Ponti, Arrighetti e De Carli in 3 chiese di Milano che non ti aspetti

Un tour nell’architettura moderna della città attraverso i capolavori religiosi progettati da tre grandi architetti milanesi.

Tra il dopoguerra e gli anni ’70, Milano vive uno dei periodi più fulgidi della sua storia. Lo sviluppo economico rende il capoluogo lombardo il motore della ricostruzione postbellica, senza smettere di essere un riferimento culturale a livello nazionale e internazionale. La città in questo periodo viene disegnata dall’architettura: negli anni Cinquanta infatti un gruppo di giovani architetti – Gio Ponti, Luigi Caccia Dominioni, Ignazio Gardella tra i tanti – trascesero il Razionalismo per assumere una posizione più aperta verso la cultura popolare e la storia.

  

Il risultato lo si vede ancora oggi, in contesti anche diversi. Tra questi, uno che si è soliti tralasciare, anche perché non interessa le zone più centrali e turistiche, è quello dell’architettura liturgica.

Per l’occasione abbiamo realizzato un video dedicato a tre chiese che sono capolavori. Partendo dalla periferia meridionale di Milano, con la chiesa brutalista di San Giovanni Bono di Arrigo Arrighetti, riavvicinandoci al centro con l’eclettica Chiesa di San Francesco D’Assisi al Fopponino di Gio Ponti e chiudendo con la Chiesa di Sant’Ildefonso di Carlo de Carli, costruita a ridosso della vecchia fiera, a due passi dalla zona dove oggi sorgono le tre torri di City Life.

Chiesa di San Giovanni Bono, Arrigo Arrighetti

Arrigo Arrighetti, Chiesa di San Giovanni Bono al Quartiere Sant’Ambrogio, Milano, 1968. Via S. Vigilio

Iniziamo il tour nella periferia sud-ovest della città, con la Chiesa di San Giovanni Bono. Disegnata da Arrigo Arrighetti nel 1968, la chiesa spicca con la sua volumetria scultorea tra i serpentoni del quartiere Sant’Ambrogio – case popolari disegnate dallo stesso Arrighetti negli anni Sessanta tra Famagosta e la Barona. L’edificio è caratterizzato dalla sua copertura a vela, che dall’area del presbiterio sale fino a creare una cuspide in corrispondenza della facciata. Le pareti, sia all’esterno sia all’interno, sono in calcestruzzo a vista, traforate da tagli e finestre verticali e colorate. L’interno è composto di tre spazi che si compenetrano dinamicamente: l’aula liturgica, la cappella feriale e una navata laterale.

Arrighetti ha diretto l’Ufficio Tecnico e poi l’Ufficio Urbanistico del Comune di Milano dal 1956 al 1970. Le sue opere possono essere lette come testimonianza di un periodo storico in cui l’ufficio tecnico del Comune era affidato a un professionista, testimonianza della tenacia delle amministrazioni riformiste dell’epoca nel perseguire una dignità alta nell’edilizia anche dei quartieri più periferici.

Originariamente la chiesa era definita esternamente da una copertura in materiale plastico, che venne però distrutto durante un incendio negli anni ’80, quindi sostituito con l’attuale lamiera in alluminio porcellanato. L’edificio è posto al centro del quartiere, nelle immediate vicinanze del centro civico. Con la sua sagoma scultorea l’architettura si contrappone all’andamento orizzontale dei complessi residenziali circostanti, rendendola un unicum di cui è difficile ignorare la presenza. Una piramide di cemento con un gusto non poi distnati dagli spomenik della ex Jugoslavia, diventata iconografia anche della cultura pop, apparendo nel video Trap Phone (2018) del celebre rapper milanese Guè Pequeno.

Chiesa di San Francesco D’Assisi al Fopponino, Gio Ponti

Gio Ponti, Chiesa di San Francesco al Fopponino, Milano, 1958-1964. Via Paolo Giovio, 41

Ci spostiamo quindi verso il più centrale quartiere Washington, accolti da uno dei più importanti e conosciuti capolavori di Gio Ponti. La caratteristica più nota è la facciata, che allungandosi oltre ai confini del corpo di fabbrica e unendosi ai prospicienti edifici parrocchiali diventa una sorta di palcoscenico urbano per i rituali religiosi. Ciò la lega simbolicamente alle facciate a vento della tradizione romanica lombarda, in cui l’infinito del divino viene simbolicamente incorniciato dai poderosi tagli diamantati.

La storia di questo edificio è strettamente legata al vecchio fopponino, il cui ricordo è infatti mantenuto nella dedica e la cui vecchia chiesetta secentesca non era più sufficiente a servire i numerosi abitanti della zona. Nel 1959 venne quindi commissionata una nuova architettura ecclesiastica prima all’architetto Giovanni Muzio, e poi definitivamente a Ponti – già autore nel 1960 del celeberrimo Grattacielo Pirelli. Si può dire che la chiesa sia un “classico” dell’architetto milanese, con la sua pianta ad esagono asimmetrico e il rivestimento in piastrelle di ceramica sagomata grigia. Inserendosi in un tessuto urbano molto denso, entro cui la costruzione sacra viene isolata anteponendole una piccola piazza pubblica a disposizione della città.

Chiesa di Sant’Ildefonso, Carlo de Carli

Carlo De Carli, Chiesa di Sant’Ildefonso, Milano, 1954-1956. Piazzale Damiano Chiesa, 7

Concludiamo la gita milanese a due passi da City Life. Qui è possibile visitare Chiesa di Sant’Ildefonso, una delle poche architetture milanesi di Carlo de Carli oltre il Teatro Sant’Erasmo (1951-53) e la Chiesa San Gerolamo Emiliani (1954-65). L’architettura ha una planimetria poligonale, rielaborazione del più tradizionale modello degli edifici religiosi a pianta centrale: il baricentro della figura coincide con l’altare maggiore, ma in corrispondenza del sagrato lo schema geometrico subisce una deformazione legata anche alla presenza di due piccoli fabbricati accessori, a cui la chiesa si raccorda attraverso la facciata. L’elemento spaziale più interessante rimane però il ciborio a pianta esagonale, realizzato attraverso la sovrapposizione di cinque ordini di pilastri circolari raccordati da travi ad anello esagonale: concepito come nuda ossatura che esibisce la modernità della chiesa, è anche la più intensa fonte d’illuminazione naturale, grazie alla lanterna vetrata che ne chiude la sommità.

La chiesta è stata fabbricata con materiali cosiddetti poveri. Elemento distintivo della struttura è il ciborio a pianta esagonale illuminato da luce naturale grazie alla lanterna di copertura. La copertura è composta da un complicato gioco di falde ad inclinazione variabile, realizzate in tegole a canale e corredate da pluviali e gocciolatoi in rame.

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