Gli assoluti: 20 lampade di design imperdibili

Dagli importanti lampadari alle piccole lampade da comodino, dai prodotti in vetro a quelli stampati in plastica: 20 progetti iconici selezionati da Domusweb.

Gio Ponti, lampada da tavolo “Bilia”, Fontana Arte, 1932 In un’epoca in cui l’Italia era ancora prevalentemente segnata da una tendenza decorativa passatista, Ponti elabora una lampada come essenziale sintesi di forme geometriche: la sfera sovrapposta al cono parla un linguaggio tanto minimale quanto assoluto.

Lampada da tavolo con struttura in metallo nichelato spazzolato oppure in ottone e diffusore in vetro soffiato bianco satinato. Oggi disponibile anche nella versione led. Dimensioni: cm Ø 20 x h.43

Jac Jacobsen, lampada da tavolo “L-1”, Luxo, 1937 Le lampade a braccio con morsetto, nate all’inizio del secolo XX per usi industriali, vengono progressivamente adattate agli spazi di lavoro. La “L-1” Luxo, sviluppata dal danese Jacobsen, è, tra esse, il modello più classico. In Italia si è nel tempo diffusa anche la variante detta “Naska Loris”, dal nome del primo distributore della Luxo.  

Lampada da tavolo a bracci snodati. Lamierino e tubi in acciaio trafilati e verniciati a fuoco, molle in acciaio temperato e cromato. Usualmente a morsetto, può essere dotata di una base. Oggi disponibile anche con sorgente a led. Dimensioni: l. bracci cm 104; riflettore cm Ø16 x h.17

Isamu Noguchi, lampada da tavolo “1A- Akari”, 1951, oggi Vitra   Le “Akari” sono in realtà un’intera collezione di lampade disegnate dal grande scultore nippo-americano Noguchi. La fragile carta che costituisce il paralume riprende una antichissima tecnica giapponese e diffonde una luce morbida, rispettosa delle ombre.  

Lampada da tavolo con diffusore in carta giapponese, struttura in sottile filo d’acciaio o in bambù. Dimensioni: cm 25 x 25 x h.43  

Serge Mouille, lampada da parete “AP2B”, Editions Serge Mouille, 1953 Prodotte dal 1953 al 1961, le celebri lampade a braccio fitomorfiche, capolavoro del design francese, rientrano in produzione nel 1999 per volontà della famiglia di Serge Mouille, in serie numerata e con il massimo rispetto dei modelli originali.

Lampada da parete orientabile con struttura in tondino d'acciaio verniciato nero, riflettori in alluminio laccato nero con interno bianco, giunti sferici in ottone. Realizzata interamente a mano. Dimensioni: cm l.97/134

Max Ingrand, lampada da tavolo “Fontana” o “mod. 1853”, Fontana Arte, 1954 Una lampada che, nel tempo, si è trasformata nell’icona stessa dell’abat-jour di cui adotta il classico cappello tronco-conico, qui tuttavia realizzato in vetro bianco e montato su una base, anche essa in vetro, caratterizzata da una morbida sagoma. Ingrand, maestro dimenticato del vetro, sintetizza in questa lampada i desideri delle borghesia colta.

Lampada da tavolo con diffusore e base in vetro soffiato bianco satinato; montatura in metallo verniciato bianco. Oggi disponibile anche nella versione led. Il modello è dotato di accensione multipla, nella base, nel cappello e verso l’alto. Dimensioni: cm Ø20 x h.34; cm Ø32 x h.53; cm Ø47 x h.78

Gino Sarfatti, lampadario “2097-50”, Arteluce, 1958, quindi Flos Prima che la tipologia della lampada a soffitto uscisse, per lungo tempo, dall’attenzione del pubblico, Sarfatti progetta un capolavoro assoluto. Uno dei pochi lampadari capaci di competere con le grandi realizzazioni storiche in vetro di Murano. In realtà il disegno è essenziale, affidato a sottili bacchette che portano ciascuna una minuscola lampadina detta “a piccola pera”.

Lampada a sospensione a luce diffusa. Struttura centrale in ferro e bracci in ottone, cromato o dorato. Attacco a soffitto e rosone in acciaio. Dimensioni: cm Ø100 x h.88 (mod. 2097.50, dotato di 50 lampadine); cm Ø 88 x h.72 (mod. 2097.30, dotato di 30 lampadine)

Poul Henningsen, lampadario “Artichoke”, Louis Poulsen, 1958 Disegnato per il ristorante ‘Langelinie Pavillonen’ di Copenhagen, “Artichoke” è inizialmente un nomignolo, “carciofo”, che deriva dalla distribuzione delle foglie, necessarie per schermare la luce proveniente da un bulbo centrale. Ancora oggi una delle icone maggiormente riconosciute del design danese.

Lampada a sospensione composta da una struttura in acciaio su cui trovano posto 72 "foglie" (distribuite su 12 file) in acciaio inossidabile spazzolato o in rame, a schermare la sorgente luminosa. Dimensioni varie, tra le più diffuse: cm Ø84 x h.72; Ø60 x h.58

Joe e Gianni Colombo, lampada da tavolo “Acrilica”, Oluce, 1962 L’unico oggetto che i fratelli Colombo, Gianni l’artista e Joe il designer, abbiano progettato insieme. La luce, da una sorgente lineare nascosta nella base, risale lungo il blocco sagomato di metacrilato ricordando le utopie dell’arte cinetica. Un oggetto a cavallo tra scultura e design.

Lampada da tavolo a luce indiretta e diffusa. Base in acciaio verniciato e diffusore in metacrilato ad alto spessore. Dimensioni: cm l.26 x h.23

Achille e Pier Giacomo Castiglioni, lampada da terra “Arco”, Flos, 1962 Forse l’oggetto più conosciuto di tutto il design italiano. Il grande “arco” dei Castiglioni permette di portare la luce verso un tavolo posizionato in una zona assai lontana dai muri di una stanza: “Arco” nasce dunque come alternativa al punto luce centrale a soffitto. Un simile “sbraccio” richiedeva tuttavia, per la stabilità, una base pesante: ecco giustificato il blocco di marmo bianco con il caratteristico foro, da usare in realtà per inserire un bastone (il manico di una scopa) e permettere a due persone di trasportare la lampada.

Lampada da terra a luce diretta. Base di marmo bianco di Carrara. Stelo telescopico in acciaio inossidabile satinato. Riflettore orientabile e regolabile in altezza in alluminio stampato Dimensioni: cm l.220 x h.240

Gae Aulenti, lampada da tavolo “Pipistrello”, Martinelli Luce, 1965 Capostipite della famiglia delle “lampade personaggio”, la Pipistrello assume in realtà le sembianze di un palmizio (anche per le caratteristiche scanalature del “fusto”). È l’oggetto più conosciuto di quella tendenza del design italiano che fu ai tempi denominata “Neo-Liberty”.  

Lampada da tavolo regolabile in altezza con movimento telescopico. Diffusore in metacrilato opale bianco, fusto telescopico in acciaio inox. Base e pomello in metallo verniciato. Dal 2013 disponibile anche in varianti di finitura e nella versione mini (Ø 27 x h.35). Dimensioni: cm Ø 55 x h.66-86;

Angelo Mangiarotti, lampada a sospensione componibile “Giogali”, Vistosi, 1967 Incredibilmente la più efficace concretizzazione dell’estetica del modulo e della “prefabbricazione”, tipica della fine degli anni ‘60, è una “lampada”, altamente poetica e di grandissima ricercatezza formale. Il semplice “gancio” a ferro di cavallo piegato sconvolgerà l’ambiente muranese e, composto in preziosissime “tende”, troverà applicazione in importanti e differenziate situazioni. Una chiara anticipazione del rapporto, oggi così frequente, tra design e arti decorative.

Sistema decorativo d'illuminazione basato sul modulo: un gancio componibile di cristallo, eseguito a mano. Può essere impiegato per comporre lampadari di qualsiasi dimensione. Dimensioni: componibile fino all’impiego di migliaia di ganci

Gianfranco Frattini, Livio Castiglioni, lampada “Boalum”, Artemide, 1970 Un progetto che non è solo un’icona in se stesso, ma anche un chiaro simbolo del periodo in cui è stato disegnato: libero, flessibile, da appoggiare a terra o da arrotolare su un mobile. L’ispirazione nacque dal tubo di un aspirapolvere, ma l’ingegnerizzazione richiese, ai tempi, una notevolissima ricerca.

Lampada con struttura in plastica bianca flessibile rinforzata e terminali in resina. Speciali lampadine collegate in serie distanziate da una sfera isolante. Dimensioni: cm Ø6 x l.max 200

Paolo Rizzatto, lampada a parete a braccio “265”, Flos, 1973   Il tema, straordinario, del movimento della luce nello spazio viene affrontato con grande perizia da Rizzatto. Con un leggero tocco della mano l’asta, lunga ben 2 metri, si porta nella posizione voluta dall’utente, spostando la luce in qualunque punto di un volume di 4 x 4 metri, alto 3 metri.    

Lampada da parete a luce diretta con lungo braccio orientabile in acciaio verniciato terminante con un contrappeso conico in ghisa. Riflettore in acciaio verniciato e mensola a muro incernierata. Dimensioni braccio mobile: cm l.205

Vico Magistretti, lampada da tavolo “Atollo” o mod.233, O luce, 1977 Una delle poche lampade di design della storia del design che tutti, anche i non addetti ai lavori, chiamano per nome. Costruita su un’essenziale schema geometrico (la mezza sfera sul cono e questo sul cilindro) nasconde sofisticati dettagli quali la possibile inclinazione del grande cappello.

Lampada da tavolo (modello 233) originariamente in metallo laccato a fuoco bianco, nero, sabbia o ruggine. Portava due lampadine da 100W attacco E27. Negli anni ‘90 è stata realizzata anche in vetro di Murano opalino e scalata dimensionalmente. Agli inizi del nuovo millennio risale la versione con finitura galvanica in oro satinato.   Dimensioni originali: cm Ø50, base Ø20, h.70; oggi anche Ø38, base Ø15, h.50; Ø25, base Ø10, h.35

Paolo Rizzatto, lampada da tavolo e da terra “Costanza”, Luceplan, 1986 Uno degli oggetti che dà inizio, in Italia, alla corrente minimalista. In realtà “Costanza” muove dalla rilettura della classica lampada ad abat-jour in cui Rizzatto riconosce valori di domesticità e “calore” che non hanno uguali: ecco che il modello storico viene scarnificato e reinterpretato attraverso i materiali più attuali. Un vero “classico contemporaneo”.

Stelo estensibile in alluminio. Paralume in policarbonato serigrafato. Nel tempo “Costanza” ha dato luogo a una grande famiglia progettuale sia da interno (terra, tavolo, applique, sospensione, ad arco) che da esterno. Dimensioni: modello da terra h.tot. 120/160; modello da tavolo h.tot.76-110. Per entrambi paralume cm Ø 40 x h. 28, base cm 18x18

Michele De Lucchi e Giancarlo Fassina, lampada da tavolo “Tolomeo”, Artemide, 1986 Nella grande famiglia tipologica delle lampade di design a bracci, “Tolomeo” costituisce un episodio fondamentale: funzionale, centrata nel prezzo, è oggi uno degli apparecchi più venduti in assoluto, coprendo trasversalmente una fascia di mercato che dal domestico passa agli uffici e al contract.

