Le scuole: dall’Archivio Domus alla Tbilisi Architecture Biennial 2020

Anche la scuola è oggetto di discussione in tempi di emergenza sanitaria. Così  Domus propone alla biennale georgiana, quest’anno online e intitolata “What do we have in common”, una riflessione sull’architettura della scuola.

Abbiamo in comune l’educazione in tutto il pianeta, non solo perché siamo animali che apprendono, ma anche perché è il modo della nostra società di prendersi cura dei più giovani. Anche dove non ci sono scuole. Così Domus risponde al tema della Tbilisi Architecture Biennial 2020. Non a caso, il tema era tanto attuale dopo la seconda guerra mondiale che la rivista ha dedicato un intero numero (220, giugno 1947) a un’indagine sugli edifici scolastici. La pandemia ci ha portato a una condizione simile, per le scuole, a quella di una guerra, in cui ci sentiamo incerti e vulnerabili. Ogni governo prova a difendere la possibilità per gli studenti di frequentare la scuola.
Per questo proponiamo una selezione di progetti del passato, estratti dai numeri di Domus, insieme ad alcuni recenti. Paralleli tra passato e presente possono essere visti attraverso le lenti delle architetture educative più avanzate del passato, derivate dalla pedagogia dell’epoca, e i problemi con cui gli architetti si confrontano oggi.


Fu durante la direzione di Ernesto Nathan Rogers nel secondo Dopoguerra che uscì il numero dedicato alle scuole, con esempi che vanno dalle scuole rurali a quelle più avanzate in Europa e negli Stati Uniti, l’orizzonte era questo. L’argomento è stato ripreso da Alessandro Benetti nel 2018 che rilegge quel numero in questo articolo. Sempre nel 1947 compare sulla rivista un breve articolo su una scuola svedese femminile in cui si intravede la questione di genere. La questione è ancora oggetto di discussione: l’eguaglianza dei generi è veramente promossa nelle scuole? E non parliamo solo di società dichiaratamente patriarcali, teocratiche o dittatoriali.

Negli anni Sessanta è il progetto della città Universitaria di Urbino quello che abbiamo scelto, una concreta utopia che definirà la forma e funzione di una città storica del centro Italia. Un caso felice di collaborazione tra un architetto, Giancarlo De Carlo, e una pubblica amministrazione. Altrove esploderanno le proteste degli studenti: il clima culturale, a cui gli architetti non sono insensibili, è cambiato. Al crescere delle città e della popolazione si devono realizzare altre nuove scuole, nelle periferie cresciute in fretta e quasi sempre senza qualità.
Gli anni Settanta vedono gli architetti cimentarsi proprio con il compito di dare dignità a queste aree, ma come dice sempre Benetti, si tratta di “una stagione dalle ottime intenzioni ma dai risultati contraddittori”, in particolare in Italia. Ciò nonostante ci sono esperimenti decisamente avanzati, che coniugano progetto e pedagogia.
Dagli anni Novanta abbiamo selezionato un progetto di Carme Pinós ed Enric Miralles, pubblicato nel 1995, le cui linee spezzate si giustificano con un lavoro sulla pendenza del terreno.

Carme Pinós Enric Miralles, Edificio scolastico a Morella, Spagna
Carme Pinós Enric Miralles, Edificio scolastico a Morella, Spagna. ph. Duccio Malagamba. Immagine tratta da Domus 772, giugno 1995

Nel nuovo secolo molti architetti tornano sul tema della scuola per chi non ce l’ha, più spesso in quei Paesi più poveri e non occidentali. Il caso di Diébédò Francis Kéré e del lavoro fatto a Gando, suo Paese natale in Burkina Faso, è straordinario ed esemplare. Contiene tutti gli elementi di un autentico scambio culturale tra la sua cultura europea – si è laureato a Berlino – e quella locale che ben conosce. Della sostenibilità comprende tutti gli elementi fondamentali: quello economico, di rispetto per l’ambiente, sociale. I suoi progetti in Africa sono anche sostanzialmente anti-coloniali, e si inseriscono così nel dibattito attualissimo, sull’identità africana sia sul continente sia nel Paesi ex-coloniali. Tra i tanti progetti pubblicati su questo tema abbiamo scelto due esempi: una scuola elementare nella giungla vietnamita progettata dallo studio 1+1>2 e una biblioteca in un villaggio montano in Cina. Infine il progetto di scuola anfibia di Saif Ul Haque Sthapati, in Bangladesh, vincitore dell’Aga Khan Award for Architecture nel 2019, pubblicato su Domus 1050, ottobre 2020. (immagine in apertura)

E poi il colore, che negli edifici scolastici è riservato ai più piccoli. Espunto dal grigiore puritano del modernismo, – si veda a questo proposito la bella analisi di Michel Pastureau in Nero, storia di un colore (Adriano Salani Editore, 2008) – è una sorta di ‘diritto’ rimasto ai bambini. Così l’edificio di una scuola materna a Bhul, in Alsazia, di Dominique Coulon et Associés è nei toni dei rossi mentre Emmanuelle Moreau progetta un asilo nido e scuola materna in Giappone dagli interni fluidi, usando 18 colori. Qui lo scopo è dichiaratamente quello di stimolare la crescita dei bambini attraverso il colore. Tra i progetti in controtendenza c’è la scuola, vernacolare e sostenibile, nel piccolo villaggio di Sainte-Marie-Sicche in Corsica. Amelia Tavella Architectes lavora qui sulla relazione con la natura circostante.

Infine uno sguardo agli arredi. Con il passare del tempo l’arredamento della scuola continua a cambiare, e sembra andare avanti e indietro.
A causa del Coronavirus, durante la scorsa estate il Ministero dell’Istruzione italiano ha acquistato 2,5 milioni e mezzo di banchi individuali per la riapertura delle scuole: stare vicini in questo 2020 non si può.

Ultimi articoli di Architettura

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram