Simon Starling

A Torino, Starling e Noero mettono in scena un inedito cortocircuito di corrispondenze tra luoghi architettonici e memoria. Testo Marcella Beccaria. Foto Tommaso Buzzi.

Nella mnemonica classica, i punti che componevano le orazioni corrispondevano a una serie di loci o luoghi di equivalenza architettonica. Tale principio permetteva agli antichi oratori di esercitare la memoria e assicurarne l'infallibilità al momento dell'esposizione pubblica dei propri articolati discorsi. Con le dovute differenze, tracce di questo procedimento sembrano affiorare nel lavoro di Simon Starling e nel metodo che regola la sua mostra "Three Birds, Seven Stories, Interpolations and Bifurcations". Rispondendo all'invito di Franco Noero di progettare la mostra inaugurale della nuova galleria, situata nell'edificio di Antonelli detto "Fetta di Polenta" a Torino, Starling presenta una mostra articolata sull'idea di un'intima corrispondenza tra i luoghi architettonici e la memoria. Dagli esordi, il modernismo è il campo di indagine di Starling e gli intrecci tra le storie non scritte che ne compongono il tessuto sono i suoi strumenti. Con un metodo che è anche archeologico, Starling scava nell'oscurità di questo recente passato, dissotterrando gli insospettabili collegamenti che ne hanno regolato lo svolgimento. La mostra ideata per l'edificio di Antonelli collega così in un inedito cortocircuito Torino, Indore e Berlino, svelando un'insolita trama tesa tra Italia, India e Germania.

L'articolato progetto ideato da Starling ha inizio a Torino, dove, anche grazie a un tocco di britannica serendipity, l'artista scopre che in città è conservato il ritratto del Maharaja Yeshwant Rao Holkar Bahadur. Forse sconosciuto a molti, il personaggio è invece per Starling una figura di rilievo, le cui idee e azioni scrissero un affascinante capitolo di quella storia della cultura che tanto lo appassiona. Educato in Inghilterra, e pronipote di uno dei Governatori che più contribuirono alla modernizzazione dell'India, nel 1929 il Principe commissionò il rinnovamento della propria residenza di Manik Bagh – progettata dagli inglesi MacKenzie & Co. – all'architetto tedesco Eckart Muthesius, incaricandolo di disegnarne gli arredi interni. Nei giardini dello stesso palazzo, il Principe aveva anche intenzione di far costruire un tempio all'interno del quale dovevano essere ospitate tre versioni di Bird in Space, le sculture di Brancusi che aveva acquistato a Parigi direttamente dall'artista. L'interesse nei confronti di Brancusi era anche condiviso dall'architetto tedesco, che progettò alcuni degli arredi ispirandosi alla pulizia formale tipica dello scultore di origine romena. Oltre al lavoro per il Principe, l'avventura indiana di Muthesius continuò in una consulenza al regista Fritz Lang, il quale girò nel Paese due lungometraggi. Attraverso una serie di ventuno raffinate stampe al platino, Starling propone alcune immagini-chiave di tale storia poco conosciuta e forse mai scritta integralmente. In mostra, l'artista include anche tre blocchi in marmo, ricavati dalla stessa qualità, ormai non più in commercio, al tempo utilizzata da Brancusi per le sue celebri opere. Per il visitatore, percorrere, o meglio ascendere i sette piani della "Fetta di Polenta" significa scorgere grazie all'artista e all'eccentricità del progetto antonelliano circonvoluzioni complesse, all'interno delle quali ciascuna delle stanze che ospitano la mostra diventa davvero un luogo della memoria e il catalizzatore capace di azionare un fertile circuito di idee, fatti e sogni, all'interno del quale razionalità e follia scambiano continuamente i propri ruoli.
La scala di
Casa Scaccabarozzi ,
l’edificio progettato da
Alessandro Antonelli
nel 1840 e ristrutturato
da civico 13 (foto Kasper
Akhøj)
La scala di Casa Scaccabarozzi , l’edificio progettato da Alessandro Antonelli nel 1840 e ristrutturato da civico 13 (foto Kasper Akhøj)

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