Forse per Wes Anderson essere diventato un tutt’uno con l’estetica codificata e riconoscibile che lo ha reso famoso avrà preso le inquietanti sembianze di una condanna artistica, ma è impossibile negare che le inquadrature simmetriche, i meccanismi narrativi e le immagini dalle tinte retrò dei suoi film continuino, con buona pace del regista, ad esercitare un’influenza duratura sul mondo del design, della moda, della cultura pop e, non ultimo, quello dei social media.
Nell’era della riproducibilità virale e dell’imitazione selvaggia, un progetto come “Accidentally Wes Anderson”, nato come account Instagram nel 2017 da Wally Koval per segnalare luoghi reali che sembrano usciti dai suoi film, non poteva che raccogliere l’entusiasmo di milioni di persone affezionate a questa sensibilità sdolcinata ed eccentrica, a un mondo visivo impastato di riferimenti e atmosfere quasi surreali.
Ma anche il mondo digitale, ad un certo punto, non era più abbastanza, e così “Accidentally Wes Anderson” ha fatto il salto nel mondo fisico, prendendo prima le forme di libro, e poi di una mostra itinerante. Dopo aver fatto tappa a Seoul, Londra, Tokyo, Melbourne e Los Angeles, l’esposizione – curata da Wally e Amanda Koval – è stata inaugurata a Hong Kong, presso il The Mills di Tsuen Wan e in versione gemella ad Airside, a Kai Tak.
Suddivisa in diversi nuclei tematici, la mostra è un viaggio in oltre cento fotografie raccolte negli anni da esploratori urbani e villeggianti con l’occhio allenato a cogliere l’assurdo ordine del mondo. Cabine telefoniche abbandonate, stazioni ferroviarie dimenticate, portoni color burro d’arachidi, piscine e facciate dalle tinte pastello e profili disegnati sono qui esposte con una meticolosa attenzione al dettaglio, seguendo un approccio curatoriale in pieno stile Anderson. Un ottimo espediente per provare quel vago senso di smarrimento tipicamente “Andersoniano” attingendo, però, dalle sorprese che ci riserva il mondo reale.
Immagine di apertura: Copacabana Palace Hotel, Rio de Janeiro, Brazil, 1923. Foto Tiago Petrik, Accidentally Wes Anderson.