa provocate da un’urbanizzazione incontrollata, dalla speculazione immobiliare e dal sovraccarico turistico, e lo spopolamento dell’entroterra, sempre più marginale e sfruttato per le coltivazioni intensive. “Nonostante i contrasti e i conflitti sociali in corso, diventa imperativo valorizzare gli aspetti positivi del presente, senza rinunciare all'impegno per costruire un futuro migliore” hanno commentato i curatori, che oltre alla mostra terranno una serie di dibattiti sul tema.

Danimarca

Forse seguendo l’esempio che il padiglione della Germania ha dato negli ultimi anni, con progetti fortemente legati alla struttura del padiglione stesso, durante questa Biennale il padiglione danese sarà trasformato in un caso studio 1:1 di riutilizzo delle risorse già presenti nell'edificio, con una manutenzione pratica dello stesso. Il titolo della mostra è già esplicativo: “‘Build of Site’: Building Upon the World Without Building Anew” (‘Costruire il sito’: Costruire sul mondo senza costruire di nuovo).

“Abbiamo già creato tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Per questo motivo dobbiamo essere più bravi a capire e trovare valore in ciò che già esiste”, spiega Søren Pihlmann, il curatore che ha studiato il complesso di edifici storici, costituito dall'edificio di Carl Brummer del 1932 e dall’ampliamento di Peter Koch del 1958, per capire come ottimizzare l’utilizzo dei materiali già esistenti.

Argentina

Un’altra lettura della contemporaneità: quest’anno l’Argentina propone il “Siestario”, un luogo che invita i visitatori a prendersi una pausa, riflettendo sul rapporto tra tempo e architettura. L’esperienza della “siesta” diventa una metafora sul bisogno di fermarsi, servendosi di un gonfiabile gigante che occuperà tutto il padiglione.
È una riproduzione del silo bag, un sistema di stoccaggio temporaneo ampiamente utilizzato in agricoltura e un simbolo della campagna e dell’economia argentina. Il progetto vincitore è degli architetti Juan Manuel Pachué e Marco Zampieron, con Brian Ejsmont come collaboratore. 

USA

Quest’anno, il padiglione statunitense si concentra sul tema del portico, esplorandone il significato nella cultura americana. “PORCH: An Architecture of Generosity” è un invito a vedere il portico come spazio di connessione e relazioni, trasformando quello del padiglione - progettato nel 1930 in stile neoclassico da William Adams Delano e Chester Holmes Aldrich – in un luogo in cui si creano incontri. All’interno del padiglione verrà poi allestita una mostra con circa 50 progetti, recenti e non, provenienti da tutti gli Stati Uniti.  

Brasile

Nella scorsa edizione della Biennale di Architettura, il Brasile aveva conquistato il Leone d’Oro con la mostra “Terra [Earth]”. Per il 2025, il padiglione brasiliano, curato dal collettivo Plano Coletivo, proporrà una visione interdisciplinare che intreccia architettura, natura e infrastrutture sociali. Il progetto esplora il rapporto tra il Brasile e i suoi contesti naturali e urbani, ispirandosi tanto alle pratiche ancestrali dell’Amazzonia quanto a strategie contemporanee che integrano società, città e ambiente. La mostra indagherà il ruolo dell’intelligenza collettiva, tra tradizione e innovazione, nel ripensare l’abitare di fronte alle attuali crisi socio-ambientali. 

Belgio

L’attenzione del padiglione belga è tutta verso il ruolo della vegetazione nelle costruzioni, e la capacità delle piante di regolare significativamente le temperature dei luoghi in cui viviamo, per un futuro che sembra sempre più complesso da affrontare. “Building Biospheres” è curata da un team composto dall’architetto paesaggista Bas Smets, dalla climatologa Valerie Trouet e dal biologo Stefano Mancuso. Il progetto propone di riscoprire la natura non come elemento passivo della progettazione ma come un fattore fondamentale e imprescindibile, affinché “l’intelligenza delle piante” sia effettivamente integrata alla progettazione di ambienti costruiti. 