Struttura a bracci mobili in alluminio lucidato, diffusore orientabile in alluminio anodizzato opaco, morsetto o base in alluminio lucidato Dimensioni: cm ø23 (base) x p.78 x h.129

Ingo Maurer, lampada da tavolo “One from the Heart”, Ingo Maurer, 1989 Quasi impossibile scegliere un’unica lampada nella straordinaria produzione di Ingo Maurer, senz’altro uno dei maggiori lighting designer del XX secolo. Irriverente dal punto di vista formale, rivoluzionario dal punto di vista tecnologico, Maurer rompe sistematicamente le regole. “One from the Heart” nasce come regalo di nozze: ecco spiegata la simbologia dei due cavi, rispettivamente rosso e blu, che si incontrano sotto ad un cuore, da cui fuoriesce la luce poi riflessa in uno specchio.

Lampada in metallo con specchio orientabile e cuore in materiale sintetico che contiene la sorgente. Alla base due piccoli coccodrilli in plastica. Dimensioni: cm 40 x h.95

Jasper Morrison, collezione di lampade “Glo-Ball”, Flos, 1998 Da sempre alla ricerca della forma più semplice che sia comunque massimamente espressiva, Morrison propone un vetro bianco “schiacciato ai poli” che non necessita di nessun altro intervento per divenire un classico.

Diffusore in vetro opalino incamiciato, soffiato a bocca, con finitura esterna acidata. La collezione comprende i modelli a sospensione, da terra, da tavolo e applique. Nelle versioni da tavolo, quando il vetro non è semplicemente fissato ad un elemento stampato ad iniezione in poliammide rinforzato, si adotta uno stelo in tubolare d'acciaio con base di acciaio ad alto spessore. Dimensioni diffusore in vetro: cm l.33 x h.27 (basic 1); l.45 x h.36 (basic 2)

Konstantin Grcic, lampada trasportabile “May Day”, Flos, 1999   Nata ispirandosi agli apparecchi mobili da cantiere, “May Day” spariglia il tema tipologico (è una lampada da terra? da tavolo? a sospensione?).  Grazie alla dotazione di un lunghissimo cavo e alla maniglia stampata in plastica che funziona anche come gancio, è utilizzabile in situazioni molto diverse.  

Apparecchio di illuminazione multiuso. Diffusore conico in polipropilene opalino, stampato ad iniezione. Gancio/maniglia, avente anche la funzione di avvolgicavo, in polipropilene. Dotata di 5 metri di cavo. Dimensioni: cm  Ø 22 x h. 53

Michael Anastassiades, “IC Light S1”, Flos, 2014 Il designer anglo-cipriota è senz’altro tra i più dotati della sua generazione. I sui lavori progettuali, che combinano la sfera e il cavo in articolate composizioni spaziali, sono tra i più belli e, oramai da parecchi anni, tra i più copiati. In questo apparecchio a sospensione Anastassiades recupera la semplice poesia del globo così detto “ministeriale” (in quanto tipico dell’illuminazione degli uffici e dei luoghi pubblici dall’inizio del XX secolo) e lo reinterpreta con grande garbo grazie allo scatto laterale della tige e alla sorgente a led (che annulla il problema del cambio della lampadina).

Apparecchio da sospensione a luce diffusa. Telaio in ottone, spazzolato e verniciato trasparente, acciaio cromato o verniciato nero. Diffusore opalino di vetro soffiato. La collezione comprende anche modelli da tavolo e da terra. Dimensioni: cm Ø 20 x h. 47  

Per quanto concerne il lighting design, quella molteplicità di modelli  che oggi diamo assolutamente per scontata è, viceversa, un fenomeno piuttosto recente.

Ricordiamo che Gino Sarfatti, proprio su Domus nel febbraio del 1940, cercava di convincere i lettori che la fissità e l’unicità del punto luce centrale a soffitto erano condizioni non più consone alla vita contemporanea e che la luce nelle case avrebbe dovuto finalmente seguire la vita degli abitanti, dando origine ad apparecchi “dedicati”, ovvero specializzati. Oggi tale obiettivo è senz’altro raggiunto e il mondo delle lampade comprende numerose tipologie distinte: difficile pertanto confrontare un importante lampadario con una piccola lampada da comodino o con una applique, una lampada tecnica con una da tavolo, un prodotto in vetro, da uno stampato in plastica.

