Nella mnemonica classica, i punti che
componevano le orazioni corrispondevano a
una serie di loci o luoghi di equivalenza architettonica.
Tale principio permetteva agli antichi
oratori di esercitare la memoria e assicurarne
l'infallibilità al momento dell'esposizione pubblica
dei propri articolati discorsi. Con le dovute
differenze, tracce di questo procedimento
sembrano affiorare nel lavoro di
Simon Starling e nel metodo che
regola la sua mostra "Three Birds,
Seven Stories, Interpolations and
Bifurcations". Rispondendo all'invito
di Franco Noero di progettare
la mostra inaugurale della nuova
galleria, situata nell'edificio di
Antonelli detto "Fetta di Polenta"
a Torino, Starling presenta una
mostra articolata sull'idea di un'intima
corrispondenza tra i luoghi
architettonici e la memoria. Dagli
esordi, il modernismo è il campo di
indagine di Starling e gli intrecci tra
le storie non scritte che ne compongono
il tessuto sono i suoi strumenti.
Con un metodo che è anche archeologico,
Starling scava nell'oscurità di questo recente
passato, dissotterrando gli insospettabili collegamenti
che ne hanno regolato lo svolgimento.
La mostra ideata per l'edificio di Antonelli collega
così in un inedito cortocircuito Torino, Indore
e Berlino, svelando un'insolita trama tesa tra
Italia, India e Germania.
L'articolato progetto ideato da Starling
ha inizio a Torino, dove, anche grazie a un
tocco di britannica serendipity, l'artista scopre
che in città è conservato il ritratto del
Maharaja Yeshwant Rao Holkar Bahadur.
Forse sconosciuto a molti, il personaggio è
invece per Starling una figura di rilievo, le cui idee e azioni scrissero un affascinante capitolo
di quella storia della cultura che tanto lo
appassiona. Educato in Inghilterra, e pronipote
di uno dei Governatori che più contribuirono alla
modernizzazione dell'India, nel 1929 il Principe
commissionò il rinnovamento della propria
residenza di Manik Bagh – progettata
dagli inglesi MacKenzie & Co. – all'architetto
tedesco Eckart Muthesius, incaricandolo di
disegnarne gli arredi interni. Nei giardini dello
stesso palazzo, il Principe aveva anche intenzione
di far costruire un tempio all'interno del
quale dovevano essere ospitate tre versioni di
Bird in Space, le sculture di Brancusi che aveva
acquistato a Parigi direttamente
dall'artista. L'interesse nei
confronti di Brancusi era anche
condiviso dall'architetto tedesco,
che progettò alcuni degli
arredi ispirandosi alla pulizia
formale tipica dello scultore di
origine romena. Oltre al lavoro
per il Principe, l'avventura
indiana di Muthesius continuò in
una consulenza al regista Fritz
Lang, il quale girò nel Paese due
lungometraggi. Attraverso una
serie di ventuno raffinate stampe
al platino, Starling propone
alcune immagini-chiave di tale
storia poco conosciuta e forse
mai scritta integralmente. In mostra, l'artista
include anche tre blocchi in marmo, ricavati
dalla stessa qualità, ormai non più in commercio,
al tempo utilizzata da Brancusi per le sue
celebri opere. Per il visitatore, percorrere, o
meglio ascendere i sette piani della "Fetta di
Polenta" significa scorgere grazie all'artista e
all'eccentricità del progetto antonelliano circonvoluzioni
complesse, all'interno delle quali
ciascuna delle stanze che ospitano la mostra
diventa davvero un luogo della memoria e il
catalizzatore capace di azionare un fertile circuito
di idee, fatti e sogni, all'interno del quale
razionalità e follia scambiano continuamente i
propri ruoli.
Simon Starling
A Torino, Starling e Noero mettono in scena un inedito cortocircuito di corrispondenze tra luoghi architettonici e memoria. Testo Marcella Beccaria. Foto Tommaso Buzzi.

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- 12 giugno 2008
- Torino