Qatar

La grande rivelazione di quest'anno è stata l'annuncio del nuovo padiglione permanente del Qatar ai Giardini della Biennale, che sarà progettato dall’architetta libanese Lina Ghotmeh. Il padiglione, che sorgerà accanto al celebre Padiglione del Libro firmato da James Stirling, rappresenta un passo significativo per la presenza del paese alla Biennale. In attesa della sua inaugurazione nel 2026, la partecipazione qatariota alla Biennale Architettura 2025 si articola in due momenti: una mostra collettiva sul tema dell’ospitalità, con i progetti di 30 architetti allestita presso l’ACP – Palazzo Franchetti, e un’installazione site-specific ai Giardini a cura dell’architetta pakistana Yasmeen Lari, proprio nel luogo dove sorgerà il futuro padiglione.

Australia

Illustration of HOME by Dr Michael Mossman, Emily McDaniel and Jack Gillmer

L’Australia presenta “Home”, un progetto dedicato all’ambiente naturale australiano e ai sistemi di conoscenza delle Prime Nazioni. Curato da Michael Mossman, Emily McDaniel e Jack Gillmer, il padiglione esplora la gestione ambientale e il patrimonio culturale attraverso un’esperienza sensoriale immersiva. I visitatori saranno guidati a riscoprire l’Australia attraverso prospettive indigene, riflettendo su sostenibilità e resilienza culturale, temi centrali per il futuro dell'architettura e della società.

Giappone

Nell’antica lingua giapponese, c’è una parola per esprimere la condizione in cui uomo e ambiente si pongono su un piano di parità: il termine “ma”, che significa “in mezzo”. E proprio questo è il titolo del padiglione del Giappone per questa Biennale di Architettura. Curata dall’architetto Jun Aoki, "In-Between" è un’installazione che, in linea con la cultura giapponese, si allontana dalla visione umano-centrica e indaga il ruolo dell’intelligenza artificiale da un punto di vista diverso: immaginare una futura IA più relazionale.

Francia

“Vivre avec / Living with” è il nome della mostra organizzata dal padiglione francese, con un progetto sviluppato dallo studio Jakob+Macfarlane con Martin Duplantier Architects ed Eric Daniel Lacombe EDL. Si tratta di una struttura temporanea e leggera, realizzata con materiali di riuso, che sarà collocata nel parco del Padiglione Francese, attualmente in ristrutturazione. Pensata come uno spazio inclusivo e interattivo, ospiterà mostre, incontri e dibattiti, coinvolgendo scuole di architettura francesi e internazionali. Il design punta sulla porosità e sulla coesistenza con il sito in restauro, trasformando il padiglione in un luogo aperto alla sperimentazione e al dialogo.

Lettonia

Ragazze. Foto Elīna Kursīte

Con Landscape of Defence, la Lettonia porta alla Biennale 2025 una riflessione sul confine orientale del Paese, oggi linea d’estrema tensione geopolitica. Curato da Liene Jākobsone e Ilka Ruby, il padiglione indaga l’impatto delle infrastrutture difensive su territori e vite quotidiane, trasformando paure e fortificazioni in materia architettonica. Attraverso l’esplorazione del paesaggio militare tra Lettonia, Russia e Bielorussia, la mostra apre un dibattito sul ruolo dell’architettura nella resilienza sociale e nella costruzione di nuove geografie della sicurezza.

Emirati Arabi Uniti

Intitolata “Pressure Cooker”, la curatela è affidata per la prima volta nella storia del padiglione a una donna, Azza Aboualam, architetta emiratina e Assistant Professor al College of Arts and Creative Enterprises della Zayed University.
La mostra si concentra sulle attuali infrastrutture per la produzione di cibo negli EAU, e si interroga sul modo in cui l’architettura può progredire in questo settore, arrivando a soluzioni messe a punto e integrate nei nostri ambienti costruiti e vissuti. “Utilizzando gli EAU come caso di studio, come può l’architettura mobilitarsi in direzione di una maggiore sicurezza alimentare?” si chiede Aboualam, tentando di rispondere attraverso i casi studio visibili alla Biennale.

Gran Bretagna

Foto John Riddy

Il Padiglione Britannico, con la mostra "GBR – Geology of Britannic Repair", esplora il potenziale dell’architettura come pratica di riparazione dei danni ambientali e coloniali legati all’estrazione geologica. L'intento è quindi quello di “rivoltare” il Padiglione britannico, sia fisicamente che concettualmente: da spazio di rappresentazione nazionale a luogo di confronto sul passato coloniale e le sue eredità materiali. 