Ecco dunque che le nostre 20 icone non potranno che sfiorare alcune delle eccellenze di questi diversi settori. Un ulteriore aspetto da non dimenticare è l’inarrestabile ascesa dell’illuminazione a led che, dall’inizio del nuovo millennio, ha profondamente cambiato le regole del gioco: i progettisti, abituati da sempre a costruire gli apparecchi luminosi come “gusci”, più o meno trasparenti, attorno a una lampadina a incandescenza, si sono di colpo trovati a ragionare con sorgenti non solo miniaturizzate, ma anche dotate di forme particolari  (pensiamo allo strip-led) e per di più passibili di una lunga vita nel tempo (l’accessibilità dell’apparecchio per il cambio della sorgente non è dunque più una condizione vincolante). 

Gio Ponti, lampada da tavolo “Bilia”, Fontana Arte, 1932 Lampada da tavolo con struttura in metallo nichelato spazzolato oppure in ottone e diffusore in vetro soffiato bianco satinato. Oggi disponibile anche nella versione led. Dimensioni: cm Ø 20 x h.43

In un’epoca in cui l’Italia era ancora prevalentemente segnata da una tendenza decorativa passatista, Ponti elabora una lampada come essenziale sintesi di forme geometriche: la sfera sovrapposta al cono parla un linguaggio tanto minimale quanto assoluto.

Jac Jacobsen, lampada da tavolo “L-1”, Luxo, 1937 Lampada da tavolo a bracci snodati. Lamierino e tubi in acciaio trafilati e verniciati a fuoco, molle in acciaio temperato e cromato. Usualmente a morsetto, può essere dotata di una base. Oggi disponibile anche con sorgente a led. Dimensioni: l. bracci cm 104; riflettore cm Ø16 x h.17

Le lampade a braccio con morsetto, nate all’inizio del secolo XX per usi industriali, vengono progressivamente adattate agli spazi di lavoro. La “L-1” Luxo, sviluppata dal danese Jacobsen, è, tra esse, il modello più classico. In Italia si è nel tempo diffusa anche la variante detta “Naska Loris”, dal nome del primo distributore della Luxo.  

Isamu Noguchi, lampada da tavolo “1A- Akari”, 1951, oggi Vitra Lampada da tavolo con diffusore in carta giapponese, struttura in sottile filo d’acciaio o in bambù. Dimensioni: cm 25 x 25 x h.43  

  Le “Akari” sono in realtà un’intera collezione di lampade disegnate dal grande scultore nippo-americano Noguchi. La fragile carta che costituisce il paralume riprende una antichissima tecnica giapponese e diffonde una luce morbida, rispettosa delle ombre.  

Serge Mouille, lampada da parete “AP2B”, Editions Serge Mouille, 1953 Lampada da parete orientabile con struttura in tondino d'acciaio verniciato nero, riflettori in alluminio laccato nero con interno bianco, giunti sferici in ottone. Realizzata interamente a mano. Dimensioni: cm l.97/134

Prodotte dal 1953 al 1961, le celebri lampade a braccio fitomorfiche, capolavoro del design francese, rientrano in produzione nel 1999 per volontà della famiglia di Serge Mouille, in serie numerata e con il massimo rispetto dei modelli originali.

Max Ingrand, lampada da tavolo “Fontana” o “mod. 1853”, Fontana Arte, 1954 Lampada da tavolo con diffusore e base in vetro soffiato bianco satinato; montatura in metallo verniciato bianco. Oggi disponibile anche nella versione led. Il modello è dotato di accensione multipla, nella base, nel cappello e verso l’alto. Dimensioni: cm Ø20 x h.34; cm Ø32 x h.53; cm Ø47 x h.78

Una lampada che, nel tempo, si è trasformata nell’icona stessa dell’abat-jour di cui adotta il classico cappello tronco-conico, qui tuttavia realizzato in vetro bianco e montato su una base, anche essa in vetro, caratterizzata da una morbida sagoma. Ingrand, maestro dimenticato del vetro, sintetizza in questa lampada i desideri delle borghesia colta.

