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Quando abbiamo scoperto che gustare un Barolo è una questione di design

Determinare la forma attorno alla specificità di un vino, all'interazione degli aromi coi sensi: la storia del calice T-made 75, creato per il Barolo, è un processo di design della complessità.

Concepire un oggetto destinato ai sensi, a partire da quello che i sensi dovranno scoprire: un vino.
Anche solo descrivendola così, è già una questione di design: riguarda infatti il design di un bicchiere, un calice che nasce attorno a un vino specifico, dopo averne dissezionato struttura, componenti, complessità e aromi.

Un tema molto attuale in campo enologico, quello della specificità e della multisensorialità. Un tema che del design va ad abbracciare – più che quelle di lifestyle che stanno a fondo processo – le componenti più profondamente di progetto, quelle da cui esperienza e lifestyle finiscono per derivare.

Ci può aiutare come caso studio l’ultimo nato tra i calici da degustazione prodotti da Italesse, il T-made 75 progettato specificamente per e attorno ai vini Barolo. Un progetto così verticale nella sua espressione riesce a mettere a sistema tutte le componenti di un design process e a farle interagire. È una questione di tecnica: la fisica e la chimica specifiche di quel vino determinano il suo modo di raggiungere i recettori del gusto; anche una questione di plasticità: è la forma del calice a determinare quell’incontro tra fisica, chimica e percezione; e ancora, una questione di fattori sensoriali ed emozionali, che vanno a creare poi la sempre meno vaga e indefinibile “esperienza”.

In un panorama che ci abitua a calici universali, a cui si contrappongono solo i cosiddetti varietali (bianco-rosso-bolla), questo tipo di progetti costruiti attorno alla specificità e alla sensorialità – come Senses, quello di cui il T-made 75 fa parte, assieme a un calice dedicato ai Vermentini di Sardegna e Gallura, e un altro diventato l’ufficiale del Consorzio del Brunello di Montalcino – riapre il discorso su quali siano i punti di partenza per concepire un oggetto così apparentemente neutro ma così radicalmente mediale.

In questo caso il sistema di segni su cui si costruisce tutto un linguaggio di percezione è costituito dagli aromi: per fare esempi, i frutti rossi, il caffè, le rose, il tabacco, tutte componenti dal peso molto differente, destinate ad arrivare in modo più o meno irruento tra palato e olfatto e di cui andrà quindi cercato un bilanciamento, in buona parte dipendente dalla forma del calice che le accoglie. Si parte quindi dalla progettazione per aromi, ma è da una comprensione intima e profonda di tutto ciò che rende peculiare un vino che ci si muove, da quel terroir che non è solo questione di terreno, di un territorio vitato di oltre 2200 ettari, ma di clima, di istante storico, di cultura della coltivazione e del gusto. Per definire cosa significhi Barolo e progettare l’ultimo Italesse, ad esempio, sono passate 660 degustazioni per 30 tipologie di vini Barolo, un processo di 14 mesi tra studio e concezione, e di prove che si sono concentrate su quattro prototipi prima di arrivare alla forma finale.

Perché poi, nonostante ci si sarebbe aspettati un lavoro di sperimentazione diretta sul materiale – che invece resta il vetro cristallino caratterizzante tutta la collezione – è proprio nella definizione della forma che tutta la ricerca va a condensarsi: è una questione che per certi versi richiama un lavoro di musica elettronica, o di produzione musicale in genere, in cui si va a intervenire su una composizione per “tagliarne” alcune componenti ed enfatizzarne altre, e nel “caso Barolo”, Italesse nello sviluppare il suo progetto assieme al sommelier Paolo Lauria ha cercato la forma capace di indirizzare a gusto e olfatto innanzitutto la cosiddetta eleganza del vino, la sua complessità, prima ancora delle tonalità alcoliche – non annullate ma arrotondate – e del tannino.

È alla coppa e alle sue pareti, rastremate ed avvolgenti, che va il compito di un primo convogliare e direzionare al palato la freschezza e all’olfatto l’intensità, in concomitanza con il bevante – dove poggiano le labbra – pronunciato, mentre il disegno del fondo è quello che si occupa di molte delle regolazioni sensoriali di finezza: è piano e molto ampio, valorizza il colore e la trasparenza del Barolo, e soprattutto quella complessità aromatica che ha occasione di distribuirsi su una superficie orizzontale dischiudendo i propri dettagli.

Un’interazione tra spazio e materia, che si trasforma in esperienza dei sensi: se non direttamente di architettura, è di design che stiamo parlando, dei fondamentali di quel rapporto tra l’essere umano e il suo habitat percettibile di cui il design cerca definizioni e forme.

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