Il design di Jean Nouvel: piccole architetture per interni

“Non sono un designer, sono un architetto che fa design”. La trasversalità e l’indipendenza di Jean Nouvel in quattro decenni di oggetti ed arredi.

Entrando nell’auditorium dell’Institut du Monde Arabe a Parigi, una volta attraversata la grande sala ipostila, ci si accomoda – è il caso di dirlo – su certe sedute insolite per il luogo, che presto rivelano la loro origine: sono i sedili  della Renault 25, simbolo su ruote del new wave della Francia mitterandiana, come l’Institut lo era in termini di architettura, assieme ai suoi edifici “colleghi” che punteggiavano la geografia parigina dei Grands Projets anni ‘80. Stessa città, ma non troppo distante, entrando negli uffici di Fondation Cartier la trasparenza degli spazi interni richiama quella dei vetri e dei montanti slanciati che filtrano il giardino e la strada, e a mediare questo effetto sono le gambe snelle e prismatiche, i piani apparentemente bidimensionali dei tavoli Less, che Jean Nouvel ha sviluppato appositamente per il progetto della fondazione.

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Gli uffici della Fondation Cartier di Parigi con i tavoli Less di Unifor. In Domus 766, dicembre 1996

Queste due immagini possono aiutarci a descrivere – una attraverso la scelta curatoriale di un oggetto già esistente, l’altra attraverso una scelta progettuale – l’approccio di Jean Nouvel al design: un bilanciarsi di istanze poetiche e di un grande pragmatismo, legato a funzione e materia, che si traduce nel processo originativo di oltre 100 pezzi realizzati negli ultimi quattro decenni, ciascun episodio legato quasi sempre ad una specifica architettura, per la quale il singolo pezzo viene pensato. È la genesi di quelle che Nouvel definisce “piccole architetture per interni”, la cui forma è più facile da conformare al di fuori della disciplina, dando nel design maggior possibilità di avanzare idee rispetto a quanto i professionisti sarebbero forzati a fare lavorando alla scala dell’edificio.

È la storia del tavolo Less, creato nel 1994 per Fondation Cartier;  era stata, anche se in direzione inversa, la storia del maglione nato nel 1988 per Jardin des Modes e derivato dalle geometrie evanescenti del progetto per la Grande Arche de la Défense; ma è soprattutto la storia di tanti altri oggetti nati in collaborazione con i brand più importanti, partendo  dall’intenso scambio con l’imprenditore Piero Molteni – dell’azienda omonima e del suo ramo ufficio UniFor – consolidandosi presto nella nascita dell'unità di progettazione Jean Nouvel Design nel 1995.

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Jean Nouvel, The Hotel, Lucerna, 2000. Poltrone Elementaires nel bar. In Domus 831, novembre 2000

In questa modalità, il progetto del 1992 per la nuova sede della pubblicitaria CLMBBDO a Issy-les-moulineaux dà origine alle sedute Mass di Tecno, ispirate a guantoni da boxe e segnate da cinghie di ispirazione industriale; per l’Opéra di Lione del 1993 nascono le sedute da sala di Figueres e i tavoli Lyon di Zeritalia. Giochi di un dialogo molto tecnico che diventano figurativi, ad esempio tra strutture metalliche e geometrie astratte e colorate nei tavoli e sedie Saint James per Ligne Roset, si legano sempre ai principi di composizione dell’architettura, e continuano così nei decenni, come ci raccontano i divani Vienna creati nel 2011 per l’albergo Sofitel Stephansdom e prodotti da Wittmann.

Si tratta di una connessione di principi tanto fondamentale quanto semplice, come già nel 2010, conversando con Stefano Casciani, Nouvel aveva voluto raccontare a Domus: 

“Nel design mi sento un fruitore dei nostri giorni, come tutti gli altri. Per una sedia sono capace di sedermi come farebbe chiunque, idem per un tavolo. Voglio realizzare oggetti che mi soddisfano personalmente, ecco: forse è un atteggiamento egoista, ma penso nel design si debba partire così.” 

  

C’è una linearità di processo che si traduce poi in una linearità ed elementarità di soluzioni e di forme: il tavolo 1 = 2 per Zeritalia (ora Cassina), che si sdoppia allungando le gambe di un elemento a scomparsa; la strutturalità del legno-e-metallo della recente Super-positions per MDF Italia, o dei pendini d’acciaio con cui i ripiani di Graduate (Molteni, 2002) scendono dalla mensola sommitale, o dei bilanciamenti lineari della lampada Equilibrist; o ancora la semplicità di forme a completo vantaggio della materia, delle sue caratteristiche e del suo potenziale nelle sette diverse essenze di legno in cui si presentano i moduli Essences per Rouchon, o nella singola pezza di pelle traforata delle poltrone Skin di Molteni, fino ai monoliti che sorreggono il recente tavolo NVL Table per MDF italia.

È un ragionamento che negli anni si è esteso a scale e campi diversi nel design del prodotto, estendendo riflessioni come quella tra oggetto domestico e città che Alessi aveva aperto con le Tea and Coffee Piazza degli anni ‘80; richiamando il colore di un bicchiere sempre pieno nel vetro del 2002 per l'aperitivo Suze; mettendo in tensione virilità e vulnerabilità nelle forme allusive e al contempo diafane del flacone per L’homme di Yves Saint Laurent.

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Graduate, Molteni&C, 2003. In Domus 848, maggio 2002

In ogni occasione, si tratta di una ricerca che si chiama fuori da un qualche stile codificato, meno che mai volto al passato: “ …C’è un isteria del design, e quando il disegno industriale si rivolge verso “lo stile’ fra virgolette, proprio come lo stilismo di moda, allora non ho più niente da dire.” (Il rischio della modernità, Domus 936, maggio 2010). Era già stata la cifra iniziale del percorso di Nouvel in architettura, al fianco di Claude Parent e Paul Virilio nel contesto radicale di Architecture Principe, una preoccupazione assolutamente lontana dalle questioni formali: “non si discuteva dello stile architettonico, ma del fondamento stesso delle condizioni dell’architettura” (I miei mobili da architetto, Domus 1007, novembre 2016)

Riprendendo i primi passi che dall’interesse per la pittura lo avevano portato a trovare nell’architettura delle possibilità analoghe se non amplificate, Nouvel ha infatti spesso esplorato le potenzialità di interazione ed espressione della materia con lo spazio del vivere proprio attraverso il design, facendone il principio portante anche di pezzi unici o da galleria come i Triptyques di specchi presentati per Gagosian Gallery e Galérie Patrick Seguin nel 2014. Per loro, ha  riassunto le basi di questo processo ideativo in una maniera quasi quintessenziale:  “Lo specchio è un elemento con il quale vogliamo vivere, nel quale riflettiamo le nostre immagini più personali, di noi nella nostra casa, capace di catturare lo scorcio di una finestra.” 

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Jean Nouvel con uno degli specchi Triptyques, Gagosian Gallery, Londra, 2014

Immagine in apertura: Jean Nouvel con uno degli specchi Triptyques, Gagosian Gallery, Londra, 2014.

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