Gino Sarfatti, lampadario “2097-50”, Arteluce, 1958, quindi Flos Lampada a sospensione a luce diffusa. Struttura centrale in ferro e bracci in ottone, cromato o dorato. Attacco a soffitto e rosone in acciaio. Dimensioni: cm Ø100 x h.88 (mod. 2097.50, dotato di 50 lampadine); cm Ø 88 x h.72 (mod. 2097.30, dotato di 30 lampadine)

Prima che la tipologia della lampada a soffitto uscisse, per lungo tempo, dall’attenzione del pubblico, Sarfatti progetta un capolavoro assoluto. Uno dei pochi lampadari capaci di competere con le grandi realizzazioni storiche in vetro di Murano. In realtà il disegno è essenziale, affidato a sottili bacchette che portano ciascuna una minuscola lampadina detta “a piccola pera”.

Poul Henningsen, lampadario “Artichoke”, Louis Poulsen, 1958 Lampada a sospensione composta da una struttura in acciaio su cui trovano posto 72 "foglie" (distribuite su 12 file) in acciaio inossidabile spazzolato o in rame, a schermare la sorgente luminosa. Dimensioni varie, tra le più diffuse: cm Ø84 x h.72; Ø60 x h.58

Disegnato per il ristorante ‘Langelinie Pavillonen’ di Copenhagen, “Artichoke” è inizialmente un nomignolo, “carciofo”, che deriva dalla distribuzione delle foglie, necessarie per schermare la luce proveniente da un bulbo centrale. Ancora oggi una delle icone maggiormente riconosciute del design danese.

Joe e Gianni Colombo, lampada da tavolo “Acrilica”, Oluce, 1962 Lampada da tavolo a luce indiretta e diffusa. Base in acciaio verniciato e diffusore in metacrilato ad alto spessore. Dimensioni: cm l.26 x h.23

L’unico oggetto che i fratelli Colombo, Gianni l’artista e Joe il designer, abbiano progettato insieme. La luce, da una sorgente lineare nascosta nella base, risale lungo il blocco sagomato di metacrilato ricordando le utopie dell’arte cinetica. Un oggetto a cavallo tra scultura e design.

Achille e Pier Giacomo Castiglioni, lampada da terra “Arco”, Flos, 1962 Lampada da terra a luce diretta. Base di marmo bianco di Carrara. Stelo telescopico in acciaio inossidabile satinato. Riflettore orientabile e regolabile in altezza in alluminio stampato Dimensioni: cm l.220 x h.240

Forse l’oggetto più conosciuto di tutto il design italiano. Il grande “arco” dei Castiglioni permette di portare la luce verso un tavolo posizionato in una zona assai lontana dai muri di una stanza: “Arco” nasce dunque come alternativa al punto luce centrale a soffitto. Un simile “sbraccio” richiedeva tuttavia, per la stabilità, una base pesante: ecco giustificato il blocco di marmo bianco con il caratteristico foro, da usare in realtà per inserire un bastone (il manico di una scopa) e permettere a due persone di trasportare la lampada.

Gae Aulenti, lampada da tavolo “Pipistrello”, Martinelli Luce, 1965 Lampada da tavolo regolabile in altezza con movimento telescopico. Diffusore in metacrilato opale bianco, fusto telescopico in acciaio inox. Base e pomello in metallo verniciato. Dal 2013 disponibile anche in varianti di finitura e nella versione mini (Ø 27 x h.35). Dimensioni: cm Ø 55 x h.66-86;

Capostipite della famiglia delle “lampade personaggio”, la Pipistrello assume in realtà le sembianze di un palmizio (anche per le caratteristiche scanalature del “fusto”). È l’oggetto più conosciuto di quella tendenza del design italiano che fu ai tempi denominata “Neo-Liberty”.  