Curata da un team UK-Kenya, la mostra prende ispirazione dalla Great Rift Valley e propone installazioni site-specific firmate da Cave_bureau, Mae-ling Lokko, Thandi Loewenson e altri. Le opere mettono in discussione i modelli estrattivi dominanti, proponendo alternative vernacolari e resilienti. Il Padiglione diventa così spazio critico per reimmaginare l’architettura come pratica terrestre, ecologica e collettiva.

Turchia

© Fatih Yilmaz

Il lavoro dei curatori Ceren Erdem e Bilge Kalfa si concentra sul tema del suolo. “Grounded” è una mostra che parla del suolo come elemento essenziale di vita, memoria e conoscenza. Un elemento spesso sottovalutato ma che racchiude moltissimi spunti per la progettazione. Attraverso un mix di esperienze sensoriali, ricerche scientifiche, architettura e arte, il progetto esplora il ruolo della terra nel connettere passato e presente. La mostra propone nuove prospettive per il futuro, unendo innovazione e tecniche costruttive tradizionali per valorizzare le relazioni tra gli ecosistemi sotterranei e quelli in superficie.

Estonia

Foto © Joosep Kivimäe

Partendo dagli obiettivi dell’Unione Europea sull’efficientamento energetico degli edifici, che sono sempre più ambiziosi quanto necessari, il padiglione estone tenta di trovare una risposta all’equilibrio tra esigenze abitative e climatiche.

“Con questo progetto, ci chiediamo se l’isolamento sia solo un requisito burocratico per soddisfare gli obiettivi dell’UE o una vera opportunità per affrontare le sfide sociali e spaziali” commentano le curatrici del Keiti Lige, Elina Liiva e Helena Männa. “L’installazione mette in evidenza il contrasto tra ambiziosi obiettivi globali e la realtà quotidiana di chi deve affrontare decisioni collettive.” 

Austria

Di certo non si può dire che quello della crisi abitativa sia un problema attualissimo e geograficamente distribuito. Per la scorsa biennale, il padiglione del Canada aveva portato all’attenzione la questione con la mostra “Not for sale!!”. Quest’anno, il tema è stato ripreso dal padiglione austriaco con “Agency for Better Living”, dedicata all’esplorazione della nuova dimensione politica del diritto fondamentale alla casa. I curatori Lorenzo Romito, Sabine Pollak e Michael Obrist propongono una riflessione che prenda spunto dalla differenza tra i modelli abitativi di due città, Vienna e Roma, che hanno due approcci diversi: un modello top-down (austriaco) e uno caratterizzato da pratiche bottom-up (italiano).

Le mostre in città

Alejandro Aravena © Elemental

Ogni anno la Biennale di Architettura porta con sé una serie di eventi collaterali che animano la città e che coinvolgono musei e fondazioni. Tra le più attese di quest’anno, la mostra di Amo/Oma alla Fondazione Prada di Venezia, che esplorerà il diagramma come strumento di comunicazione universale, non solo per l’architettura, ma anche per importanti processi sociali e politici.
Dopo il prototipo realizzato con Norman Foster per la biennale del 2023, Holcim torna quest’anno con il Pritzker Alejandro Aravena e il suo studio di architettura Elemental, per lanciare un progetto di edilizia resiliente con un'impronta a zero emissioni di carbonio “nel tentativo di cambiare marcia verso un habitat umano sostenibile”.
Domus ha selezionato tutte le mostre imperdibili per chi vuole spingersi oltre la Biennale.

Chi è Carlo Ratti

Carlo Ratti. Foto Andrea Avezzu

Curatore della Biennale di Architettura di Venezia per il 2025, Carlo Ratti ha una formazione da architetto e ingegnere, e insegna al Massachusetts Institute of Technology (Mit) e al Politecnico di Milano. Oltre all’insegnamento, è anche direttore del Senseable City Lab e socio fondatore dello studio di architettura Cra-Carlo Ratti Associati, con sedi a Torino, New York e Londra. Quest’anno, curerà anche il padiglione francese all’Expo di Osaka 2025 insieme allo studio di architettura Coldefy. 

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