Pubblicato in origine su Domus 478/settembre 1969
La pseudoromanica Matthaikirche,
costruita nel 1845 dallo Stuler, e
miracolosamente sfuggita ai bombardamenti,
che, giusto in occasione
del suo centenario, imperversarono
da queste parti, è rimasta per
quasi vent'anni isolata e derelitta in
questa sorta di landa desertica, cui
era stata ridotta la zona a Sud del
Tiergarten.
Poi, nel '63, non molto discosto dalla
chiesa, Hans Scharoun eresse la
sua ormai celebre Philharmonie.
Ora, al fine di ricostituire, fin dove
possibile, quel mirabile patrimonio
berlinese di collezioni d'arte che
l'ultima guerra ha sconquassato, si
è deciso di costruire, qui intorno,
a integrazione dei musei di Charlottenburg
e di Dahlem, del BruckeMuseum
e del Berlin-Museum, un
centro culturale di Berlino Ovest,
e cioè il Kulturforum am Tiergarten.
Ora e sempre "Less is more"
In occasione del centoventicinquesimo compleanno di Mies, ripubblichiamo qui l'articolo in cui Agnoldomenico Pica presentava l'ultima grande opera del maestro tedesco, la Neue Nationalgalerie di Berlino.
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- Agnoldomenico Pica
- 28 marzo 2011
- Berlino
Il nuovo centro comprenderà la Biblioteca federale d'arte, una Pinacoteca, un Gabinetto delle stampe, una raccolta di sculture, un museo delle arti applicate, oltre agli edifici per il laboratori di restauro e per l'amministrazione generale.
Dell'impegnativo complesso, che graviterà sulla Kemperplatz, si è ora compiuto l'edificio destinato a sede della Neue Nationalgalerie. L'iniziativa, sotto l'egida dell'assessore all'edilizia di Berlino, è stata assunta dalla Stiftung Preussischer Kulturbesitz (Fondazione per la proprietà culturale prussiana). La nuova galleria raccoglie opere d'arte dell'Ottocento e attuali.
Il progetto di Mies van der Rohe, che risale agli anni 1962-65, era già noto, non foss'altro per la pubblicazione curata da Werner Blaser, che già ne aveva indicato gli stretti rapporti con il precedente progetto per la Sala Bacardi a Santi ago, Cuba (1957) e, anche più, con quello per il Museo Georg Schafer di Schweinfurt (1960).
Il nuovo edificio è a due piani, di cui uno seminterrato. Il piano fuori terra è costituito da un'unica aula vetrata su pianta quadrata con lato di m 51,80, e un'area, quindi, di mq 2.683. L'aula superiore poggia su un'ampia terrazza, di m 110X105, soprelevata rispetto al livello stradale, dal quale è accessibile per tre scale. Sotto la terrazza si sviluppa il piano seminterrato che comprende una area di circa mq 10.000.
I vari ambienti del seminterrato,
riservato alle collezioni permanenti,
sono destinati all'esposizione
delle opere, alla biblioteca, agli uffici, al ristorante e ai vari servizi.
La grande aula superiore è invece
destinata a esposizioni temporanee.
Una galleria d'arte seminterrata non
sembrerebbe del tutto collaudabile
per l'impossibilità della illuminazione
naturale, sennonché all'inconveniente
qui si è ovviato collocando
gli spazi per esposizione nella zona
frontale, che si affaccia per una vetrata
continua su un ampio cortile
ribassato.
Il piano inferiore, in cemento armato,
si sviluppa secondo una maglia
quadrata con pilastri collocati a interassi
di m 7,20, pilastri che, nel settore verso il cortile, risultano arretrati
onde consentire la continuità
della vetrata.
La struttura dell'aula superiore è invece
interamente in ferro.
Una grande piastra nervata, di oltre
due metri di spessore, è semplicemente
appoggiata su otto pilastri
disposti simmetricamente, ma
non agli angoli, che quindi rimangono
liberi. Ciascuno degli otto
pilastri è formato da profilati a T
saldati in modo da dare una sezione
orizzontale cruciforme.
A proposito di quest'opera di Mies van der Rohe si è ricordata quella raffinata citazione dall'ellenismo asiatico che è l'Alte Museum di Karl Friedrich Schinkel (1823).
La soluzione della Sala Bacardi
– in cemento armato con piastra
di copertura in precompresso – è
maturata, attraverso la mediazione
del progetto per il Museo Schafer,
in questa applicazione, che eguaglia
per prestigio, ma supera per
nitore e semplicità la Convention
Hall di Chicago del '53-54.
A proposito di quest'opera di Mies
van der Rohe si è ricordata quella
raffinata citazione dall'ellenismo
asiatico che è l'Alte Museum di
Karl Friedrich Schinkel (1823).
Il riferimento non è immotivato; anche
noi parlammo di segreta vena
neoclassica a proposito di Gropius;
nel caso di Mies van der Rohe, tuttavia,
e specie davanti a quest'ultima
opera, non ci sentiremmo di
dire altrettanto.
La raffinatezza di uno Schinkel e la
sua vocazione alla fermezza di un
ordine non mai equivocabile si ritrovano
anche nel Maestro di oggi,
ma come non riconoscere che la
sottigliezza, necessariamente e puntualmente
riflessa e cioè di derivazione,
di uno Schinkel, in Mies
van der Rohe si traduce in ordine
indipendente, accortamente elementare,
che mira soltanto a determinare
il più semplice meccanismo
statico capace di dare il voluto risultato
spaziale, senza ridondanze e
senza complicazioni? Non dunque
neoclassicismo, questa volta, ma
semmai un'essenziale classicità.
Agnoldomenico Pica