Angelo Mangiarotti, lampada a sospensione componibile “Giogali”, Vistosi, 1967 Sistema decorativo d'illuminazione basato sul modulo: un gancio componibile di cristallo, eseguito a mano. Può essere impiegato per comporre lampadari di qualsiasi dimensione. Dimensioni: componibile fino all’impiego di migliaia di ganci

Incredibilmente la più efficace concretizzazione dell’estetica del modulo e della “prefabbricazione”, tipica della fine degli anni ‘60, è una “lampada”, altamente poetica e di grandissima ricercatezza formale. Il semplice “gancio” a ferro di cavallo piegato sconvolgerà l’ambiente muranese e, composto in preziosissime “tende”, troverà applicazione in importanti e differenziate situazioni. Una chiara anticipazione del rapporto, oggi così frequente, tra design e arti decorative.

Gianfranco Frattini, Livio Castiglioni, lampada “Boalum”, Artemide, 1970 Lampada con struttura in plastica bianca flessibile rinforzata e terminali in resina. Speciali lampadine collegate in serie distanziate da una sfera isolante. Dimensioni: cm Ø6 x l.max 200

Un progetto che non è solo un’icona in se stesso, ma anche un chiaro simbolo del periodo in cui è stato disegnato: libero, flessibile, da appoggiare a terra o da arrotolare su un mobile. L’ispirazione nacque dal tubo di un aspirapolvere, ma l’ingegnerizzazione richiese, ai tempi, una notevolissima ricerca.

Paolo Rizzatto, lampada a parete a braccio “265”, Flos, 1973 Lampada da parete a luce diretta con lungo braccio orientabile in acciaio verniciato terminante con un contrappeso conico in ghisa. Riflettore in acciaio verniciato e mensola a muro incernierata. Dimensioni braccio mobile: cm l.205

  Il tema, straordinario, del movimento della luce nello spazio viene affrontato con grande perizia da Rizzatto. Con un leggero tocco della mano l’asta, lunga ben 2 metri, si porta nella posizione voluta dall’utente, spostando la luce in qualunque punto di un volume di 4 x 4 metri, alto 3 metri.    

Vico Magistretti, lampada da tavolo “Atollo” o mod.233, O luce, 1977 Lampada da tavolo (modello 233) originariamente in metallo laccato a fuoco bianco, nero, sabbia o ruggine. Portava due lampadine da 100W attacco E27. Negli anni ‘90 è stata realizzata anche in vetro di Murano opalino e scalata dimensionalmente. Agli inizi del nuovo millennio risale la versione con finitura galvanica in oro satinato.   Dimensioni originali: cm Ø50, base Ø20, h.70; oggi anche Ø38, base Ø15, h.50; Ø25, base Ø10, h.35

Una delle poche lampade di design della storia del design che tutti, anche i non addetti ai lavori, chiamano per nome. Costruita su un’essenziale schema geometrico (la mezza sfera sul cono e questo sul cilindro) nasconde sofisticati dettagli quali la possibile inclinazione del grande cappello.

Paolo Rizzatto, lampada da tavolo e da terra “Costanza”, Luceplan, 1986 Stelo estensibile in alluminio. Paralume in policarbonato serigrafato. Nel tempo “Costanza” ha dato luogo a una grande famiglia progettuale sia da interno (terra, tavolo, applique, sospensione, ad arco) che da esterno. Dimensioni: modello da terra h.tot. 120/160; modello da tavolo h.tot.76-110. Per entrambi paralume cm Ø 40 x h. 28, base cm 18x18

Uno degli oggetti che dà inizio, in Italia, alla corrente minimalista. In realtà “Costanza” muove dalla rilettura della classica lampada ad abat-jour in cui Rizzatto riconosce valori di domesticità e “calore” che non hanno uguali: ecco che il modello storico viene scarnificato e reinterpretato attraverso i materiali più attuali. Un vero “classico contemporaneo”.

