Con la bella stagione e in attesa di settembre, tempo di vendemmia e del fermento in cantina, una miriade di eventi richiama appassionati, curiosi o semplicemente goderecci, che non vedono l’ora di rendere omaggio al Dio Bacco facendosi piacevolmente coccolare tra degustazioni e aperitivi. Se poi questa attitudine da “flâneur delle vigne” trascende la mera esperienza organolettica e si associa anche al desiderio di visitare opere di architettura contemporanea progettate da grandi maestri, l’agenda dei week ends comincia a farsi fitta.
Dove il sole del Mediterraneo bacia la terra e addolcisce l’uva, paesaggi bucolici punteggiati di vigne avvolgono le cantine di aziende più o meno celebri che fanno della produzione vinicola non solo un lavoro ma anche una missione culturale: quella di trasmettere i valori di un sapere ancestrale conciliandoli con l’innovazione tecnologica e con la promozione del territorio di riferimento, commissionando a firme autorevoli le loro “cattedrali del vino”.
Così dalla Rioja, al Bordeaux, alla Maremma, al Chianti, dalle costruzioni mimetiche che svaniscono letteralmente nel paesaggio (Archea associati), si conformano ad esso (Botta, Pomodoro, Foster + Partners) o reinterpretano il vernacolo (Dva Arhitekta), alle sculture che si ergono come un landmark marcatamente riconoscibile (Calatrava, Gehry, Hadid, Sartogo, Portzamparc, Baggio Piechaud, Nouvel, Bord Architectural Studio) o che non rinunciano ad astrazioni geometriche in dialogo con il paesaggio (Rshp, Studiopizzi), fino alle opere schiettamente funzionali (Foster + Partners, Siza) e dal convinto sapore industriale (RPB workshop), le cantine sono espressione di cultura e di marketing strategico, a ricordare che una connessione “emotiva” tra architettura e vino non è poi così singolare: perché, come l’architettura è poesia “costruita”, così il vino – come diceva Stevenson – “è poesia in bottiglia”.
Questo articolo è stato aggiornato a maggio 2025