Michele De Lucchi e Giancarlo Fassina, lampada da tavolo “Tolomeo”, Artemide, 1986 Struttura a bracci mobili in alluminio lucidato, diffusore orientabile in alluminio anodizzato opaco, morsetto o base in alluminio lucidato Dimensioni: cm ø23 (base) x p.78 x h.129

Nella grande famiglia tipologica delle lampade di design a bracci, “Tolomeo” costituisce un episodio fondamentale: funzionale, centrata nel prezzo, è oggi uno degli apparecchi più venduti in assoluto, coprendo trasversalmente una fascia di mercato che dal domestico passa agli uffici e al contract.

Ingo Maurer, lampada da tavolo “One from the Heart”, Ingo Maurer, 1989 Lampada in metallo con specchio orientabile e cuore in materiale sintetico che contiene la sorgente. Alla base due piccoli coccodrilli in plastica. Dimensioni: cm 40 x h.95

Quasi impossibile scegliere un’unica lampada nella straordinaria produzione di Ingo Maurer, senz’altro uno dei maggiori lighting designer del XX secolo. Irriverente dal punto di vista formale, rivoluzionario dal punto di vista tecnologico, Maurer rompe sistematicamente le regole. “One from the Heart” nasce come regalo di nozze: ecco spiegata la simbologia dei due cavi, rispettivamente rosso e blu, che si incontrano sotto ad un cuore, da cui fuoriesce la luce poi riflessa in uno specchio.

Jasper Morrison, collezione di lampade “Glo-Ball”, Flos, 1998 Diffusore in vetro opalino incamiciato, soffiato a bocca, con finitura esterna acidata. La collezione comprende i modelli a sospensione, da terra, da tavolo e applique. Nelle versioni da tavolo, quando il vetro non è semplicemente fissato ad un elemento stampato ad iniezione in poliammide rinforzato, si adotta uno stelo in tubolare d'acciaio con base di acciaio ad alto spessore. Dimensioni diffusore in vetro: cm l.33 x h.27 (basic 1); l.45 x h.36 (basic 2)

Da sempre alla ricerca della forma più semplice che sia comunque massimamente espressiva, Morrison propone un vetro bianco “schiacciato ai poli” che non necessita di nessun altro intervento per divenire un classico.

Konstantin Grcic, lampada trasportabile “May Day”, Flos, 1999 Apparecchio di illuminazione multiuso. Diffusore conico in polipropilene opalino, stampato ad iniezione. Gancio/maniglia, avente anche la funzione di avvolgicavo, in polipropilene. Dotata di 5 metri di cavo. Dimensioni: cm  Ø 22 x h. 53

  Nata ispirandosi agli apparecchi mobili da cantiere, “May Day” spariglia il tema tipologico (è una lampada da terra? da tavolo? a sospensione?).  Grazie alla dotazione di un lunghissimo cavo e alla maniglia stampata in plastica che funziona anche come gancio, è utilizzabile in situazioni molto diverse.  

Michael Anastassiades, “IC Light S1”, Flos, 2014 Apparecchio da sospensione a luce diffusa. Telaio in ottone, spazzolato e verniciato trasparente, acciaio cromato o verniciato nero. Diffusore opalino di vetro soffiato. La collezione comprende anche modelli da tavolo e da terra. Dimensioni: cm Ø 20 x h. 47  

Il designer anglo-cipriota è senz’altro tra i più dotati della sua generazione. I sui lavori progettuali, che combinano la sfera e il cavo in articolate composizioni spaziali, sono tra i più belli e, oramai da parecchi anni, tra i più copiati. In questo apparecchio a sospensione Anastassiades recupera la semplice poesia del globo così detto “ministeriale” (in quanto tipico dell’illuminazione degli uffici e dei luoghi pubblici dall’inizio del XX secolo) e lo reinterpreta con grande garbo grazie allo scatto laterale della tige e alla sorgente a led (che annulla il problema del cambio della lampadina).